//La porta nascosta//

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Uno, due, tre. Ero sola. Completamente sola. L'appartamento era di nuovo sprofondato nel silenzio. Rimasi distesa ancora per un po' sul mio letto, ascoltando gli scricchiolii che provenivano dagli angoli più lontani della casa, cercando di non farmi influenzare troppo dalla mia immaginazione che mi stava già tirando brutti scherzi. Voltai il capo verso il comodino, cercando di vedere l'ora. Le quattro? Ancora le quattro? Sbuffai tristemente.

Era dura stare agli arresti domiciliari. Niente musica, computer o televisione. Niente passeggiate per Roma. Niente di niente. Tranne la bella pila di libri che mi aspettava in bella mostra sulla scrivania, ovvio. Papà era stato molto chiaro su questo: al suo ritorno, la versione di greco doveva essere impeccabile. Sospirai con rassegnazione e mi tirai su a sedere. Dovevo mettermi al lavoro, prima o poi.

Mi trascinai quindi alla scrivania e crollai pesantemente sulla sedia, frugando alla cieca all'interno dello zaino alla ricerca del quaderno, quando le mie dita incontrarono qualcosa che dovevo aver dimenticato al suo interno. Sussultai per la sorpresa e lo estrassi, grattandomi la nuca con fare perplesso. Come avevo fatto a scordarmelo lì dentro? "Le Cronache di Narnia" mi balzarono in grembo come se avessero avuto vita propria, quasi mi stessero pregando disperatamente di leggerle. Soppesai pensosamente il libro, spostando lo sguardo ora sulla sua copertina iridescente, ora sul volume di grammatica greca. Ma sì, del resto, se avessi voluto andare a vivere a Narnia, avrei prima fatto meglio a documentarmi un po', no?

 Ma sì, del resto, se avessi voluto andare a vivere a Narnia, avrei prima fatto meglio a documentarmi un po', no?

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Fu così che, senza starci a pensare oltre, mi ritrovai assorta nella lettura. Incontrai subito Lucy e i suoi fratelli e seguii le loro avventure proprio come me le aveva descritte la bambina. Che cosa strana! Possibile che le parole di quella ragazzina paffuta potessero risultare perfettamente all'interno di uno dei classici della letteratura inglese? C'erano ancora troppe cose che non capivo. Speravo solo di avere delle risposte andando avanti nella lettura... Stavo giusto leggendo il capitolo in cui Edmund attraversava l'armadio, quando improvvisamente udii un fortissimo schiocco seguito da uno zampettare concitato, che nel silenzio dell'appartamento risultò forte come uno sparo.

"Topi!", pensai in preda al panico.

Per forza, cosa potevo aspettarmi in una casa così grande e vecchia come quella, per di più ricoperta interamente da rivestimenti di legno? Afferrai quindi una delle mie ciabatte e mi avviai con passo felpato verso la porta. Mi affacciai furtiva, ma tutto ciò che vidi fu solo il corridoio buio. Stavo giusto per rientrare in camera, quando di colpo gli scricchiolii ripresero. Questa volta, sembravano provenire dal salotto.

«Maledetto ratto, ora la vedrai!» imprecai furibonda, saltellando dietro a quel rumore, salvo ritrovarmi ancora una volta in una stanza deserta e semibuia.
«Dove sei?» ringhiai, aggirandomi fra le poltrone simile a una belva in gabbia, sperando solo che quella bestiaccia non balzasse fuori all'improvviso per azzannarmi l'alluce.

Come in risposta alla mia domanda, lo scricchiolio mi prese alle spalle. Sobbalzai spaventata e mi gettai all'inseguimento, pronta a scagliare la ciabatta in testa a quella bestiaccia maledetta. Dovevo averlo in pugno, il corridoio non portava da nessuna parte. E invece, subito dopo lo avvertii squittire da dietro la porta del ripostiglio delle scope, nascosta dietro una pesante tenda rossa.

«Ora basta giocare, vieni fuori!» esclamai furibonda, scostando con violenza il tendaggio polveroso e spalancando la porticina.

Un'improvvisa ventata di freddo mi penetrò fin dentro le ossa, mozzandomi il fiato. Che strano! Mah, forse sarà stata qualche presa d'aria nascosta... nel ripostiglio, poi! Basta, era ora di farla finita. Feci un passo deciso in avanti, avanzando nel buio più totale; poi, di colpo, mi ritrovai a camminare nella neve.

Bianco, bianco ovunque

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Bianco, bianco ovunque. E freddo. In un attimo, il gelo mi penetrò nella carne più tagliente di qualsiasi lama attraverso il tessuto leggero dei miei calzini di cotone, facendomi gemere per il dolore. Crollai ai piedi di un albero, battendo i denti per quel freddo insopportabile che mi paralizzava lì dov'ero, così pungente che mi impediva perfino di pensare. Cercai disperatamente la porta del ripostiglio dal quale ero venuta, ma quella era scomparsa!

Ero sul punto di mettermi a piangere, quando, improvvisamente, dagli alberi emerse un'alta figura bianca con in testa una strana corona appuntita e una lunga verga d'argento in mano, molto simile a una bacchetta magica. Al suo fianco, arrancava a fatica un omino basso e peloso, con la lunga barba grigia che gli arrivava fino ai piedi. La donna mi sorrise, ma non era più il sorriso candido e formale che mi aveva rivolto quella mattina alla fermata del tram, ma un ghigno freddo e crudele, torreggiando su di me in tutta la sua imponente statura.

«Guarda un po' chi c'è» commentò in tono sarcastico, mentre il nano sghignazzava al mio fianco con la sua vocetta stridula. «Hai freddo, Penny? Non temere, piccina, ora ci pensiamo noi a trovarti una sistemazione adeguata. Non è vero, Gilabrik?»
«Non toccatemi!» gridai, ma capii con orrore che tutto era inutile.
Un dolore accecante mi esplose alla testa, un attimo prima di sprofondare nell'oblio.


**** Eccomi qua, fuori con un altro capitolo! 

Come state? Devo dire che rileggere questa fic dopo quasi dieci anni mi fa tutto un altro effetto... sinceramente me la ricordavo molto peggio, e il fatto che la stiate apprezzando così tanto mi suggerisce che forse doveva solo aspettare il momento giusto per maturare ;)

Come vedete il salto temporale e dimensionale? Le analogie con il libro non sono un caso, e vi dico già che esiste anche un sequel in cui viene spiegato il motivo per cui i personaggi letterari sembrano prendere vita così magicamente.

Non vi spoilero altro, spero solo che stiate apprezzando la lettura come agli inizi.

Vi mando un abbraccio grande e speriamo di rileggerci presto.

F.


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