Capitolo 12

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 CAN

Quel giorno tornai a casa prima del solito. Volevo trascorrere un po' di tempo con la mia famiglia ed, in un certo senso, preparare il terreno per la conversazione che avrei dovuto sostenere con Sanem più tardi.

Kerem aveva cominciato a muovere i primi passi e a farfugliare le prime parole e giocare con lui era una vera gioia.

 All'occorrenza diventavo il suo "cavallo", la sua "montagna da scalare" o semplicemente si accoccolava sulle mie gambe in attesa che gli leggessi qualcosa. Mi ascoltava sgranando gli occhi, rapito dall'intonazione della mia voce che cambiava a seconda dei personaggi. Ogni tanto allungava una delle sue manine a tirarmi la barba, io allora mi fermavo e lui mi spronava a continuare dicendo "...cora papà, cora papà". Avrei voluto che il tempo in quei momenti si fermasse...

Sanem fu sorpresa di vedermi così presto, ma le dissi che, dal momento che in agenzia non c'era molto lavoro, avevo pensato di approfittarne per prendermi qualche ora di libertà da passare con loro e lei sembrò crederci.

SANEM

Era davvero strano vedere Can a casa a quell'ora. Anche se il lavoro era terminato lui, perfezionista com'era, in genere si fermava a controllare e ricontrollare: double check diceva...Tuttavia feci finta di credergli, sicura che prima o poi avrei scoperto la verità!

Era comunque bello vederlo con Kerem e non saprei proprio dire chi dei due si divertisse di più. Avevano un modo speciale di comunicare e di intendersi

Can gli parlava in continuazione, gli spiegava il perché di tutte le cose e, anche se non era possibile, sembrava che Kerem capisse tutto alla perfezione. Pendeva letteralmente dalle sue labbra!

Cenammo tutti insieme e, mentre Can metteva a letto il piccolo, io riordinai la cucina aspettandolo, poi, in soggiorno. Quando mi raggiunse notai subito dal suo portamento che c'era qualcosa che lo inquietava, così lo anticipai: "Can cosa c'è che non va? Non penserai davvero che io abbia creduto alla storia del poco lavoro in agenzia !? Puoi dirmi tutto, lo sai..."

"Lo sai che ti amo vero?" mi chiese con aria colpevole. Feci cenno di sì con la testa e lui continuò "si tratta di Ayca...vuole che sia io a fare le fotografie per la prossima campagna pubblicitaria...In Antalya presso il massiccio del Dedegol...dovrei stare via almeno una settimana..."concluse di getto.

"Scusami, non devo aver capito bene...dovresti fare un servizio fotografico con Ayca ad un migliaio di chilometri da qui, su una montagna che non ho mai sentito nominare?" ripetei incredula per la sfrontatezza dimostrata da quella donna.

" Esatto...più o meno è così" mi rispose Can abbassando lo sguardo.

"Perché tu?" chiesi ancora, pur sapendo la risposta. Ayca in qualche modo voleva vendicarsi di me che le avevo portato via Can.

"Beh suppongo perché sono un bravo fotografo e un alpinista provetto" cercò di convincermi.

"Can per favore non insultare la mia intelligenza. Sappiamo entrambi qual è il vero motivo. Lei vuole mettersi tra di noi..." dissi spazientita.

"Qualunque sia il suo scopo da me non otterrà nulla. Te lo giuro. Ho già rischiato di perderti una volta Sanem. Non rifarò lo stesso errore!" mi interruppe avvicinandosi a me e, prendendomi il viso tra le mani, mi costrinse a guardarlo negli occhi.

Quello che lessi mi lasciò senza fiato. C'era amore, dolore, rabbia. Una muta richiesta di fiducia.

Sospirai. "D'accordo se devi andare, vai. La cosa non mi rende felice ma non posso nemmeno permettere che la mie paure ed insicurezze ti facciano perdere un cliente come il padre di Ayca. Voglio fidarmi di te Can, voglio credere che quello che proviamo l'uno per l'altra sia forte abbastanza per resistere ai tentativi di seduzione di Ayca".

Ero sincera.

La mia non era tanto gelosia, piuttosto paura di non riuscire a dare a Can tutto quello di cui aveva bisogno e che lui, una volta uscito dal solito ambiente se ne rendesse conto.

E' come quando, lasciando la nostra casa e incominciando a viaggiare, ci accorgiamo che là fuori c'è tutto un mondo da scoprire e ci chiediamo come abbiamo fatto ad ignorarlo per così tanto tempo.

Avevo paura sì, tanta, ma DOVEVO rischiare, per me, per lui, per il nostro legame, che ne sarebbe uscito più forte che mai, o a pezzi.

CAN

Sanem mi aveva sorpreso ancora una volta. Pensavo di dover discutere fino allo stremo per convincerla che poteva fidarsi di me ed invece...Ero comunque consapevole che non è oro tutto quello che luccica e che se l'avessi nuovamente delusa non ci sarebbe stata un'altra possibilità per me, per noi. Quello che rischiavo, ora, era di perdere non solo la donna della mia vita, ma tutta la mia famiglia, tutto quello che avevo costruito con fatica negli ultimi anni. E se fosse accaduto non me lo sarei mai perdonato.

VENT' ANNI DI NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora