Capitolo 12.1: Schiacciata dai pensieri

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Devo andare via, ho bisogno di pensare

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Devo andare via, ho bisogno di pensare. Cammino verso il molo, non so neanche perché, ma lascio fare alle mie gambe. Si muovono da sole e io non posso fare niente per impedirlo. Cammino a spasso spedito finché non decido di fermarmi ai tavolini che si affacciano sul mare. Vengo spesso qui, il rumore del mare mi fa stare bene e il suo profumo mi calma. Chiudo gli occhi e faccio dei respiri profondi finché non sento di essere rilassata, ma quando li riapro, noto per prima cosa la barca. La guardo ma cerco di non pensarci. Cerco di distrarmi, di non pensare a quanto io la odi per averlo portato via da me. Non pensare a lui. Devi farcela Sanem, devi farcela. Rilassati e respira. Mi siedo, chiudo gli occhi di nuovo, respiro profondamente ancora una volta e mi tocco il petto. «Tu volevi che me ne andassi». No Sanem no. Non ci pensare. Pensa ad altro, pensa ad altro. «Can non esiste più, dimenticalo». Io ti ho dimenticato. No, non è vero. Non potrei mai dimenticarlo. Ma lui se ne è andato, ha fatto perdere le sue tracce per un anno, mai una telefonata, mai un messaggio. Ha lasciato che la nostra storia finisse, ha lasciato che tutto il mio mondo crollasse, che il mio cuore si spezzasse. Ha preferito sparire e scappare da me pur di non risolvere i nostri problemi. Mi ha lasciata sola, mi ha abbandonata lasciandomi sopraffatta dal dolore.

Sento le lacrime pizzicarmi ma mi riprendo velocemente. Scuoto la testa e dopo aver guardato un'ultima volta quella barca, mi alzo per andare verso il mio laboratorio. Lavorare e creare le mie creme mi farà bene, ne sono sicura. Ha sempre funzionato e funzionerà di nuovo. Attraverso il giardino guardandomi intorno, voglio stare da sola, non voglio vedere nessuno, nemmeno lui. Soprattutto lui. Continuo a guardarmi intorno e quando arrivo alle scale del laboratorio tiro un sospiro di sollievo. Preparo tutto l'occorrente e inizio a pestare i fiori, ma ecco che all'improvviso la mia mente viene affollata dai pensieri e non riesco a smettere di pensare ai suoi occhi così spenti e vuoti. So di averlo ferito dicendogli che l'ho dimenticato. Lo so, lo conosco. Conosco la sua anima, conosco il suo cuore e giuro di averlo sentito spezzarsi. Ma lui ha spezzato il mio. Lo ha spezzato in mille pezzi e niente e nessuno riuscirà a ricomporlo. Il mio cuore non esiste più, così come non esisto più io, come non esistiamo più noi. 

Quando mi ridesto dai miei pensieri è quasi buio e devo tornare su per preparare la cena. Sono nervosa perché questa sera i miei genitori ceneranno qui, conosceranno il signor Aziz e vedranno di nuovo Lui. Sono arrabbiati con Can, lo odiano e io ho paura che questa sera possa andare storto qualcosa. Assorta dai pensieri torno a casa.

Cammino verso la cucina guardandomi intorno e anche se distrattamente inizio a preparare qualcosa per la cena imminente. Sento le voci dei miei provenire dal giardino, e poco dopo li vedo entrare in casa. Mia madre mi sorride, e nei suoi occhi leggo un po' di turbamento. Mio padre continua a guardare fuori agitato. Non do peso ai loro gesti, e con l'aiuto di mia madre, continuiamo a preparare le portate per la cena. Arriva con un gran sorriso anche Leyla, che chiede se può adoperarsi e aiutarci. Dico a mio padre di iniziare ad accomodarsi al tavolo allestito in giardino. Lui mi guarda dolcemente, ma con un velo di preoccupazione e poi, dopo avermi sorriso, va via. In poco tempo ultimiamo l'ultima portata. Dico alle due di iniziare a portare in tavola le ciotole e i piatti pronti. Dico a Leyla di apparecchiare quel tavolo. Le due, escono da casa e mi lasciano sola. Dopo un ultimo respiro profondo, sistemo il piano di lavoro con le mani tremanti. Mi avvicino alla portafinestra, e lentamente esco di casa dirigendomi verso il tavolo. Avvicinandomi, lo vedo e la mia mano, scatta meccanicamente verso il ciondolo. Toccare quell'oggetto per me significa molto. Mi aiuta a scindere la realtà dai sogni. Mi tranquillizza, nonostante sia pregno di dolore. Raggiungo il posto libero accanto a mia madre. Mi sento a disagio, arrabbiata con lui, arrabbiata con me stessa per averlo perso e non posso fare altro che tenere gli occhi bassi sul piatto che mi ritrovo davanti.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora