1. Life was a willow and it bent right to your wind

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Life was a willow and it bent right to your wind


Livia, distesa nel letto della propria camera, nel buio della notte, avrebbe tanto desiderato poter dormire.

Avrebbe voluto poter chiudere gli occhi e spegnere tutto, come un interruttore.

Ma purtroppo, in serate come quella, quando la sua insonnia di bambina tornava a ripresentarsi con prepotenza, ed il sonno si rifiutava ostinatamente di venirla a trovare, si ritrovava a dover dare spazio a riflessioni che avrebbe decisamente preferito tenere rilegate in un angolino della sua mente.

E non c'era nulla da fare, una volta incominciato a pensare, non vi era più modo di smettere.

Da quanto tempo si trovava lì, distesa inutilmente sul materasso di quella stanza estranea, bramando un riposo che non sarebbe arrivato?

Da quanto tempo continuava a rigirarsi affannosamente tra le lenzuola, tentando di calmare i battiti accelerati del proprio cuore, di regolarizzare i respiri, di mettere a tacere quella voce testarda e maligna che si era insidiata nella sua testa, quel timbro stridente che ripeteva incessante quanto disperati e vani fossero i suoi sforzi?

Non aveva speranza di successo. 

Non vi era nulla che potesse fare, in notti come quella, nulla se non attendere paziente che spuntasse il giorno, gli occhi arrossati, la mente esausta e intontita, il corpo privo di energie.

Perché illudersi che stavolta fosse diverso?

Inutile combattere, inutile lottare contro se stessa.

Sarebbe passato, prima o poi, doveva solo resistere, solo tenere duro fino al mattino, poi avrebbe ripreso a stare bene.

Non avrebbe più sentito quell'angoscia divorarla dall'interno come un vortice in mezzo all'oceano, risucchiare ogni emozione, pensiero, colore, quell'onda anomala che la sovrastava e le invadeva i polmoni, impedendole di respirare.

Livia sapeva che presto si sarebbe stretta al cuscino e avrebbe ricacciato il viso sotto le coperte per sentirsi al sicuro da qualcosa che tanto era dentro di lei.

Un'ansia, una paura, un desiderio che le facevano venire voglia di alzarsi dal letto, spalancare le finestre e poi scendere giù nel prato, correre e correre e non fermarsi più.

E poi urlare, tra gli alberi del cortile, nel buio.

Urlare a pieni polmoni e poi scoppiare a piangere, singhiozzare fino all'ultima lacrima.

Cacciarlo fuori, quel grumo di pensieri che le serrava la gola, che le annebbiava la mente.

Magari qualcuno l'avrebbe sentita, magari Giorgia l'avrebbe trovata e l'avrebbe abbracciata, materna come sempre, con il suo corpo minuto ed il suo pigiama grigio fin troppo elegante per andarci soltanto a dormire.

Da quanto tempo era che Giorgia non la vedeva piangere?

In fondo, da quanto tempo era che non piangeva affatto?

Chissà, si chiese Livia, se Giorgia si fosse mai interrogata, se avesse creduto che lei, di lacrime, in tutti quegli anni non avesse mai avuto bisogno di versarne.

Forse avrebbe dovuto fare un tentativo, provare a spiegarle, anche se non sapeva da dove partire, anche se non capiva neppure quale fosse il problema, che cosa fosse a farla sentire così.

Che cosa c'era nella sua mente di tanto sbagliato?

Cosa aveva il suo organismo di mal funzionante?

Possibile che fosse l'unica al mondo a sentirsi in quel modo?

I'll meet you after darkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora