Capitolo 4

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La mattinata è stata traumatica: interrogazione d'inglese, un incubo! Sembra di essere all'inferno, sono comunque riuscita a prendere sette e dopo questo viaggio nel girone di quelli che vorrebbero essere in un altro posto, la mattinata è trascorsa in scioltezza. Durante la lezione di religione sono tornata ai miei pensieri, scandagliando nella mia mente tutti i posti che potrebbero fare al nostro caso ma, al suono della campanella, ancora non ho trovato un posto dove andare a studiare con David.

Raduno le mie cose e mi avvio verso l'uscita, devo ammettere che sono un po' in ansia. Verrà? O mi ha preso in giro. Dopotutto me l'ha chiesto lui, gli serve il mio aiuto per recuperare.

«Sei strana Lea. Tutto bene?» Emma interrompe i mei pensieri.

«Sì, tutto bene. Ho fissato con David per studiare ma non so se verrà. Sai che tipo è, poco affidabile è dire poco.» le dico.

«Ti sei presa una bella gatta da pelare.» mi dice dandomi un pacca sulla spalla «Senti stasera c'è il karaoke al pub. Andiamo? Vengono anche le altre.» mi chiede.

«Certamente.» le rispondo cercando di arrivare con lo sguardo fuori dalla scuola.

«Passo io a prenderti, ci divertiremo, Sofia vuole cantare e ti ricordi l'altra volta. Una più stonata di lei non la conosco.» mi dice ridendo.

Parlando siamo arrivate all'uscita e vediamo che le nostre compagne sono tutte ferme fuori dalla porta, mi sporgo per vedere cosa stanno osservando ma non riesco a vedere.

«Che cosa succede?» chiedo a Laura.

Nessuno mi risponde. Sembrano tutte inebetite.

«Ragazze cosa c'è di così interessante?» dico mentre mi faccio spazio per passare.

«Eccoti. Sei sempre l'ultima a uscire o lo hai fatto oggi perché ti stavo aspettando?»

Cavolo. David è davanti a me appoggiato alla sua moto. Ha una maglietta nera attillata, giubbotto di pelle grigio, jeans chiari strappati e converse rosse aperte. I capelli biondi, sempre spettinati, e infine occhi azzurri pazzeschi.

Io rimango ferma, con le mie compagne che bisbigliano e ridacchiano alle mie spalle.

David si alza, si avvicina a me e mi porge il suo casco.

«Lea ci sei o sei su un altro pianeta? Devi essere lucida per aiutarmi.» mi dice con tono arrogante.

«Si... eccomi... ci sono...» prendo il casco e lo seguo verso la moto. Le mie compagne sono ancora lì impalate a guardarci salire in moto, vedo Emma farmi cenno con la mano che dopo mi chiamerà.

Appena saliamo le mie braccia tornano al posto che amano e quando la moto parte io sono già appoggiata alla sua schiena, mentre il vento mi accarezza mi ricordo che non gli ho chiesto dove stiamo andando.
E ora dove mi porta?

Non riconosco la strada, ma non me ne importa nulla, amo stare così! Potrei arrivare a Parigi in moto con lui. Nel casco sento il suo odore, penso che potrei dormirci con questo casco.

No! No! Lea non pensare queste cose, non devo pensare a lui cosi!
Mi distacco immediatamente, ma mentre le mie mani lasciano la presa della sua maglietta, lui con una mano le riporta al loro posto.
Non ho scampo!
Non ho scelta e decido di godermi la sua vicinanza.

Arriviamo in uno spiazzo. Alberi circondano il luogo, il sole filtra dai rami arrivando lieve su di noi. C'è solo il cinguettio degli uccelli a fare da sfondo al nostro arrivo. Appena mi tolgo il casco mi sento orfana, mi manca all'istante.

«Dove siamo?» chiedo ricomponendomi.

«Siamo al lago, qua ci sono panchine dove potremmo studiare.» dice lui indicandomi un sentiero sterrato.

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