EPILOGO
“Sopravviviamo stando insieme, non separati.”
(Rick Grimes, episodio 1x02)
Tre giorni dopo
Daryl decise di fare una pausa, quindi si prodigò per accendere un fuoco e mettere a cuocere la preda che aveva catturato. Quella mattina si era svegliato all’alba per andare a caccia, un’ottima scusa per allontanarsi dalla caotica vita del Regno e starsene da solo. La solitudine gli permetteva di ricaricarsi, di rigenerare il proprio essere prima di avere a che fare con gli altri. Dopo aver sventato l’attacco del gruppo misterioso, Ezekiel aveva ordinato l’incarcerazione di James e che a interrogarlo fosse Carol. Daryl si era insediato nel bosco con la propria tenda, aveva bisogno di aria fresca e pulita. Le mura di una casa spesso lo facevano sentire soffocato, come se l’ossigeno si consumasse in fretta e lui restasse in vita per errore.
“Dog, bello, vieni!”
Il cane gli saltò addosso e gli fece le solite moine con il muso perché aveva fame.
“Ora mangiamo, sta buono.”
Dog si accucciò ai piedi del padrone e attese con pazienza mentre il cibo veniva cucinato. Daryl avvicinò il cane a sé per accarezzargli il dorso, la mano che affondava nel pelo morbido.
“Che c’è, eh? Che cerchi?”
L’animale aveva fiutato qualcosa nella tasca dell’arciere e aveva iniziato ad abbaiare, spingendo il muso contro il gilet di pelle. Daryl infilò la mano nella tasca e ne estrasse un biglietto ben ripiegato in quattro. Qualcuno doveva averlo fatto scivolare senza che lui se ne rendesse conto. Sopra c’era scritto il suo nome. Non riconobbe la grafia, pertanto lo aprì per leggere.
“Sono Remy. So che sembrerà strano che io ti abbia scritto un biglietto, ma sento che devo rimediare al guaio che ho combinato. Tu conosci Astrid. L’hai incontrata circa dieci anni fa al Blue Tavern di Atlanta. Lei stava fallendo nel gioco delle freccette e tu le hai mostrato come inclinare il polso. Dopo poco sei stato arrestato. Astrid non ti ha mai dimenticato. So di aver umiliato mia sorella spifferando in quel modo il suo interesse per te, ma spero che questa piccola confessione possa in parte rimediare a quanto ho fatto. Non è uno scherzo. Ti chiedo ancora scusa.”
Daryl rimase raggelato, tant’è che bruciò il biglietto fra le fiamme. La sua mente gli restituì i flash di una serata di tanti anni fa, quando era stato arrestato per colpa di Merle prima dell’apocalisse. Ricordò di aver giocato a freccette con una ragazza. Ricordò che indossava una giacca di jeans. Ricordò che aveva i capelli tinti di viola e azzurro.
Io sono Astrid, gli aveva detto dopo averlo seguito fuori dal locale.
Una settimana dopo, Alexandria
Astrid si aggirava fra le strade di Alexandria senza una meta precisa. Dopo il loro arrivo e l’incontro con il Consiglio, Eugene li aveva accompagnati nella nuova casa che li avrebbe ospitati. Era una villetta su due piani, i mattoni bianchi rivestivano l’esterno e l’interno era ammobiliato in stile vintage. C’erano centrini di pizzo color avorio su ogni superficie; sua madre li avrebbe adorati. Remy e Eugene si era piaciuti sin da subito, entrambi con le loro teorie fuori dal comune e quel senso dell’umorismo che pochi apprezzavano. Clara anche qui si era ambientata grazie ad RJ, Gracie e altri bambini. Yana, dal canto suo, aveva deciso di prendere lezioni di autodifesa da Rosita perché voleva imparare a lottare contro i vaganti. Hunter, invece, non si trovava bene neanche nel nuovo insediamento. Il suo comportamento irrequieto lo portava a odiare ogni nuovo posto che non fosse la Guardia. Aveva paura di essere giudicato dagli estranei, perciò tendeva a isolarsi con la sua chitarra negli angoli più remoti della cittadina.
“Salve.”
Astrid sussultò, il flusso di pensieri interrotto da quella voce profonda. A parlare era stato un uomo, alto e snello, i capelli rasati sui lati e un lungo ciuffo tirato all’indietro.
“Salve.” Rispose lei per educazione.
L’uomo indossava una tuta intera, il blu era stato sbiadito dal sole, che lasciava intendere che fosse impiegato in qualche modo nella comunità.
“Nessuno mi aveva detto che la nuova arrivata fosse così deliziosa.”
Astrid sospirò, quella tattica era vecchia come il mondo e lei non ci cascava.
“Posso sapere il nome dell’uomo dai tentativi maldestri?”
“Io sono Negan.”
Negan si accorse che Astrid aveva fatto un passo indietro, realizzando che lui fosse il mostro di cui si mormorava da tempo.
“La tua fama negativa ti precede.”
“Un uomo deve pur essere ricordato per qualcosa!” esclamò lui, ridendo.
Astrid non era intimorita, piuttosto era curioso come Negan da capo fosse diventato la manovalanza.
“Essere ricordato per spiantare i pomodori dal terreno deve essere memorabile.”
Negan rise ancora più forte. Finalmente poteva parlare con qualcuno che non si lasciava intimidire dal suo passato.
“Si fa quel che si può, Astrid.”
“Hai fatto i compiti, molto bene.” replicò lei in tono fermo.
L’uomo poggiò tutto il peso sulla zappa, ogni movimento era un atto teatrale. Sfoderò un sorriso malizioso.
“Io ti conosco da tempo. Io e i miei uomini abbiamo cercato la Guardia per due anni senza riuscire a trovarla. L’avete nascosta proprio bene.”
“Noi eravamo lì, proprio sotto il vostro naso. Le persone vedono solo quello che vogliono vedere.”
“L’insediamento sotterraneo è un’idea splendida. Chapeau!”
Astrid lo guardò con sufficienza, quei gesti pomposi non l’avrebbero irretita.
“Lo so.”
La loro conversazione fu stroncata da un grido. Tutti gli abitanti abbandonarono le proprie faccende per correre a vedere cosa fosse successo.
“Viene da casa tua.” Le disse Negan.
Astrid senza indugiare sfrecciò verso la nuova dimora. In casa c’erano Hunter e Clara che volevano passare la giornata a guardare la tv. La paura le attanagliò lo stomaco, voleva rigettare l’intera colazione per l’agitazione. Dietro di lei c’era Negan, la zappa fra le mani nel caso fosse utile colpire qualcosa o qualcuno.
“Hunter! Clara!”
Astrid si fece strada fra i presenti a suon di spinte e gomitate, incurante di risultare maleducata. Emise un sospiro di sollievo quando vide Clara accoccolata fra le braccia di Hunter.
“Grazie al cielo! State bene?”
Avvolse entrambi con le braccia, prima baciò la fronte di Hunter e poi quella di Clara. Soltanto dopo si accorse della testa mozzata di un vagante che giaceva sul tappeto di ingresso. La bocca gorgogliava versi strani, le pupille erano bianche e dal naso pendeva una viscosa sostanza nera.
“Qualcuno ha lanciato la testa attraverso la finestra.” Spiegò Hunter.
In effetti il vetro presentava un buco al centro e una serie di frammenti erano finiti fra l’erba. Astrid si guardò in giro per capire se l’artefice fosse rimasto nei paraggi, ma tutto ciò che vide furono volti preoccupati e turbati.
“Che succede? Dov’è mia sorella?”
Remy dovette faticare per superare la folla, era difficile far spostare la gente e al tempo stesso spingere la sedia a rotelle. Giunta ad Alexandria, Eugene si era premurato di farle recapitare una carrozzina nuova di zecca che usavano per il trasporto dei malati in infermeria.
“Remy, siamo qui. Stiamo bene.” disse Astrid.
Remy fece scivolare gli occhi dalla finestra all testa che batteva i denti marci, l’espressione lugubre dipinta in faccia.
“Siamo di nuovo un bersaglio?”
“Penso di sì. Hai visto Yana?”
“E’ con Rosita per l’allenamento.” Rispose Hunter, stringendo Clara.
Negan osservò le persone accalcate intorno a loro, era piuttosto bravo a capire le persone solo con uno sguardo. Fra i volti affranti c’era una donna che fissava la testa mozzata con una certa soddisfazione.
“Credo di sapere chi possa essere stato.” Bisbigliò lui all’orecchio di Astrid.
“Chi?”
“Voi andate da Gabriel e parlatene con il Consiglio. Mi occupo io di questa faccenda.”
Astrid gli lanciò un’occhiata dubbiosa, non si fidava di quella immotivata offerta.
“Perché mai dovresti aiutarci? Vuoi qualcosa in cambio?”
Negan sorrise, lui voleva sempre qualcosa in cambio purché andasse a suo vantaggio.
“Se vuoi darmi qualcosa, io accetto con piacere. Ma in questa occasione voglio solo aiutarvi perché, se qualcuno vuole farvi fuori, vuol dire che siete importanti e quindi potrebbe esserci un risvolto positivo anche per me.”
Astrid fece un sorriso finto e gli diede una pacca un po’ troppo forte sulla spalla.
“Se fai una mossa falsa, Daryl sarà ben felice di ucciderti.”
“Pensavo che Daryl grugnisse e ringhiasse come un animale. Sa fare anche altro? Magnifico!”
Gabriel guardava la testa del vagante con disgusto misto a incredulità. Come era arrivata ad Alexandria? Qualcuno della comunità era il colpevole?
“E’ un lavoro fatto dall’interno. I cancelli, le uscite e le entrate vengono rigorosamente controllati e non è stato avvistato nessun vagante nei paraggi.” Disse Aaron.
“Forse una delle ultime persone uscite l’ha portata dentro.” Ipotizzò Gabriel.
Astrid sbuffò, era irrequieta sulla panca e aveva iniziato a muovere freneticamente la gamba.
“Per questo motivo ero contraria a lasciare la Guardia. Ora che Dorothy è venuta allo scoperto, io e la mia famiglia saremo per sempre un bersaglio. Dobbiamo nasconderci prima che qualcuno si faccia davvero male.”
Eugene, Aaron e Gabriel erano gli unici informati dei fatti. Ezekiel si era raccomandato di custodire il segreto a costo della vita, e loro avevano accettato in nome di una causa più grande.
“Abbiamo lasciato la Guardia per aiutare Ezekiel.” Obiettò Remy.
“E cosa abbiamo guadagnato? Un’irruzione al Regno, una fuga notturna e una testa mozzata sulla porta. Beh, grandioso!”
Gabriel si mise fra le due sorelle per impedire sul nascere una discussione.
“Alexandria è un posto sicuro, forse è il più sicuro. La sicurezza è migliore degli altri insediamenti. Qui nessuno entra ed esce senza essere prima controllato con severità. Quella testa è stata lasciata da un abitante che deve averla rimossa da un vagante durante una missione.”
“Siamo gli unici che possiamo darvi un aiuto concreto.” Disse Eugene.
“Dorothy è importante per tutti. Non possiamo lasciarvi da sole.” Aggiunse Aaron.
Astrid si morse le labbra fino a farle sanguinare, sperava che almeno il dolore la distogliesse dall’ansia provocata da quell’evento.
“L’uomo catturato al Regno ha detto che la sua gente è dappertutto. Siamo accerchiati da ogni lato. Non sappiamo di chi fidarci davvero.”
“I veri amici restano tali anche nei momenti difficili.” Asserì Gabriel, la voce calma.
“Fino a quando non muoiono.” Ribatté Astrid.
Troppo stanca per continuare quella riunione, lasciò la sala del Consiglio sbattendo la porta. Remy sapeva che sua sorella stava soffrendo, che quella situazione non faceva altro che peggiorare il suo stato d’animo. Dopo la scomparsa della madre, Astrid non era stata più la stessa.
“Io e Eugene faremo il possibile per scoprire se esiste davvero una cura.” Promise Remy.
Eugene annuì e le pose una mano sulla spalla come a stringere quella collaborazione.
“Remy dice il vero. Non per vantarmi perché non è nella mia natura, anche se suppongo che tutti gli uomini ad un certo punto della loto vita …
“Eugene, vai al sodo.” Disse Aaron.
“Io e Remy, unendo le forze, faremo grandi cose.”
“Lo spero. Il tempo scorre veloce.” disse Gabriel.
Una settimana dopo, Alexandria
Era pomeriggio tardi quando Yana rientrò dopo la sessione di allenamento con Rosita. Era dura, i muscoli bruciavano dopo ogni allenamento, ma ne valeva di certo la pena. Quando entrò in casa, trovò Eugene e Remy che decifravano il diario e Clara che giocava in salotto col suo peluche. Astrid era uscita per cercare una persona, ma non aveva fatto nomi. Dalla cucina proveniva un odorino delizioso che la costrinse a fare capolino nella stanza. Hunter stava cucinando, era girato di spalle e canticchiava.
“Ciao.”
Lei e il ragazzo non si parlavano da qualche settimana, non dopo quella confessione d’amore al Regno. Hunter la evitava in tutti i modi, non le rivolgeva lo sguardo e a stento la salutava qualche volta.
“Ciao, Hunter.” Ripeté a voce più alta.
Hunter continuò a canticchiare e a versare il sale nella pentola, ignorandola come fosse un moscerino fastidioso.
“Hun, ti prego, parlami.”
Yana sorrise quando l’amico si voltò verso di lei, non sembrava arrabbiato.
“Vuoi la pasta corta o lunga?”
La speranza di Yana di riallacciare i rapporti sfumò. Hunter odiava cucinare, quindi la sua domanda era solo un mezzo per mettere ancora più distanza fra di loro.
“Fa come vuoi. Io non ho fame.”
“Okay.”
La porta di ingresso si aprì e Astrid entrò insieme a Gabriel e ad una ragazza. Yana riconobbe che quella era Lydia, la figlia di una donna che in passato era stata nemica degli insediamenti.
“Piacere, io sono Yana.”
Lydia rimase spiazzata per un attimo. Ad Alexandria non si era fatta degli amici, tutti la tenevano lontana per via dei Sussurratori, ecco perché quell’espansività la stupiva.
“Ehm, ciao. Io mi chiamo Lydia.”
Astrid sorrise, perlomeno riusciva ancora a fare qualcosa di buono per i ragazzi.
“Yana, per favore, mostra la casa a Lydia e poi sedetevi a tavola per cena.”
Yana afferrò la mano di Lydia e la trascinò su per le scale per mostrarle la propria camera. Astrid invitò Gabriel a prendere posto sul divano, prendendo Clara in braccio perché non desse fastidio.
“Ci sono novità?” chiese Remy, massaggiandosi le tempie.
Gabriel annuì, e in cuor suo sperava ancora di non dover accusare un membro di Alexandria.
“Abbiamo trovato chi ha messo la testa mozzata davanti casa vostra. E’ stata Caroline, la donna che ogni settimana esce per fare rifornimento di medicinali.”
“Chi ha condotto le indagini?” domandò Eugene, gli occhi incollati sul diario.
“Negan, con una zappa.” Disse Astrid, divertita.
Eugene si agitò, il ricordo del tempo trascorso al Santuario era ancora vivido e se ne vergognava.
“Negan è una personalità che sa incutere terrore. Forse Caroline ha confessato perché costretta, non dovrebbe essere data per certa.”
“Caroline è la sorella di James, l’uomo arrestato al Regno.” Disse Gabriel.
Remy chiuse il diario e si sfregò gli occhi arrossati dalle ore passate a leggere.
“Sono davvero dappertutto. Avete saputo altro?”
“Per ora no. Aaron conduce l’interrogatorio, forse nei prossimi giorni ne sapremo di più.”
Ripetuti colpi contro la porta obbligarono Astrid ad alzarsi per accogliere chiunque ci fosse dall’altra parte. Aaron aveva gli occhi sbarrati come se avesse visto un fantasma.
“Che c’è, Aaron?”
“Caroline è morta. Si è tolta la vita con un coltello che aveva nascosto nei vestiti.”
Astrid e Remy si scambiarono uno sguardo loquace: portare Dorothy fuori dalla Guardia era stato un grave errore.
Une mese dopo, Alexandria
“Provo il vestito che mi piace, esco dal camerino e resto impigliata nella tenda. La stoffa del vestito cede e si trappa. La commessa non è svenuta per miracolo!”
Lydia rise a crepapelle, le lacrime di gioia che le bagnavano le guance. Lei e Astrid, dopo una giornata di lavoro nell’orto, facevano pausa pranzo e la donna si era messa a raccontarle aneddoti divertenti del passato.
“E cosa hai fatto dopo?”
“Ho dovuto comprare il vestito anche se era strappato. Mia madre era infuriata.”
Le due risero ancora, sentendosi libere da ogni brutto pensiero per qualche minuto.
“Grazie, Astrid. Non ridevo così da tempo.”
Astrid le mise un braccio intorno alle spalle e l’avvicinò a sé per baciarle la testa. Aveva capito subito che Lydia aveva avuto una vita difficile. Le cicatrici sulle braccia ne erano un triste e chiaro segno. Capiva anche perché Daryl l’avesse presa a cuore, perché nella ragazza rivedeva se stesso.
“Sono sempre disponibile a condividere le mie figuracce, e ne ho fatte molte!”
Lydia ridacchiò, poi fu deconcentrata dal rumore dei cancelli che si aprivano. Ebbe un fremito, succedeva ogni volta che i cancelli venivano aperti o chiusi. In lei abitava ancora il timore di un attacco dei Sussurratori, sebbene fossero stati eliminati.
“Lydia, sta tranquilla. Va tutto bene.” disse Astrid con dolcezza.
La ragazza d’istinto si fece più vicina e la prese sottobraccio tanto per essere sicura. Si rilassò solo quando la moto di Daryl sfrecciò davanti a loro a tutta velocità. Dog correva appresso al padrone con la lingua che penzolava fuori.
“E’ tornato Daryl!”
Astrid impallidì, pietrificandosi sul posto come una statua. Non vedeva Daryl da un mese e mezzo. Il solo rombo di quel motore bastò per bloccarle il respiro in gola.
“Astrid, stai bene? sei bianca come un cencio.”
“Oh … ehm … sì, sì. Sto bene. Una favola!”
Daryl scese dalla moto e si sciolse la banda che gli proteggeva il viso dal vento e dalla polvere. Aveva guidato senza sosta dal Regno ad Alexandria, non aveva tempo per prendersi una pausa. Aaron fu il primo a raggiungerlo, il braccio di metallo che riluceva sotto il sole.
“Amico, che piacere rivederti!”
Dopo una breve stretta di mano e una pacca sulla schiena, entrarono nella sala del Consiglio per ripararsi dal freddo. Dicembre era arrivato, più freddo e tempestoso di quanto si aspettavano. Ogni inverno per loro era come una condanna a morte, alcuni si salvavano e altri no.
“Devo parlare anche con gli altri membri del Consiglio.” Disse Daryl, il respiro affannato.
“Certo. Vado subito a chiamarli, tu aspetta qui e scaldati.”
Aaron si sistemò il bavero del giaccone e si diresse verso la chiesa dove Gabriel stava tenendo un sermone. Daryl uscì fuori dal capanno per fumare, aveva bisogno di allentare la tensione dopo quel lungo viaggio.
In lontananza vide Lydia e Astrid che camminavano a braccetto e ridevano. Poco dopo Lydia captò il suo sguardo insistente e sventolò la mano per salutarlo, al che Daryl ricambiò con un cenno della testa. L’arciere si irrigidì quando le due donne andarono verso di lui.
“Ciao, Daryl!” disse Lydia con eccesiva enfasi.
Astrid aveva tentato di congedarsi con una scusa banale, ma la ragazza l’aveva quasi strattonata perché andassero a salutare l’arciere. Rivederlo era come buttare sale su una ferita aperta. I ricordi di quella fatidica serata la tormentavano ancora, l’ultimo ricordo di una vita normale.
“Ciao.” Mormorò Daryl.
Astrid si focalizzò su di lui perché sentiva che qualcosa lo impensieriva. Certo, Daryl non era un chiacchierone, ma era fin troppo silenzioso e questo era allarmante.
“Daryl, stai bene?”
Daryl scrollò la cenere dalla sigaretta, avrebbe voluto scrollarsi di dosso anche tutta l’inquietudine. Era snervante il modo in cui Astrid sapeva leggerlo dentro anche senza che lui parlasse.
“Ci sono dei problemi al Regno. Dobbiamo evacuare l’insediamento.”
“Perché? Ezekiel sta bene? Carol e Jerry? Nabila?”
“Stanno tutti bene, a parte l’orgoglio ferito di Ezekiel. Due settimane fa un incendio ha distrutto l’impianto elettrico dell’intero Regno, niente corrente e niente luce. La cisterna è stata manomessa di nuovo e l’acqua è finita. Una parte del teatro è crollata.”
Astrid chiuse gli occhi permettendo alla tristezza di avere la meglio su di lei. Vedere la propria casa andare in fiamme, perderla per sempre, era un dolore che si acuiva in tempi in cui trovare riparo era sempre più difficile.
“Com’è possibile? Abbiamo aggiustato tutto nei minimi dettagli. Remy non può aver sbagliato.”
Daryl gettò la sigaretta e la pestò con la suola della scarpa. Si mise le mani in tasca e si morse l’interno della guancia.
“C’erano altri infiltrati nel Regno, amici di James. Penny e Adam hanno mantenuto la loro copertura per distruggere tutto.”
“Anche qui abbiamo avuto un attacco.” Disse Lydia.
Daryl guardò Astrid, che abbassò gli occhi per nascondersi da lui.
“Non ne sapevo nulla.”
Lydia diede una leggera spallata ad Astrid per spronarla a raccontare l’avvenimento, ma la donna restava zitta e con gli occhi puntati a terra.
“Qualcuno ha lasciato la testa di un vagante davanti casa di Astrid e Remy. E’ stata una certa Caroline, che poi si è uccisa in cella. Negan lo ha scoperto.”
“Lydia, lasciaci soli.” Disse Daryl, risoluto.
La ragazza si allontanò senza fare commenti, non era un bene contrariare l’arciere quando era nervoso.
“Io andrei …” provò a defilarsi Astrid.
Daryl l’afferrò per il braccio e la tenne ferma sul posto.
“Perché non me lo hai detto?”
Astrid allora ebbe il coraggio di guardarlo in faccia, facendo ricorso a tutta la sua forza per non sciogliersi come neve al sole davanti a quegli occhi azzurri. La mano di Daryl le stringeva ancora il braccio, era una presa salda ma piacevole, anche fin troppo.
“E’ stato solo un avvertimento che non ha dato frutti. Negan ha scoperto Caroline, l’hanno ingabbiata e il tutto si è concluso con la sua morte. Non c’era motivo di avvisarti per una sciocchezza.”
“Non è una sciocchezza quando si tratta di te.” ribatté Daryl.
Astrid strabuzzò gli occhi, non si aspettava quella vena di disperazione nella voce dell’arciere.
“Non vogliono me. Loro vogliono Remy, è lei quella di cui dobbiamo preoccuparci.”
“Perché fai così, Astrid? Ti sottovaluti in continuazione.”
Daryl si era fatto così vicino che Astrid sentiva l’odore di nicotina come se avesse fumato lei stessa. Ora la mano dell’arciere non era più avvolta intorno al suo braccio, piuttosto il suo pollice la stava accarezzando.
“Sei strano, Dixon. Molto strano. Che ti prende?”
Daryl realizzò con orrore che la sua mano stava toccando Astrid da svariati minuti. Fece ricadere il braccio lungo il fianco, spaventato da quell’intimità.
“Scusami … io non volevo …”
“Non volevi toccarmi.” Concluse Astrid, amareggiata.
“Non è come pensi.”
Lei incrociò le braccia al petto e ridacchiò per scacciare il fastidio.
“Fai così ogni volta, Daryl. Ti allontani quando siamo vicini. Eviti di toccarmi. L’ho capito che non ti sto molto simpatica, ma almeno non dirmi bugie.”
“Astrid …”
“Daryl!” esclamò Gabriel, camminando insieme ad Aaron.
Daryl emise una specie di ringhio. Lui e Astrid venivano sempre interrotti sul più bello. Fra di loro c’era un discorso in sospeso che nessuno dei due capiva ancora.
“Io vado da Remy e Eugene. Fatemi sapere se avete bisogno di me.” disse Astrid.
Daryl la guardò camminare a passo spedito in direzione opposta alla sala del Consiglio, c’era una città intera a separarli.
“Tu e il bamboccio avete fatto progressi?” domandò Hunter con la bocca piena.
Erano tutti a tavola e stavano cenando mentre si ragguagliavano sulle ultime novità.
“Forse. Ora stiamo provando il codice morse per la decifrazione.” Disse Remy.
“Chi ha scritto il diario è un tipo sveglio.” Riconobbe Yana.
Astrid era l’unica che piluccava nel piatto senza mangiare. Aveva lo stomaco chiuso e la mente in subbuglio. Era insopportabile non saper gestire le proprie emozioni. Un tempo era brava a farlo, ma dopo la scomparsa della madre qualcosa in lei si era rotto per sempre. Adesso era molto più sensibile, reagiva in maniera molto più esasperante alle situazioni.
“Tu non ricordi proprio nessuno? Magari al Centro c’era qualcuno di particolare.” Chiosò Hunter, masticando.
Remy ci rifletté su senza risultati, non le veniva nessuno in mente. Del resto lei era solo una stagista all’epoca e non aveva avuto mai chissà quali contatti con i piani superiori che si occupavano delle malattie infettive.
“Non ne ho idea. Me ne stavo nel mio piano a eseguire gli ordini del Dottor Bennett, non andavo mai a ficcanasare fuori dal mio laboratorio.”
“Tutto okay?”
Astrid sbatté le palpebre quando notò che Yana le stava picchiettando la mano. Si era talmente persa nei pensieri da non far caso alla conversazione.
“Io devo uscire. Metti tu a letto Clara?”
“Certamente.”
Astrid indossò la giacca e infilò i pantaloni del pigiama negli anfibi, dopodiché uscì in strada per raggiungere l’ultima casa di Alexandria. Camminava a passo di marcia, determinata come un soldato che si prepara alla battaglia. Era pronta a togliersi quel peso dal petto. Doveva chiarire le cose con Daryl prima di incrinare ancora di più il loro rapporto.
Dog era sdraiato sul portico a dormire beatamente, almeno lui riusciva a riposarsi. Astrid risalì i gradini e bussò alla porta. Prese un respiro profondo, preparata a fronteggiare l’arciere. Bussò di nuovo ma nessuno si fece vedere alla porta. Mise le mani a coppa sulla finestra e guardò dentro, appurando che le luci erano spente e che quindi in casa non c’era nessuno.
“Accidenti!” borbottò fra sé.
“Ti serve qualcosa?”
Daryl emerse dal buio, la balestra sulla spalla e un sacco che doveva contenere una preda. Astrid sussultò e si portò una mano sul cuore che batteva forte.
“Mi hai fatto prendere un colpo! Dov’eri? Sono le nove, è buio e fa freddo.”
Daryl lanciò il sacco sulla panca che ornava il portico e abbandonò anche la balestra. Si appoggiò alla balaustra e si mise a braccia conserte.
“Ti preoccupi per me?”
Astrid arrossì, per sua fortuna il lampione illuminava poco la sua posizione. Affondò le mani nelle tasche della giacca e strinse i pugni, ora non era più sicura come pochi minuti prima.
“Ovvio che mi preoccupo.”
“Perché sei qui?” chiese Daryl.
Astrid si dondolò sui talloni, man mano si stava lasciando sopraffare dall’insicurezza. Ora che ce lo aveva davanti, non era capace di affrontarlo. Fu costretta a mentire.
“Sono qui perché voglio aiutare il Regno per l’evacuazione. Ora che Remy lavora con Eugene, io posso dare una mano dove serve.”
Daryl provò una lancinante delusione. Sperava che Astrid volesse parlargli di quella sera di dieci anni fa, invece era lì solo per il Regno. Che stupido, si disse. Una donna non avrebbe mai voluto avere a che fare con uno come lui.
“Okay.”
Astrid si limitò ad annuire. Poi nello sguardo dell’arciere lesse il disappunto e si sentì in colpa.
“Sono qui per un altro motivo, Daryl.”
Finalmente Daryl la guardò, una lieve speranza brillava negli occhi.
“Quale?”
Astrid raddrizzò la schiena, ora era decisa a mettere le carte in tavola e giocarsi tutta la partita.
“Ho capito perché non ti vado a genio. È per la storia delle cicatrici. So di essere stata brusca e invadente, non avrei mai dovuto accennare alle cicatrici. Io non sono più un’assistente sociale e tu non sei più un bambino. So di averti offeso. Mi dispiace tanto per essere stata indelicata, avrei dovuto pensare prima di parlare. Capisco che tu voglia tenere per te quella parte della tua vita, ed è giusto così. Anche se sono stata scortese, tu sei stato gentile e mi hai aiutata. Io mi auguro che tu possa perdonarmi.”
A Daryl veniva da ridere perché lei non aveva capito assolutamente niente. Astrid se ne stava lì, l’espressione afflitta e il corpo che tremava per il freddo. Sembrava così piccola in quel momento che avrebbe voluto abbracciarla.
“Io non sono offeso.”
“Ah, no? E perché ti comporti così?”
“Non ce l’ho con te, Astrid. Sappi solo questo.”
Daryl non aveva voglia di spiegarle le infinite ragioni del suo comportamento. Per quanto non fosse più l’uomo di un tempo, i traumi erano vivi in lui e lo appesantivano con la loro soffocante presenza.
“Va bene.” Disse lei a bassa voce.
“Mmh.”
“Ora me ne torno a casa.”
Daryl non si oppose quando Astrid scese i gradini, immettendosi nel freddo e nel buio. Avvicinarsi a lei, entrare in contatto, significava abbattere dei muri che lui aveva faticato a costruire. Daryl aveva eretto una barriera emotiva che lasciava gli altri fuori. E quando qualcuno riusciva a sgusciarvi dentro, di solito moriva. Era successo a Beth, a Glenn, a Rick e ad altri amici a cui si era affezionato. Solo Carol era riuscita a penetrare quei muri, eppure spesso e volentieri neanche lei arrivava alla fortezza centrale. Astrid era stata come una freccia che segna il bersaglio con estrema precisione. Più la conosceva e più sentiva che quell’armatura che respingeva le emozioni iniziava a sgretolarsi.
“Aspetta!”
Astrid si fermò e si voltò, il lampione si rifletteva nei suoi occhi marroni rendendoli dorati.
“Che vuoi?”
“Io so chi sei, Astrid. Remy me lo ha fatto ricordare.”
Lei spalancò la bocca in segno di sorpresa, colta alla sprovvista da quella rivelazione.
“Tu sai chi sono?”
Daryl si morse le labbra, incerto se proseguire su quel pericoloso sentiero delle emozioni che aveva intrapreso. Però lo sgomento della donna lo incitò a parlare.
“Mi ricordo dei tuoi capelli colorati, della tua giacchetta di jeans, di come ti sei presentata. Ricordo che abbiamo giocato a freccette e che tu eri pessima.”
La gioia invase Astrid, una sensazione di calore che si espandeva in tutto il corpo. Dopo dieci anni aveva ritrovato quel paio di ali.
“La mia mira fa ancora schifo.”
“Sì, un po’.” Disse Daryl, ridendo.
“Avrei voluto dirtelo tante volte, però o venivo interrotta o avevo paura. Insomma, magari non te ne frega niente di ricordarti di me.”
“Oppure sì.”
Astrid era arrossita tanto da sentire le orecchie che bollivano. Daryl la guardava con un angolo della bocca all’insù, un sorriso insicuro ma comunque in bella mostra.
“Sono passati dieci anni, non sono più quella ragazza. Sono invecchiata, i miei capelli non sono più tinti e sono meno felice.”
“Siamo tutti invecchiati.”
“Tu sei un gran figo come al solito.” Disse Astrid con un sorriso malizioso.
Daryl fissò il bordo del marciapiede come fosse la cose più interessante che avesse mai visto. Sarebbe scappato a gambe levate pur di evitare quel complimento, invece fece spallucce e arricciò il naso.
“Non dire certe cose.”
Astrid fece un passo verso di lui, continuava a sorridere compiaciuta.
“E’ la verità. Lo era dieci anni e fa e lo è anche adesso.”
“Dieci anni fa ero uno stronzo.” Disse Daryl senza guadarla.
“Beh, sei uno stronzo anche adesso. Uno stronzo piuttosto simpatico.”
Daryl si lasciò sfuggire una risatina, non è possibile resistere per tanto tempo se qualcosa ti attrae. Quando riportò gli occhi su Astrid, pensò che fosse più bella di pochi istanti prima. Si sentiva come quando a tredici anni ti prendi una cotta per la più bella della classe e non sai come comportarti quando ti parla, finendo col fare la figura dell’idiota.
“Astrid, questa cosa fra di noi non può esistere.”
Astrid perse l’entusiasmo all’istante. Non credeva di andare a sbattere contro un rifiuto del genere. Ci aveva visto sin dall’inizio: l’arciere per lei provava una semplice amicizia.
“Capisco. Non c’è problema. Volevo solo che ti ricordassi di me.”
Daryl si maledisse da solo perché aveva davvero creduto che Astrid avrebbe insistito. Invece lei non aveva battuto ciglio, replicando con serenità. Per un breve momento aveva creduto che tra di loro ci fosse una scintilla, ma si era appena estinta. Imbecille, si disse. Doveva sempre tenere a mente che nessuna donna si sarebbe interessata a uno scarto umano come lui.
“Bene.”
“Buonanotte, Daryl.”
Una settimana dopo
Remy era immersa nel diario fino al naso. Era raro che facesse una pausa, neanche a tavola se ne liberava.
“Sento che siamo ad una svolta.”
Astrid non rispose, continuava a guardare fuori dalla finestra con espressione accigliata.
“Astrid, smettila. Non ti tormentare.”
“Daryl è un cretino. Gli avevo detto che poteva chiedermi aiuto per evacuare il Regno e lui sceglie Rosita. Ti rendi conto? Rosita!”
Daryl era rimasto ad Alexandria per discutere con il Consiglio le modalità per evacuare il Regno. Aaron si era occupato di liberare alcune case per far posto ai nuovi arrivati. Astrid avrebbe voluto parlare con Ezekiel, ma Gabriel le aveva gentilmente detto di restare chiusa in casa. Chissà quanti erano alleati di James e Caroline, forse tutti o forse nessuno. Era bene preservare Dorothy a tutti i costi.
“Rosita è più in gamba di te. E’ più veloce, è più forte in combattimento, è più …”
“Remy! Dannazione, pensi che io sia così scarsa?”
Remy lo aveva fatto di nuovo, lo faceva da una vita. Non sempre dosava le parole e spesso offendeva sua sorella senza neanche accorgersene.
“Scusami.”
“Lascia stare.”
