Capitolo 5

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 CAN

Era stata una giornata estenuante ed io ero di pessimo umore per la discussione che avevo avuto con Sanem.

Rientrai a casa che era quasi mezzanotte e mi ritirai nel mio studio per esaminare delle fotografie che erano state scattate per una campagna pubblicitaria che la Friki Harika stava seguendo e che, a breve, avrebbe dovuto presentare al cliente.

Avevo appena cominciato a far scorrere le immagini sul monitor del mio computer, quando sentii bussare leggermente.

"Avanti" dissi, usando un tono più aspro di quello che avrei voluto.

La porta si aprì e sulla soglia comparve Sanem. Sembrava un angelo e per un attimo mi mancò il respiro.

"Non volevo disturbarti...se hai da fare vado via" sussurrò timidamente.

" No, tranquilla posso finire più tardi...volevi parlarmi?" le chiesi rimanendo seduto alla mia scrivania e guardandola fisso.

"Ecco in realtà volevo scusarmi per quello che ti ho detto ieri sera...non lo pensavo veramente..."disse, giocherellando nervosamente con un fiocco della camicia da notte appuntato tra i seni e abbassando lo sguardo.

Nel vederla così vulnerabile tutta la mia rabbia ed il mio risentimento svanirono in un istante, ma non volevo cedere subito e quindi le chiesi:" e cosa non pensavi esattamente Sanem?"

"Non voglio che tu mi stia lontano Can" rispose avvicinandosi a me.

Mi alzai e le andai incontro. Dovetti farmi forza per non cadere alla tentazione di abbracciarla e baciarla come non facevo da tempo, ma avevo paura che mi avrebbe nuovamente respinto ,così rimasi immobile. Lei fece ancora un paio di passi, poi mi cinse la vita con le braccia e appoggiando la testa sul mio petto disse "Ti amo, ti amo tanto...perdonami".

Mi aveva spiazzato, non sapevo come comportarmi. Avevo paura di rovinare quel momento di pura magia.

Probabilmente credendomi ancora arrabbiato Sanem cominciò a baciarmi il petto ma la fermai subito:" non è questo quello che voglio Sanem e mi fa male pensare che tu lo creda"

Mi guardò confusa:" Non mi desideri?" chiese

"Certo che ti desidero Sanem ma non sono così cieco da non vedere quanto tu sia stanca e non ti imporrei mai di fare qualcosa per cui tu non ti senti ancora pronta!" le risposi "Quello che in realtà voglio è solo dormire tenendoti tra le mie braccia...pensi si possa fare?" aggiunsi poi, sorridendole dolcemente.

Il suo volto si illuminò. "Sì...credo si possa fare...certo se tu hai finito qui..."replicò maliziosamente

"Il lavoro può aspettare fino a domattina" dissi prendendola per mano e conducendola in camera.

Ci mettemmo a letto e lei si accoccolò contro il mio corpo poggiando la testa sul mio petto. Mi beai di quel contatto così semplice eppure così intimo e pensai che, forse, anch'io non ero ancora pronto per nulla di più.

Essere diventati genitori aveva mutato il modo sentirci, di percepirci l'un l'altro, aveva amplificato le sensazioni e le emozioni che provavamo stando vicini ed entrambi avevamo bisogno di tempo per abituarci a questo cambiamento.

VENT' ANNI DI NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora