32. Tutti traditori

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I miei genitori non mi hanno uccisa. Incredibile, ma vero. Non penso abbiano creduto alla scusa di Cedric, ma in ogni caso hanno fatto finta di farlo senza infierire ulteriormente sulla mia punizione.
Per alcuni problemi causati dal maltempo, la scuola domani resterà chiusa. Normalmente avrei esultato e sarei andata al centro commerciale con Maya e Seth, invece resterò in camera mia a fissare le pareti. Senza cellulare, non posso neanche contattare Ethan. Non lo vedo da sabato, e più penso al modo in cui ci siamo salutati dopo il nostro appuntamento, più le cose tra noi mi sembrano strane. D'altronde, io non ho il cellulare, ma lui non ha provato neanche a cercarmi. Forse è in imbarazzo dopo che Grayson ci ha interrotti? Forse vuole chiudere con me? Oddio! E se lo avesse già fatto... per messaggio?
La mia agitazione disturba Bux, che, nonostante il severo divieto della mamma, è sdraiato sul letto accanto a me. Si alza infastidito, va verso la porta e inizia ad abbaiare.
«Certo... vattene anche tu, abbandonami come tutti!»
Teatralmente, gli apro la porta e lui se ne va senza degnarmi di uno sguardo.
«Me ne ricorderò quando avrai fame e ti struscerai contro le mie gambe!»
Torno a lasciarmi cadere sul letto, con gli occhi fissi sul soffitto. Non mi sono mai considerata dipendente dal cellulare, ma inizio a mettere in dubbio la mia presunta non-ossessione. Sono passati solo cinque minuti e sono già annoiata. È questo il problema della mia generazione. La noia. C'è così tanto che alla fine diventa troppo e poi sembra troppo poco. Forse potrei scrivere un libro di poesie! E chiamarlo Poesie tra quattro mura. Nah... mi stancherei dopo la prima. Ecco il problema della noia che ritorna! Io sono la regina della procrastinazione. Perché farlo oggi quando puoi farlo domani? È il mio motto da diciassette anni. Infatti non concludo mai nulla.
La verità è che sto divagando, perché adesso non riesco a smettere di pensare ad Ethan. Le due personalità che conosco, quella che ho visto io e quella descritta da Diego e Taylor, si sovrappongono e si spingono per prevalere l'una sull'altra. Vorrei credere soltanto a ciò che ho visto io, ma c'è qualcosa che mi frena. Forse la prima ad avere dubbi su Ethan... sono proprio io?
Mi metto seduta di scatto, con questa realizzazione che genera una strana tachicardia. Vorrei parlarci, porgli i miei dubbi, ma non posso. E se pensasse che lo sto evitando?
Ho bisogno di quel dannato cellulare!
È il momento di indossare gli abiti da generale. Ovvero la felpa nera di Liam che ha lasciato qui ormai mesi fa e che non gli ho mai restituito, e i leggings neri perfetti per mimetizzarsi nell'ombra.
Sgattaiolo in corridoio. Tutto tace. Per sicurezza, mi acquatto e striscio sul pavimento aiutandomi coi gomiti. Quando passo davanti alla camera di Daisy, la porta si apre. Per lo spavento, mi scivolano le braccia e sbatto la faccia contro il marmo.
Mia sorella scoppia a ridere, mentre io esalo un sospiro sofferente.
«Ti sta bene, così impari a dimenticarti di me», infierisce.
«Penso di essermi rotta il naso», gemo.
Con le dita premo sul setto nasale, e il dolore mi fa vedere le stelle.
«Se non ti esce il sangue non è rotto».
Guardo male mia sorella, che continua a sghignazzare.
«Non credo che funzioni così, D. E poi non mi sono dimenticata di te!»
È una bugia.
«Bugiarda!»
Mi sbrigo a mettermi in ginocchio e le faccio segno di stare zitta.
«Ssh, sono in missione».
Mi lancia un'occhiata scettica.
«Ma se sei in punizione».
«Tu non mi hai mai vista», sussurro.
Gesticolo come un'idiota fingendo di ipnotizzarla e torno ad acquattarmi sul pavimento.
«Se mi dai cinque dollari non faccio la spia».
«Cosa?! Sei una strozzina!»
Daisy fa una smorfia. «La mamma ha detto che non si dice la parola con la s. Per questo ora voglio dieci dollari».
Alzo gli occhi al cielo.
«Non intendevo... Oh, e va bene!»
Compro il suo silenzio con questi benedetti dieci dollari. Li avevo trovati nella tasca della giacca, per cui mi rode ancora di più doverglieli lasciare. Era stata la gioia della settimana! E tutti sanno quanto le gioie siano rare e che non vanno sprecate...
Focus, Emma.
Daisy mi rivolge un sorrisetto furbo e si chiude la porta alle spalle. Spero almeno che usi bene i miei soldi, tipo per comprare della pizza.
Riprendo a strisciare sul pavimento fino a raggiungere la camera dei miei genitori. Appoggio l'orecchio alla porta per origliare. Silenzio.
Ora o mai più.
Mi infilo all'interno e striscio verso il comodino di mio padre, dove sicuramente c'è il mio prezioso cellulare. Sto per infilare la mano nel cassetto, già pregustando la vittoria, quando si spalanca la porta.
Sgrano gli occhi per lo spavento e rotolo sotto al letto.
Sono finita.
Due corpi si gettano di peso sul materasso, rischiando di spaccarmi la schiena. Delle risatine adolescenziali mi fanno sanguinare le orecchie, e realizzo troppo tardi quello che sta per succedere.
Oh no. No, no, no.
Ho un conato di vomito non appena il rumore dei baci raggiunge le mie orecchie vergini. E un altro quando la vestaglia di seta azzurra di mia madre cade a un palmo dal mio naso. Non voglio immaginare cosa sta succedendo sopra la mia testa.
«Sei sicura che i ragazzi siano in camera?»
Ancora baci e lenzuola che frusciano.
«Chi se ne frega, non posso più aspettare».
Sento il rumore di una cintura che si slaccia, e che subito dopo precipita accanto al mio orecchio. La cena si agita nel mio stomaco.
Non ce la faccio più. Non posso assistere ad una cosa del genere. Ne rimarrei traumatizzata a vita. Preferisco stare in punizione fino alla fine dei miei giorni.
«Fermi!» Rotolo via da sotto al letto e mi alzo in piedi di scatto con le mani davanti agli occhi. «Non osate proseguire oltre».
Mi aspetto delle urla incredule, invece le loro risate riempiono la stanza e lasciano me sgomenta. Lentamente, allontano le mani dagli occhi, soltanto per trovarli che se la ridono come due ragazzini tenendosi la pancia. E soprattutto vestiti. Grazie a Dio. Tiro un sospiro di sollievo, che però dura ben poco.
«Siete crudeli!» Fingo un conato di vomito, mentre loro mi guardano con un ghigno soddisfatto. «Chi ha fatto la spia?»
«Daisy», risponde papà con nonchalance.
Mi cadono le braccia. E la mascella. «Come?!»
«Ho sentito il trambusto e sono salita a controllare. Le ho dato venti dollari in cambio di informazioni», mi fa l'occhiolino la mamma.
Non ci posso credere. Dieci dollari buttati così...
«Ora fila in camera». Papà si allunga per chiudere il cassetto che avevo lasciato aperto e indica la porta con un cenno del capo. Non me lo faccio ripetere una seconda volta. Se sto in questa stanza anche solo per un altro secondo, vomito. Corro fuori come un fulmine con le loro risate alle spalle, diretta in camera mia, ma prima ho una questione da chiarire.
«Daisy!»

Svegliarsi dopo le sette è sempre meraviglioso, ma oggi ho scelto di sacrificare qualche ora di sonno in più per mettere in atto un piano che mi è venuto in mente ieri sera, ripensando ai pinguini degli Antipodi e a ciò che avevo organizzato per Seth.
Grayson dovrà perdonarmi per forza, perché lo farò piangere! Per la commozione, ovviamente...
Quando eravamo piccoli, prima ancora che nascessero Jake e Daisy, io e Gray giocavamo insieme per interi pomeriggi. In particolare, ci piaceva fare una cosa che è all'origine dei nostri "titoli militari". Costruivamo un fortino coi cuscini del divano in salotto e fingevamo che fosse la nostra base. Da lì mandavamo ordini ed organizzavamo spedizioni per la casa. Le vittime, spesso, erano mamma e papà, che dovevano correre da una stanza all'altra e prendere oggetti che noi sceglievamo. Poi abbiamo iniziato a giocare anche con Liam, Cedric, Maya e Seth, ma il fortino era una "cosa mia e di Grayson".
Scendo al piano inferiore in punta di piedi e mi metto subito all'opera. Accatasto i cuscini in modo da costruire una specie di casa. Non so come facevamo a farlo così preciso da piccoli, o almeno io lo ricordo impeccabile, ma probabilmente era solo la forza dell'immaginazione.
Quando ho finito, torno di sopra a prendere un lenzuolo e lo getto sul fortino come se fosse una tenda, poi prendo una torcia dallo zaino per il campeggio e mi siedo all'interno.
Avere il cellulare ora sarebbe fantastico, perché non ho idea di quanto devo aspettare prima che arrivi Grayson. Ne approfitto per andare in cucina a prendere dei cupcake e poi torno sotto il lenzuolo. Dopo non so quanto tempo – forse mi sono anche addormentata per un po' –, finalmente qualcuno arriva in salotto.
Gray sposta il lenzuolo e mi guarda con un'espressione a metà tra il confuso e il nostalgico.
«Mi stai provocando dei ricordi che pensavo di aver rimosso».
Entra sotto il lenzuolo e si mette seduto di fronte a me, appoggiandosi ai cuscini. Restiamo in silenzio a guardarci. Lo conosco troppo bene, e so che è sulla difensiva. Spetta a me fare il primo passo.
Spero solo che le cose si risolveranno una volta per tutte.

Ciao fiori di campo!🙊

Capitolo dai toni più leggeri, ho tagliato corto perché sono bloccata da tre ore, perdonatemi. 😅
Ho voluto anche lasciargli un alone di maggiore spensieratezza...

Giovedì avrete la tanto attesa riconciliazione 🥳

Ma quanto sono fantastici Cindy e Will? 😂😂😂

Vi è piaciuto questo capitolo più "light"?
Preferite i capitoli "pesanti" e riflessivi o quelli più "leggeri" e divertenti?

Noi ci vediamo giovedì! 💘

Come sempre, vi ricordo la mia pagina Instagram (@xholdonpainends) in cui pubblico anticipazioni e contenuti extra 💘

Al prossimo capitolo! 🔜

-A

Che disastro!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora