METIN
Conoscevo Can da quando ero bambino. Eravamo cresciuti insieme e per me era come un fratello.
Quando diventai avvocato fu perciò naturale che fossi assunto come legale della Friki Harika . Purtroppo però commisi un errore che mi costò l'amicizia di Can. Intrattenni rapporti con sua madre, pur sapendo benissimo che lui la detestava per essere stato abbandonato quando era piccolo.
Quando Can lo scoprì mi allontanò dalla sua vita. Odiava le bugie ed i sotterfugi e non volle sentire nessuna spiegazione da parte mia.
Al suo rientro ad Istanbul dopo un intero anno di assenza, mi chiamò per scusarsi. Ci incontrammo ed io scoprii in lui un uomo nuovo, meno impulsivo, più incline alla riflessione, un uomo che aveva sofferto nel profondo dell'anima, ma che da quel dolore aveva tratto un grande insegnamento: il mondo non è bianco o nero, ma ci sono varie sfumature di grigio con cui dobbiamo convivere nostro malgrado. Prima di giudicare le azioni altrui dobbiamo imparare ad ascoltare, non esiste una verità assoluta delle cose, ma questa può variare a seconda della prospettiva da cui le si guarda.
Quella versione di Can mi piaceva e non mi fu difficile riappacificarmi con lui. Oltre alla nostra amicizia riprendemmo anche i nostri rapporti lavorativi e così tornai ad essere il suo avvocato.
Quando mi confidò che era malato e che non c'erano cure mi sentii mancare la terra da sotto i piedi.
Non riuscivo a crederci, non poteva essere vero... Poi mi chiese di aiutarlo nel suo folle piano.
Cercai in tutti i modi di dissuaderlo dal fare una simile pazzia ma non volle starmi e sentire e, alla fine, per non lasciarlo solo cedetti ed acconsentii.
Pianificammo tutto nei minimi dettagli. Can, soprattutto, voleva assicurarsi che a Sanem ed ai ragazzi non mancasse nulla, non rendendosi conto che li privava proprio della cosa di cui avevano più bisogno: la sua presenza ed il suo amore.
In un certo senso, però, lo capivo. Era sempre stato un uomo indipendente, non aveva mai dovuto chiedere niente a nessuno e con Sanem era sempre stato molto protettivo. La malattia, invece, lo avrebbe reso, a suo parere meno "uomo" e questo non lo avrebbe mai accettato. Come non avrebbe mai accettato di essere un peso per gli altri e di leggere nei loro occhi la compassione.
Spesso mi sono chiesto se il suo fosse egoismo, ma conoscendo Can e l'amore che provava per la sua famiglia oggi mi sento di dire che è stato un atto di coraggio.
Perché ci vuole coraggio a navigare da solo nel mare in tempesta della malattia, senza avere la garanzia di un approdo sicuro, e ci vuole ancora più coraggio per rinunciare a tutto ciò che nella vita hai amato più di te stesso.
Can sapeva che in ogni caso la sua famiglia e ,soprattutto, Sanem avrebbero sofferto, ma almeno sperava di risparmiare loro un lento e lungo tormento. E per questo non potevo certo condannarlo.
La lettera per Ferit fu la sua ultima richiesta prima della partenza. Ci salutammo con un abbraccio e una pacca sulla spalla, ma entrambi facemmo fatica a trattenere le lacrime. Mi feci promettere di farmi avere sue notizie, buone o cattive che fossero, e poi lo lascia nelle mani di Allah.
NOTE DELL'AUTRICE
Pazientate fino al prossimo capitolo e poi, finalmente, capirete da che parte "tira il vento!"
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VENT' ANNI DI NOI
RomanceQuesto racconto è il seguito di "Un amore Dimenticato". Com'è stato l'amore tra Can e Sanem? I vent'anni trascorsi insieme, la nascita dei figli, la loro quotidianità, fino al quel tragico incidente, come li hanno vissuti? E quello di Can è stato d...