capitolo quattro

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Mi svegliai presto, per vedere la mia cara Alba che mi avrebbe rassicurata come ogni nuovo giorno.
Il giorno che avevo davanti sarebbe stato un incubo. I miei genitori e tutti i Mijeph ne parlavano come un giorno di festa e di gioia, paragonabile solo al matrimonio, nel quale io non ho mai trovato quell'attesa che tanto agognavano le mie coetanee. Trovare un marito e divertirsi. Ecco a cosa pensavano quelle Aetsete sempliciotte.
La Conferma era tutt'altra cosa, ho letto tutti i reparti dedicategli nella piccola biblioteca di Aetset: è considerato un giorno sacro e di valore assoluto. Tutti gli abitanti di Nooldwears si riuniscono di fronte al Grande Albero -chiamato anche Otap nelle antiche leggende- unico collegamento tra le quattro fazioni; ogni referente prende poi un ramo di Otap con cui pratica un lieve taglio sulla mano del giovane che deve essere assegnato. I ragazzi che devono essere consegnati hanno quattordici anni, dieci anni per l'infanzia e quattro come le fazioni di Nooldwears.
Il ragazzo deve poi girare la mano facendo cadere quattro gocce di sangue che formano il giorno i cui è nato: due gocce per il giorno e due per il mese. Solitamente la data varia anche in base al proprio carattere, a Taunnou ci sono le persone più intelligenti e creative, a Vaparerin tutte quelle gentili e gioiose, magari avere tutta quella felicità già dalla nascita. Poi c'è la mia fazione Aetset, coraggiosi ci chiamano, anche se non vedo più questi valori da molto tempo. Infine i Mijeph di Onnrevi, gli altri gli definiscono freddi e scorbutici, sono la fazione di cui so meno, ma anche quella che mi affascina di più, si dice che le loro case si trovino su un lago ghiacciato o sulle montagne con talmente vento da spazzare via chiunque.
Ogni giovane viene poi assegnato alla propria fazione in base al giorno del suo "compleanno", così lo chiamano gli umani.
Dopo essere stato assegnato, l'abitante in questione apparterrà per sempre alla fazione a cui è stato consegnato, e non potrà cambiarla. Secondo i nostri antenati il Grande Albero assegna il Mijeph in base alle proprie caratteristiche, come ho già detto, alla sua personalità, alla fazione più simile ai suoi "interessi". Per me il Grande Albero è affidabile come un ladro davanti a una banca, ogni Mijeph dovrebbe essere libero di scegliere e non di sperare con tutto se stesso di essere assegnato alla fazione che vorrebbe. Come potrà mai conoscere un vecchio alberello rinsecchito il mio colore preferito? I Mijeph hanno sempre avuto un grande rispetto verso quest'enorme acero, si dice che ci abbia salvato dalle Guerre del Caos, il periodo più buio del nostro popolo. Non ho trovato niente che confermi questa teoria e nessuno con un minimo di prova su questa storia.

La Conferma non sarebbe servita a molto, come dissi a Raissa, era ovvio che mi avrebbero assegnata ad Aetset, la mia famiglia si trovava lì dai suoi albori. Tuttavia l'idea di andarmene e cambiare per sempre quella monotona vita era come una brocca d'acqua fresca nel deserto; se fossi stata assegnata a Taunnou avrei potuto vivere con Issa, a Vaperin, passeggiare per le immense praterie, anche se tutta quella positività avrebbe potuto stufarmi dopo qualche ora, ed infine a Onnrevi avrei potuto volare e sentire il vento sferzarmi la faccia, e non preoccuparmi di quello che pensavano gli altri di me. Inoltre le altre fazioni erano meno chiuse rispetto alla mia e con meno pregiudizi sulle altre, non sarei stata costretta a guardare con disprezzo gli altri abitanti. Avrei potuto avere una nuova vita, una vita degna di essere vissuta.
Mi ricordai che però non sarebbe successo, l'ancora della mia nave era sul fondale di Aetset, mi tratteneva la mia famiglia.
Allontanarmi da mia madre mi avrebbe resa tutt'altro che infelice, anche se dopo un po' ne avrei sentito la mancanza, il problema era mio papà: Oweler Silkpure. Era sempre stato la spalla su cui appoggiarmi, conosceva quello che volevo e sapeva come farmi felice. L'idea di lasciarlo e di non rivederlo eccetto in poche occasioni era insopportabile, non potevo fargli questo, non dopo tutto quello che aveva fatto per me.
<<Leila?>>
Mi voltai e mi ritrovai di fronte mio padre.
<<Pronta per oggi?>> mi chiese con quel suo sorriso che aveva conquistato la mamma.
<<Per il pranzo che facciamo dopo? Ovvio>> si mise a ridere con me.
<<Leila a te piace vivere qui? Intendo ad Aetset>> mi domandò.
Quella era l'ultima domanda a cui avrei voluto rispondere, che cosa avrei dovuto dirgli? Beh, vedi, questo posto mi fa abbastanza schifo, le ragazze sono delle oche chiacchierone mentre i maschi dei galli egocentrici, c'è sempre il sole, la cosa più insopportabile di Nooldwears. No. Non potevo deluderlo in questo modo. Ma non potevo neanche mentirgli.
<<La verità>> mi disse, come se mi leggesse nel pensiero.
<<Papà io...>>. Non riuscii a terminare la frase perché qualcuno bussò alla nostra porta.
<<Vado io!>> urlò mia madre dalla sua camera.
Mio padre era sorpreso quanto me così ci dirigemmo verso l'ingresso insieme. Lì c'era mia madre che accoglieva con tutte le cortesie un ragazzo vestito in modo elegante. Lo smocking bianco avorio con in decori dorati abbinati alla cravatta gli conferiva un'aria angelica. I suoi capelli biondi sembravano oro appena fuso e i suoi occhi di ghiaccio apparivano come due diamanti freddi.

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