Capitolo 12.2: Dolorose verità

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Resto fermo su quel prato mentre la guardo allontanarsi da me

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Resto fermo su quel prato mentre la guardo allontanarsi da me. Sono distrutto, a pezzi. Sapere che mi ha dimenticato, che non conto più niente per lei, che non sono più niente mi lacera l'anima. Le ho spezzato il cuore, l'ho fatta a pezzi e adesso per lei non esisto più. Sono qui, ma lei non mi vede, non vuole. Non vuole che io stia qui, vuole che me ne vada e che faccia perdere le mie tracce, di nuovo. Ma non posso andare via, non di nuovo. Non lo sopporterei. Il mio cuore non reggerebbe ad un nuovo distacco, ad altri chilometri di distanza, ma la mia testa mi dice di lasciare questo posto, di salire sulla mia barca e spiegare le vele per chissà quale posto nel mondo. Mi guardo intorno per capire se c'è qualcuno e quando mi rendo conto di essere solo inizio a camminare verso il molo. Stupido Can, stupido!  Cosa ti aspettavi? Ah Allah lei non mi ha creduto! Lei ha lasciato che me ne andassi, ha detto che dovevo andarmene, ha preferito lui a me.

Sono arrabbiato, triste e deluso. Deluso da me, da lei, da noi. Deluso per aver lasciato che qualcuno si mettesse in mezzo. Mentre sono invaso dai pensieri mi ritrovo sul molo, davanti la mia barca. La guardo per qualche secondo, poi salgo. Mi sento strano, vuoto. La barca mi ha sempre regalato serenità, ma adesso è diverso. Non riesco a stare calmo, non riesco a non pensare alla litigata con Sanem, ai suoi occhi così pieni di odio e di rabbia nei miei confronti. Scuoto la testa, cerco di tornare alla realtà, alla mia barca. Devo cercare di tenermi occupato, non devo pensare a lei. Pensa Can, pensa. Ci sarà pur qualcosa che possa fare per non pensare. «Mi hai spezzato il cuore, che altro vuoi da me?» No Can, non pensarci o finirai per ammalarti.

Ma come posso non pensare? Me ne sono andato, sono sparito e ora lei mi ha dimenticato. Non voglio, non devo pensare, quindi decido di scendere sottocoperta per sistemare qualcosa. Non so nemmeno io cosa ci sia da sistemare, ma devo tenere la mia testa occupata, non posso permetterle di riempirsi di lei, non potrei sopportarlo. Inizio a sistemare il letto, i miei pochi vestiti, poi passo alla cucina e alla cambusa. Sposto qualche piatto, qualche scatoletta, pulisco i piani da lavoro e poi mi faccio un caffè. Allah come vorrei un buon tè adesso, il suo tè. Eccoci di nuovo, sempre lei. Nonostante io mi imponga di non pensare a lei e a quello che ci siamo fatti, il pensiero dei suoi occhi e della sua voce così spenta, si insinua nella mia testa, nelle mie ossa e nelle mie vene. Scuoto la testa per ridestarmi da quei pensieri, ma serve a poco. Il suo nome è inciso nella mia anima e non pensare a lei è impossibile. Da sempre, dal primo giorno che ci siamo incontrati, i miei pensieri sono sempre stati rivolti a lei. Se lei sapesse la verità sarebbe diverso, sarebbe tutto diverso. Capirebbe che ha sbagliato a fidarsi di quell'uomo che ora sembra aver raggiunto il suo obiettivo. Sarebbe bello farle capire che io non ho bruciato il suo taccuino, che io sono sincero con lei e che può fidarsi di me, che io non ho mai smesso di amarla e che nel mio cuore c'è sempre stata solo lei. Poggio le mie mani sul piano da lavoro e guardo verso un punto fisso. Non so cosa io stia guardando, non mi importa, vorrei solo tornare indietro per poterle spiegare la situazione e per poter rimediare ai miei errori.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora