Capitolo 1 ♡ Cora

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Mi ero sempre sentita fuori posto nella mia scuola da persone ricche. E proprio non capivo perché fossero tutti fissati col partecipare a quel concorso.
Solo guardando la lista di nomi già iscritti mi salì il voltastomaco. Tutto d'un tratto non mi sembrava più una buona idea.
Mi ero bloccata, la penna nera attaccata con un cordoncino allo sportello della segreteria ancora in mano, quando la segretaria sbuffò impaziente. «Abbiamo molte cose da fare, dovresti darti una sbrigata. Non siamo qui solo per te.»
La sua voce era acida e andava perfettamente a braccetto con il suo taglio di capelli corto, tutto spigoloso.
Forse, è una decisione difficile per me e ho bisogno di qualche minuto di tempo pensai, ma non lo dissi. L'ultima cosa che mi serviva quel giorno era essere richiamata, magari urlandomi contro, per poi farmi scoppiare a piangere in mezzo alla scuola.
I suoi occhi scuri mi stavano ancora scrutando, sperando che decidessi cosa farne della mia vita, ma non era così semplice. Non avrei mai pensato che tutte quelle persone avessero deciso di concorrere per una borsa di studio e la cosa mi aveva alquanto spiazzata. Voglio dire, siamo in una scuola privata. Questa gente vive in grandi ville in stile americano, guida macchine da corsa, partecipa a cose come il ballo delle debuttanti. Come era possibile che perfino metà squadra di cheerleading aveva già scritto il suo nome in quell'elenco?
Le probabilità di vincere si erano abbassate drasticamente. E probabilmente si sarebbero dimezzate ancora, visto che il modulo di iscrizione era stato reso disponibile solamente quella mattina.
Quelle due ragazze in fila, si sarebbero iscritte anche loro?
Flora mi appoggiò una mano sulla spalla e con l'altra mi sfilò delicatamente la penna dalle dita. «Farò io» sussurrò al mio orecchio. Dovevo essermi incantata molto più a lungo di quanto avessi pensato.
Una volta che il mio nome, la mia classe e la mia data di nascita furono scritte nella dolce calligrafia di Flora, mi prese per mano, salutando la donna con un ampio sorriso.
«Che ti è preso? Ripensamenti?» chiese, una volta allontanate dalla segreteria. I capelli ricci le dondolavano sulle spalle ad ogni suo passo mentre percorreva il corridoio al mio fianco.
Era l'unica persona che conoscessi che riusciva a far sembrare decente anche la nostra divisa scolastica - una semplice Polo grigia e una gonna a scacchi verdi e blu, per quando faceva caldo -, insieme al gruppo delle cheerleader, ma loro non contavano. Passavano metà della giornata in gonna e top, nessuno poteva sembrare brutto se pieno di nastrini e luccichini.
«C'erano fin troppi nomi! Giuro su Lenticchia, si sta trasformando in un contest di popolarità» mugugnai trascinando i piedi sul pavimento.
Mi guardò, sorgendo il labbro. «Non giurare sul tuo gatto, mi fa sentire in colpa. Però, hai ragione. Ho visto chi si è iscritto per ora.»
«Non mi piace il tono che stai usando.» Sembrava che mi desse per spacciata.
Insomma, lo ero. Ma lei avrebbe dovuto confortarmi. Dirmi che ce l'avrei fatta, in qualche modo.
Lei si limitò a stringersi nelle spalle, riportando lo sguardo in avanti. «Sto solo dicendo che ci sono molte persone che lo fanno solamente per farsi vedere. Vedrai che entro un mese se ne saranno tutti andati, dando forfait. Nessuno di loro avrà così tanta voglia di impegnarsi per una borsa di studio. Ce l'hai nel sacco.»
Lo diceva, ma non ne sembrava molto convinta.
Il fatto era che io avevo un estremo bisogno di quella borsa di studio. Perché se tutti i miei compagni di classe erano figli di ricchi imprenditori, famosi designer, ultimi eredi di una grandissima fortuna, mia mamma non aveva nessun soldo in tasca. La mia retta scolastica era completamente pagata da mio padre, solamente perché glielo avevano imposto gli avvocati, ma aveva già detto chiaro e tondo che non avrebbe sborsato un altro centesimo per la mia educazione, non dopo il liceo. Quindi le scelte erano poche.
Okay, okay, avevo più scelte in realtà. Sarei potuta andare in una qualsiasi università pubblica, anche se la più vicina a casa era a più di due ore di macchina, avrei potuto fare la pendolare. Avrei potuto cercarmi un vero lavoro, non il lavoretto part-time al cinema, saltando direttamente al passo successivo. Però, il fatto era che io volevo a tutti costi studiare e la borsa di studio che era in palio comprendeva retta e alloggio per un'Università conosciuta per il suo corso di biologia marina. Avevo bisogno di quella borsa di studio e Flora lo sapeva.
Se Flora non ci fosse stata, mi sarei bloccata, sabotandomi da sola ancora prima di iniziare.
«Spero veramente che tu abbia ragione» mormorai.
Flora appoggiò un braccio sulla mia spalla, riversando tutto il suo peso su di me. Potevo sentire il suo profumo al cocco come se mi fossi lavata io i capelli con quello shampoo. «Inoltre, non dovresti preoccuparti troppo per il gruppo di cheerleading. Abbiamo ancora da smaltire un bel po' di drama, vedrai che non penseranno ad altro che a Dana e Christian ancora per settimane.»
Parlando del diavolo, Dana si materializzò davanti a noi, come rigurgitata dalla massa di studenti intenti a godersi gli ultimi minuti della pausa pranzo gironzolando per i corridoi.
Era strano vederla senza la sua divisa sportiva, con i capelli sciolti invece che legati in una coda alta. Se c'era una persona che tutti a scuola conoscevano, si trattava proprio di lei. In quel momento, tuttavia, la sua fama le si era ritorta contro, trascinandola in una spirale di sventure.
Un tempo era sempre sorridente, salutava chiunque le rivolgesse il minimo cenno, fermandosi a chiacchierare con tutti. Se ci fossimo trovati in un film sarebbe stata la ragazza popolare, quella che non ha mai un capello fuori posto, quella che esce con il ragazzo più bello della scuola, quella che vive la vita sulla cresta dell'onda, cavalcandola come se nulla fosse. Ma non eravamo in un film. Dana non era la ragazza cattiva che prende in giro le matricole, non era una ragazzina viziata, non era niente del genere.
Aveva sempre emanato un'aura di sicurezza, tutto intorno a sé, e non si era estinta nemmeno quando i pettegolezzi erano iniziati.
Però ora non sorrideva più. I suoi occhi erano sempre socchiusi, il suo mento sempre alto, le spalle sempre ben dritte. Osservava chiunque la circondasse con lo sguardo di chi poteva incenerirti da un momento all'altro.
«Mi dispiace davvero tanto per lei, ma ne sono felice. Accetterò qualsiasi cosa possa aiutarmi a vincere» replicai io.
Dana si era allontanata, sparendo nella folla, dirigendosi nella direzione da cui io e Flora stavamo arrivando. Che si stesse iscrivendo anche lei al concorso?
Ormai la maggior parte delle persone aveva smesso di fissarla mentre attraversava la scuola, ma c'erano ancora alcuni sguardi che si fermavano più a lungo su di lei, teste che si avvicinavano per parlare sottovoce.
«Suona davvero male, sai. Se continui a parlare così, sarai la prima sospettata se uno dei partecipanti finirà in un fosso da qualche parte» scherzò Flora, sorridendomi sorniona.
Scossi le spalle, ridacchiando. «Per fortuna ci sarai sempre te ad aiutarmi con i cadaveri.»
«Oh, sì, certo. Prima, però, devo riuscire a superare la verifica di matematica, ci becchiamo più tardi. Se sarò ancora viva.»

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora