Capitolo 14

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 CAN

Quella notte feci fatica ad addormentarmi. Le parole di Ayca continuavamo a girarmi per la mente.

"Il vecchio Can"...Possibile che tutti pensassero che non fossi in grado di assumermi un impegno per la vita come il matrimonio e la famiglia? Davvero ad occhi esterni apparivo ancora così poco affidabile? Pronto ad abbandonare tutto e tutti? Ma, soprattutto, se questo non era vero, come io sostenevo, perché continuavo a rimuginarci sopra?

Per quanto ci provassi non riuscii a darmi una risposta finché esausto cedetti al sonno.

La mattina successiva fui svegliato dalle voci dei ragazzi e dal profumo del caffè. Dopo colazione aiutai a smontare le tende e poi, come stabilito, io ed Ayca ci avviammo verso il Dedegol per la nostra arrampicata.

Poiché il tempo a disposizione non era molto ci saremmo accontentati di raggiungere una vetta minore attraverso una via di media difficoltà.

Quando arrivammo in cima mi senti appagato. Il panorama che si apriva davanti ed intorno a me mi regalò una sensazione di libertà senza pari.

Respirai a pieni polmoni, allargai le braccia, alzai il viso verso il sole e chiusi gli occhi per assaporare quel momento. Quando li riaprii e vidi quell'immensità che mi circondava, per un attimo mi sentii perso: un granello nell'universo ed allora, finalmente, capii.

Per quante montagne avessi scalato sarei sempre rimasto uno fra i tanti, solo un numero, ma nulla per il mondo; mentre ero il mondo intero per Sanem e la mia famiglia. Poi un pensiero mi colpì come un pugno allo stomaco e mi mancò il fiato: "Torna da me, da noi" mi aveva detto prima che partissi, sfiorandosi il ventre.

Allora non ci avevo fatto caso ma adesso compresi.

Aspettavamo di nuovo un bambino!

SANEM

Erano passati un paio di giorni dalla sua partenza. Non avevo avuto notizie ma non mi preoccupavo perché mi aveva avvertito che probabilmente non ci sarebbe stato campo ed il telefono non avrebbe "preso".

Per distrarmi mi ero buttata a capofitto nella stesura della sceneggiatura del mio libro. Non era facile perché dovevo far trasparire dai dialoghi tra i protagonisti tutte le emozioni che io avevo descritto e, se questi non fossero stati sufficienti, dovevo sperare che gli attori facessero il resto attraverso la mimica, soprattutto quella facciale.

E poi c'era il piccolino che stava crescendo in me a tenere occupati i miei pensieri. Avevo scoperto di essere incinta il giorno stesso in cui Can mi aveva dato la notizia che avrebbe dovuto partire per Antalya, ma io non gli avevo detto niente perché non volevo dargli motivo di rinunciare. Doveva sentirsi libero di decidere, io non volevo ostacolarlo in alcun modo, anche se un segnale glielo avevo lanciato.

Fortunatamente questa volta, tranne una leggere nausea mattutina, stavo bene sicché riuscivo a far fronte senza problemi a tutti gli impegni quotidiani, compreso Kerem.

Non vedevo, comunque l'ora che lui tornasse. Mi mancava e mancava tantissimo al bambino che era diventato capriccioso e aveva preso l'abitudine di dormire nel "lettone" insieme a me, visto che Can non c'era per farlo addormentare.

Mi auguravo solo che quella non diventasse una "brutta" abitudine.

CAN

Arrivai a casa nel cuore della notte.

Avevo lasciato Antalya e tutta la squadra in fretta e furia giustificandomi con la classica frase "motivi familiari" che poi era anche la verità.

Cercai di non far rumore per non svegliare Sanem ed il piccolo. Lasciai il bagaglio all'ingresso e mi diressi nella nostra camera.

Sanem era coricata su un fianco in posizione fetale. Abbracciava qualcosa e, avvicinandomi, mi accorsi che era Kerem. Non persi tempo, mi spogliai e mi distesi accanto a loro. Avvicinai il più possibile il mio corpo a quello di Sanem che mi dava le spalle e affondai il viso nei suoi capelli aspirandone il profumo. Lei si mosse leggermente. "Can!?" farfugliò nel sonno.

"Shhh, continua a dormire amore" le risposi posando una mano sul suo ventre "domani parleremo di tutto.."

VENT' ANNI DI NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora