Capitolo 10.2: Il ritorno dell'Albatros

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Le coste della Turchia mi accolgono come una madre che accoglie un figlio ritornato dopo un lungo viaggio

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Le coste della Turchia mi accolgono come una madre che accoglie un figlio ritornato dopo un lungo viaggio. Il porto di Tuzla mi si apre d'avanti, come un miraggio di un oasi nel deserto del Sahara appare per un assetato. Mi sento cosi, assetato della mia terra. Assetato di casa. Ma non ho una casa. Guardo la mia terra e il cuore pare emettere un battito. Sono sotto il suo stesso cielo, e questo mi divide in due. Una parte di me gioisce all'idea che anche lei possa guardare, ovunque sia, questo azzurro che pian piano pare ingrigirsi. Dall'altra parte, il dolore mi squarcia in due. Appena trovo uno spazio adatto per ormeggiare, inizio la manovra per l'ancoraggio. Due uomini sul molo capiscono che sto per fermarmi, e mi lanciano due cime per aiutarmi. Le afferro e le lego ai supporti sul ponte. Ringrazio i due, che ricambiano alzando la mano e vanno via.

Abbasso la passerella e scendo. Sentire il suolo della mia terra sotto i piedi, mi conforta. Almeno un po'. «Benvenuto!». Un uomo gentile mi saluta dalla sua barca, capisco che è in procinto di partire. Non lo conosco, ma mi sorride. «Bentrovato» saluto anche io, è bello poter parlare di nuovo la mia lingua. Ho passato mesi in mare in completo silenzio, e quelle poche volte che facevo porto in terre straniere, dovevo comunicare usando la conoscenza delle altre lingue, delle volte anche dei soli gesti. «Devo comprare degli attrezzi per la mia barca, per ripararla. Sa dirmi se ci sono negozi qui?» chiedo, e lui mi risponde dicendo che c'è un bazar qui intorno, e che potrei provare a chiedere a qualcuno. «Ti ci accompagnerei io, ma dobbiamo salpare» mi dice, con l'enfasi di chi non vede l'ora di andare per mare. «Non salpate, a breve pioverà» gli dico, poi mi volto dandogli le spalle e vado via, alla ricerca di quel negozio.

So che non rimarrò a lungo qui, anzi partirò in giornata, tornerò per mare ancor prima che faccia buio. Respirare l'aria di questo luogo, mi confonde. Cammino per le strade vicino alla costa guardandomi intorno. Ci sono molte persone in giro. Sento un battere di mani, e voltandomi vedo delle persone alzarsi e accalcarsi intono a qualcosa, non mi interessa sapere cosa stiano facendo. Devo trovare quel negozio, riparare la barca e andarmene.

Proseguo per la mia strada e passo qualche ora in giro. Decido di svoltare spostandomi verso l'entroterra. Vedo persone sedute ai tavoli dei bar lungo la strada, svolto ancora e cammino. D'un tratto sento un tuono squarciare il cielo. Alzo gli occhi, e penso che non mi sbagliavo. Sono diventato bravo a comprendere il tempo. Avendo navigato cosi tanto in questo anno, era impossibile non capirlo. Sorrido tra me e me al pensiero di quell'uomo incontrato al porto, e mi chiedo cosa abbia deciso di fare, se sia salpato o no. Mi chiedo cosa stia pensando ora, avendo sentito quel tuono. Continuo a camminare e la pioggia non tarda a scendere. Alzo il cappuccio del mio K-way per ripararmi almeno un po' da quella pioggia. Mi bagno e non poco, ma non mi arrendo. Finita la strada che stavo percorrendo, mi ritrovo in uno spiazzo abbastanza grande. Mi guardo intorno chiedendomi dove si trovi questo negozio. Non riesco a trovarlo. Capisco che devo attendere che la pioggia cessi prima di continuare la mia ricerca. Cammino a testa bassa per cercare un posto sotto cui ripararmi. Mentre cammino, miei occhi salgono verso l'alto e ciò che vedo, mi immobilizza. Una locandina di un film di vecchia data, è affissa all'entrata di un cinema. Non è il film in se ad attirare la mia attenzione, ma il suo titolo. Kotu Kral.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora