I.

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La campanella suona: siamo salvi dal professore di storia e filosofia che non la finiva più di parlare di come un suo amico emigrato in Argentina è dovuto tornare in Italia per via della crisi.

Se fosse una giornata normale a quest'ora avrei già riacceso le mie fide JBL bianche, preso lo zaino e mi sarei seduta alla fermata ad aspettare l'autobus, ma di comune accordo i rappresentanti di tutte le classi dell'ultimo biennio hanno indetto un'assemblea fuori orario per poter "discutere tutti insieme dell'organizzazione delle ultime iniziative scolastiche".

Almeno, sul documento di richiesta dell'assemblea hanno deciso di scrivere questo, l'argomento principale invece è la serata in discoteca fissata in questo fine settimana per festeggiare la fine dell'anno e sicuramente si parlerà solo delle ultime prevendite, degli ospiti, di cosa si beve, di chi si farà chi (succede in tutte le serate in discoteca), dei passaggi dell'ultimo minuto, dei vestiti, del trucco, del post-serata... tutti argomenti che fondamentalmente mi danno la nausea.

Quando mi accorgo che sono finalmente passati almeno 50 minuti, inizio a mettere in ordine le cose sul mio banco per poi rimetterle nel mio zaino, dopo mi alzo e raggiungo l'appendiabiti per recuperare il mio giubbino in jeans.

«Ehi!» mi sento salutare mentre infilo il giubbotto, alzo lo sguardo e mi trovo davanti Manuel - o Manuelito come lo chiamiamo noi per le sue origini sudamericane - un ragazzo dai capelli ricci castani, occhi dello stesso colore e che porta quasi sempre dei piccoli orecchini a cerchio dorati, frequenta l'ultimo anno ed è  molto amico dei miei compagni di classe.

«Ehi!» ricambio il saluto: Manuel è un ragazzo a posto, qualche volta è capitato di parlarci più a lungo e ci siamo trovati spesso ad uscire insieme nella stessa comitiva, mi sono sempre trovata bene con lui.

«Anche tu vai già via?» mi chiede mentre recupera il suo giubbotto in pelle appeso lì vicino.

«L'ora è quasi finita, dovremmo andare tutti via, no?» domando perplessa mentre mi guardo intorno e mi accorgo che nessuno oltre a noi si sta effettivamente preparando per uscire.

«Hanno deciso di allungare di un'altra ora l'assemblea.» annuncia Manuel appoggiandosi al muro di schiena e rivolgendo uno sguardo alla classe.

«E pensare che dovevano darmi anche un passaggio, i miei non sono nemmeno a casa...» rifletto a voce alta e mi appoggio anche io al muro come lui sbuffando: mai fare progetti basandosi sulla disponibilità delle mie compagne di classe.

«Posso darti un passaggio se ti va, sono venuto con la moto stamattina e anche io sto andando via adesso.» propone Manuel recuperando il suo zaino da terra.

«Davvero?» gli chiedo ancora attaccata al muro, con le mani appoggiate alle guance, mentre giro la testa per guardarlo e capire se sta dicendo sul serio; non sta guardando più gli altri, ma sta guardando me e sta anche sorridendo.

«Beh, non sei vestita in maniera pratica per andare in moto, ma possiamo provarci.» afferma ridendo e non posso che essere d'accordo: la mia gonna lunga verde a fiori rosa e viola abbinata a una maglietta fucsia a mezze maniche non sono esattamente il massimo della comodità.

«Di certo non potevo immaginare questo imprevisto...» commento ridacchiando insieme a lui.

«Comunque accetto, recupero lo zaino e arrivo.» concludo io mentre torno al mio banco e prendo lo zaino, lui invece inizia già ad uscire, poi mi avvicino alla ragazza che doveva accompagnarmi a casa e al suo gruppo: una cosa che non sopporto è che ormai sono tutte uguali con i soliti jeans strappati e con le felpe con i loghi delle marche stampati giganti sopra di esse (e la conseguente gara su quale marca sia la migliore), le stesse scarpe da ginnastica, ed capelli lisci impeccabili e corti fino a sotto le spalle.

«Io vado.» avverto semplicemente.

«Di già? Non ti dovevo accompagnare io a casa?» mi risponde quasi fingendo stupore, quando in realtà non si è minimamente scomposta nel venirmi ad avvisare del cambio di orario.

«Mi dà un passaggio Manuelito.» continuo, mentre mi sistemo meglio lo zaino sulle spalle ed assisto al cambio di espressione sui volti di tutte quelle che stavano ascoltando.

«Manuelito ti sta accompagnando a casa?» chiede un'altra ragazza lì accanto ripetendo le parole lentamente come per processare meglio ciò che ho appena detto.

«Sì... qualcosa non va?» domando stavolta rivolgendomi a tutte loro inclinando la testa.

«No, no, figurati! Ci vediamo domani allora.» la ragazza che doveva accompagnarmi tronca la conversazione ed io, dopo aver salutato con un cenno, mi avvio verso la porta cercando di non sentire i commenti alle mie spalle.

Scendo quindi i due piani di scale e vedo che Manuel è davanti alla porta d'ingresso intento a guardare il cellulare mentre mi aspetta.

«Eccomi, possiamo andare!» lo avverto quando gli arrivo vicino, lui mette via il telefono e sorride di nuovo... mi piace vederlo sorridere, di rimando sorrido anche io: è contagioso.

«Se ti va possiamo anche fermarci a mangiare qualcosa insieme: hai detto che sei da sola oggi ed è già abbastanza tardi.»  mi propone mentre usciamo dal cancello principale e andiamo verso il parcheggio.

«Va bene, ci sto!» affermo mentre arriviamo davanti alla sua moto: una Yamaha YZF bianca, che nel cortile della scuola decisamente non passa inosservata.

Promise | Hell RatonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora