🥛:: eleven, that's me.

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Entro in camera, togliendomi i pantaloni e la maglietta.
Daniel apre la porta senza chiedere niente, e si volta subito.

«Potevi avvertirmi» mi dice mettendo le braccia conserte «non sarei entrato.» sospiro, infilandomi una maglia larga turchese.
«Fatto?» domanda poi, girando leggermente il viso.

Quando mi vede con quell'indumento addosso fa un sospiro, e si poggia alla scrivania.

«Continuo a pensare che c'è qualcosa che non va.» alzo le spalle, mettendomi sotto le coperte.
«Se hai bisogno di qualcosa sono di sotto in salone.» si mette a giocare con le sue mani nervosamente, e si avvia alla porta.
«Daniel...» lo richiamo appena è fuori, e i suoi passi si interrompono.

Torna dentro poggiandosi alla porta, e sospiro.

«Niente, non importa.» mi giro dalla parte opposta, pensando al perché si comporta così, e prendo un altro cuscino, abbracciandolo.
«Cosa volevi dirmi?» si siede dietro di me, sfilandosi le scarpe.
«Niente non importa, davvero lascia stare.» si mette sotto le coperte con me.

Mi volto per vedere che sta facendo, e ha la testa poggiata sul suo braccio.
Ha i miei capelli in mano, e se li porta davanti il viso per sentire il loro profumo.
Accenna un sorriso, riconoscendo l'odore dello shampoo.
Alle mandorle, classico.

«Me lo dirai mai...o devo restare con il dubbio?» scherza, ma restando comunque serio come sempre, e mi giro definitivamente verso di lui.
«Non credo ti importi cosa ti dico io, anzi credo che non ti importi di cosa ti dicono in generale.» ammetto, senza preoccuparmi della sua reazione.
«Infetti è così, volevo solo togliermi il dubbio. Ma se non vuoi dirmelo non importa.» sospiro, voltandosi di nuovo di spalle.

Intuisco un movimento da parte sua, ma non capisco quale, e poi si sposta completamente avvicinandosi ancora di più a me.
Riprende a giocare con i miei capelli, spostandoli dal mio collo e portandoli tutti dietro la mia schiena.

«Ci sei rimasta male? Al fatto che non mi importa di quello che dicono gli altri?» non gli rispondo, lascio chiudere gli occhi sperando di addormentarmi.
«Si, ci sei rimasta male...» infila il braccio sotto il cuscino, tirando più su le coperte «non è colpa mia, sono fatto così. Non riesco a capire il senso di dover dar retta alle opinioni o comunque ai discorsi degli altri.»

Continuo a ignorarlo, tanto non mi ricorderò niente di tutto quello che sta succedendo.
Lo lascio parlare, non voglio sprecare fiato per un ragazzo che la pensa così...così tanto negativamente.
Mi limito a spostare una gamba, facendogli capire che sono sveglia e che forse non voglio ascoltare quello che dice.

«Va bene, me ne vado se proprio non vuoi parlarmi. Ma speravo che almeno tu avessi la pazienza di ascoltarmi.» si siede per rimettere le scarpe, e prima che possa andare via gli afferro il polso.

Cerca di liberarsi, ma mi alzo con lui cingendogli la vita con le braccia.
Corruga le sopracciglia, subito dopo che mi sono spostata davanti a lui, mantenendo quella sottospecie di abbraccio.
Poggio la tempia sul suo petto, intanto lui posa le mani dietro la mia schiena e le labbra sulla mia testa.

Credo che questo abbraccio serviva ad entrambi: a lui per ciò che ha detto prima, a me perché non ne ricevevo da un sacco.

«Sei così piccina.» mi lascia un bacio sulla fronte, e io sistemo il mento sul punto dove avevo la tempia.
«E tu sei bello.» mi accorgo solo dopo di quello che ho detto, e mi mordo il labbro tornando sul letto.
«Lo pensi davvero?» alzo le spalle, aspettando che venga anche lui qui accanto a me, e faccio un gesto.
«Non hai risposto alla mia domanda però...» ripropone dopo essersi messo comodo.
«Lo penso davvero.» muove la testa leggermente, e mi cinge la vita con entrambi le braccia.

«Va bene se ti abbraccio?»
«Certo, vuoi riprendere a parlare dell'argomento precedente?» rifiuta.
«No, non importa. E poi tu dovresti addormentarti, sei ubriaca ed è meglio se io vado via.» stringo le labbra.
«Importa, non voglio dormire anche se sono ubriaca e non voglio che tu vada via.» lo sento sorridere, e poso una mano sulla sua incastrando le dita tra le nocche.
«Anche la tua mano è piccolina, sei adorabile.» la alza, insieme alla sua, e con il pollice mi accarezza il dorso.
«Vorrei poterlo essere.»
«Non sottovalutarti, lo sei davvero.» cerca di farmi una carezza, ma non lo fa, rimette la mano sulla mia pancia incrociando le dita alle mie come prima.

Nel frattempo riesco ad addormentarmi, per non so quanto tempo, ma fino a quando la porta si apre.
Sento la voce di Corbyn che sussurra a qualcuno, forse a papà, che io e Daniel ci siamo addormentati, poi esce sospirando.

Perché ho la sensazione che ci sia rimasto male? O forse ne sono sicura?
E se davvero è così...che succederà?

Il ragazzo dietro di me si sposta, stringendomi il fianco con la sua mano che copre completamente l'osso, e oltre a salirmi un brivido sento anche una strana sensazione allo stomaco.

Non provarci neanche, Delilah.

Lascio la sua mano, afferrando la bottiglietta d'acqua sul comodino, e la rimetto a posto quando ho bevuto.

«Tutto okay?» annuisco voltandomi verso di lui distesa sul fianco.

Gli squilla il telefono nello stesso momento in cui sto per riaddormentarmi, così lo prende e accetta la chiamata.

«Sono da Eben» dice alla persona dall'altra parte del telefono «va tutto bene, sono con Delilah perché?» toglie il telefono dall'orecchio corrugando le sopracciglia.
«Chi era?» gli chiedo senza rendermene conto, e rimette il telefono sul comodino.
«Corbyn.» risponde.

Mi rannicchio cercando di coprirmi il più possibile.
Perché fa così freddo adesso? Siamo in California come può far freddo?
Certo, il condizionatore, ecco perché fa freddo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 03, 2021 ⏰

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💭:: Eben's sister, a Daniel Seavey fan fiction.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora