the only part

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Mi chiamo Emily. Ho 20 anni. Sono bisex. Sono il tipo di persona che viene definita ‘non-normale’, ma io alla fine sono una ragazza semplice e comune: ho i miei problemi, ho un diario segreto, ho un profilo Facebook, ho amici a distanza, ho un fidanzato, o meglio, lo avevo
Le cose con lui a essere sincera non andavano molto bene. Mi  picchiava, a volte. Ma io non ce la facevo a lasciarlo. Per lui ho fatto una marea di stronzate, delle quali mi pento davvero tanto. Spero che le altre persone non arrivino a fare quello che ho fatto io.

Ci eravamo lasciati per un periodo, il periodo più brutto di tutta la mia vita. Stavo uno schifo. Frequentavo gente ‘strana’, gente che si drogava fino allo sfinimento nei cimiteri. Mi piaceva stare con loro, nonostante tutto, ma non ero felice come prima, come con lui. Sono diventata autolesionista. Niente mi teneva lontana da quella cazzo di lametta che trovavo tutti i giorni nel primo cassetto del mio comodino, in fondo a destra. Era l’unico modo per andare avanti. Dei miei amici lo scoprirono, scoprirono che mi tagliavo. D’altra parte era difficile non notare i tagli che avevo, che cercavo di nascondere sotto il polsino dei Green Day.
Nascondevo tutto alla mia famiglia: la lametta, le sigarette e le canne, pasticche. Tutto. Con i miei familiari non mi sono mai sentita al sicuro. Non mi fidavo di loro. Non sapevano nemmeno della mia bisessualità. Tutti omofobi in famiglia mia. Discriminano delle fottute NORMALI persone per come sono.
I miei genitori divorziarono quando io non avevo nemmeno tre anni. Mio padre picchiava mia madre in mia presenza. Nessuno dei due mi ha cresciuta come si deve. Nessuno dei due si è comportato da genitore con me. Non ho mai avuto l’affetto paterno né materno. Non ho avuto l’affetto di nessuno
La mia vita è andata avanti di merda fino a quando il mio ragazzo non mi beccò a piangere, con i polsi graffiati, davanti la tomba dei miei nonni. Andavo spesso al cimitero, davanti la loro lapide, per parlargli, per scrivere sul mio diario e, perché no, a farmi una canna o due ogni tanto, quando mi andava.
Ricordo tutto di quel giorno. Io e mia madre avevamo appena litigato. Mi aveva picchiata. Le avevo risposto male e a lei non è piaciuto. Sono partita a corsa verso il cimitero. C’era una nebbia fittissima, non si vedeva niente. Stavo piangendo come una bambina. Mi sentivo debole, idiota. Non mi sentivo sua figlia. Poi arrivò lui. Mi vide con la lametta in mano e iniziò a urlare ‘Emily che cazzo fai?! Buttala via! Adesso!’. Mi stavo vergognando di me stessa. Ma avrei voluto tanto prenderlo a cazzotti. Era solo colpa sua se stavo in quelle condizioni. Ma poi iniziò a fare il dolce. Iniziò ad abbracciarmi, a baciarmi. E mi tranquillizzai all’improvviso. Ero al sicuro con lui.
Da quel momento mi è sempre stato vicino. Situazione durata qualche mese. Dopodiché ha iniziato ad avere i suoi problemi. E si sfogava su di me.
Sapevo che iniziare di nuovo a drogarmi non sarebbe servito a nulla. Trovai conforto in quella che è la mia più grande passione: la musica. La musica è tutta la mia vita. In tutti quei fottuti giorni di merda l’unica cosa che mi teneva in vita era la sua voce, la voce del mio idolo, la voce di Billie Joe! I Green Day mi tenevano in vita. Il mio sogno più grande era poterli vedere per dirgli grazie.
Per il mio ragazzo era una minchiata. Diceva che non si può amare la musica. Diceva che sono una ragazzina del cazzo che sogna ad occhi aperti.
Quando mi disse queste cose non ce la facevo. Scoppiavo a piangere. Perché mi diceva così? Perché mi trattava male?
Quando lui non era con me stavo bene. O ascoltavo musica a tutto volume mentre leggevo un libro oppure  mi guardavo un film mangiando pop-corn, che di solito duravano fino ai primi 5 minuti del film.
Poi arrivò un giorno che mi sconvolse particolarmente la vita. Stavo  guardando Hunger Games, era appena morto Cato, il mio personaggio preferito. Sentii dei rumori e mi affacciai alla porta. Sulla strada davanti casa mia c’erano un’ambulanza e tre macchine dei carabinieri. Mi spaventai tantissimo. Andai a chiedere cosa era successo e ebbi come risposta ‘lei è amica del ragazzo?’.
Non ci capivo più un cazzo. Vedevo solo quelle fottute luci rosse e blu, colori che oltretutto odiavo di mio, un uomo che tirava bestemmie ogni tre per due, nonostante la presenza di un prete, e poi…. E poi vidi lui. Steso per terra. Accanto al suo motore. Amava tantissimo quella moto! Iniziai a urlare il suo nome. Ero disperata. Non mi sono mai sentita più sola. Continuavo a urlare. Chiesi come è successo. ‘si è scontrato con una macchina’ disse una vecchia, la mia vicina di casa.
La mia vita non aveva più un senso.
Ero tentata dal mettere fine a tutta questa presa per il culo. Presi un cd. Lo misi. Presi tutte le pasticche che avevo. Le rovesciai sul letto. Ne avevo prese un po’. Era arrivato il momento. Avrei smesso di vivere. Ma ci fu una cosa che mi fece cambiare idea. C’era la parte di Letterbomb che dice “it’s not over ‘till you’re underground. It’s not over before it’s too late”. Mi bloccai per due secondi. “non è finite fino a quando non sei sotto terra. Non è finita fino a quando non è troppo tardi’.
Mi ricordai che avevo un sogno. Loro. Il mio gruppo preferito. I miei idoli. Ancora una volta mi ritrovo a ringraziarli. Devo a loro la vita.
La mattina dopo due giorni l’accaduto mi svegliai: era il giorno del funerale. Misi un vestito nero, dovevo sol decidere quale, visto che era il colore che prevaleva nel mio armadio. Ne scelsi uno che Mark, il mio ragazzo, amava molto. Ai piedi indossai delle semplici Dr. Martens.
Mi diressi velocemente in chiesa. Mi misi in fondo, perché quasi nessuno, lì, mi conosceva: e, comunque, non volevo nessuno d’intorno che mi dicesse ‘condoglianze’ o ‘mi dispiace per il tuo ragazzo’. La cerimonia durò un’ora e mezzo. E per un’ora e mezzo piansi come una disperata. Avrei voluto solo una persona accanto a me: mia madre. Ma non c’era. Come sempre.
Il resto della giornata fu uno schifo. Me ne stetti in camera, seduta sul letto, ad abbracciare l’enorme pupazzo a forma di panda che Mark vinse per me ad una fiera. Quella stanza era piena di ricordi. Ricordavo tutti i momenti passati con lui in camera mia. Momenti in cui mi abbracciava, mi baciava, facevamo l’amore. Mi mancava.

Un mese dopo il funerale tornai nel cimitero, davanti alla lapide dei miei nonni. Mi mancano. Tantissimo. Vado a trovarli tutti i giorni. Con mia madre non ci parlo ora mai da quattro mesi. Passai anche davanti la tomba di Mark, per cambiare i fiori e per salutarlo. Se non c’era nessuno, ogni volta baciavo la sua foto e sussurravo a questa ‘ti amo’.

Ho iniziato a condurre una vita abbastanza normale. Frequento persone simpatiche e non i soliti drogati che scopavano e si drogavano nei cimiteri. Sono cambiata. Sono più forte. Sono diventata finalmente me stessa!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 01, 2015 ⏰

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