Astrid decise di fare una passeggiata per schiarirsi le idee. Aveva bisogno di starsene da sola per placare le ansie. Si sedette su un’altalena e si diede una spinta con i piedi per oscillare. Immaginò suo padre spingerla come quando era bambina. Era una magra consolazione, ma quell’illusione la fece sorridere.
“Perché sei uscita?”
La voce dura di Daryl la fece trasalire. D’improvviso l’altalena si arrestò, le mani dell’arciere aggrappate intorno alle corde della giostra.
“Perché ne avevo voglia.”
Daryl le si parò davanti come un’ombra, vestito di nero nel grigiore della giornata.
“Gabriel ti ha detto di restare al sicuro.”
“D’accordo.”
Astrid si alzò e si incamminò verso casa, intenzionata a stravaccarsi sul divano a guardare film d’epoca.
“Astrid.”
“Devo andare.”
Lei non si voltò, imperterrita a ignorarlo. Daryl era stato chiaro che tra di loro non poteva esserci niente, quindi tanto valeva stargli lontano.
“Astrid, fermati.”
L’arciere l’affiancò e le sbarrò la strada allungando il braccio. Astrid si strinse nelle spalle e si mise le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
“Penserò io a Lydia mentre sarai via. Puoi stare tranquillo.”
“Sei arrabbiata con me?”
Era inconcepibile la stupidità di Daryl. Era talmente cieco di fronte alla verità che Astrid lo avrebbe schiaffeggiato volentieri.
“Sì! Sono infuriata con te perché non capisci!”
“Cosa?”
“Io sono interessata a te. Dieci anni fa pensavo solo di aver trascorso una serata in compagnia di un bell’uomo, ma ora che ti ho conosciuto so che sei una persona eccezionale. Hai i tuoi problemi, lo so bene, ma non ti lasci influenzare dal tuo passato.”
“Non dire altro.” La intimò Daryl.
Astrid scosse la testa, ormai non c’erano reti che potessero trattene il flusso delle parole.
“Mi piaci, Daryl Dixon. E muoio dalla voglia di baciarti da quando ti ho rivisto.”
Daryl si scostò come se si fosse scottato, lo sguardo piantato sull’asfalto. Astrid rise senza entusiasmo, stanca di nascondersi ancora.
“Mi dispiace, Daryl. Lo so che odi queste smancerie, ma non posso fingere che tu sia solo un amico. Per dieci anni sei stato nei miei pensieri, sei stato il punto fermo che mi teneva compagnia nei giorni neri. Io prometto che non ti darò nessun fastidio con le mie fantasie romantiche.”
Remy glielo ripeteva di continuo che il suo animo romantico le avrebbe procurato solo delusioni, e aveva ragione.
“Fallo.” Disse Daryl.
“Di che parli?”
“Hai detto che muori dalla voglia di …”
Le parole gli si annodarono in gola, incastrate sotto le macerie delle botte e delle cicatrici. Il solo pensiero di un bacio – un tocco dolce e caldo – gli mozzava il respiro.
“Tu vuoi che io ti baci? Daryl, non sei obbligato.”
“Fallo.”
Il cuore di Astrid voleva schizzarle fuori dal petto tanta era la felicità. Era la sua occasione. Quel paio di ali erano a pochi centimetri e basta tendere la mano per tastarne le piume. Daryl non la guardava, l’imbarazzo lo schiacciava senza dargli tregua. Astrid lentamente gli circondò il collo con le mani che tremavano. Ogni gesto era calmo e misurato per non spaventarlo. Daryl aveva conosciuto un approccio fisico violento, caratterizzato da schiaffi e pugni, da cinghiate, da sigarette spente sulla pelle. Astrid si mise sulle punte e accostò la bocca a quella dell’arciere, pochi millimetri li separavano. Voleva la certezza che lui desiderasse quel bacio quanto lei.
“Sei sicuro?”
Daryl deglutì, gli sudavano le mani per la trepidazione. In lui paura ed eccitazione si mescolavano facendogli ribollire il sangue nelle vene.
“Sì.”
Astrid sorrise e gli diede un bacio a stampo. Si tirò indietro per accertarsi che lui stesse bene, che non fosse disgustato o irritato.
“Stai be- …”
Daryl la baciò senza preavviso. Astrid accolse bene quel cambio di rotta, dunque gli concesse l’accesso alla propria bocca. Non era un bacio a stampo, questo era vero e intenso. Le mani di Daryl si fecero più audaci tanto da stringerle i fianchi per attirarla. Il bacio aumentava di intensità, era un groviglio passionale e disordinato al tempo stesso.
“Mi spiace interrompervi, ma siamo pronti.”
Aaron era dietro di loro, stava ghignando sotto i baffi. Astrid sentiva le guance avvampare e sorrise con impaccio.
“Dammi due minuti.” Disse Daryl, il fiato corto.
Rimasti da soli, Astrid si staccò e si leccò le labbra per assaporare ancora quel bacio.
“Ti reclamano. Dovreste partire, presto farà buio.”
Daryl si toccò la bocca con il dorso della mano, incredulo di averla baciata.
“Giusto. Allora ti saluto.”
Astrid ridacchiò, l’arciere era simile ad un cucciolo smarrito quando era imbarazzato.
“Daryl Dixon, sei davvero tenero.”
Astrid si tuffò fra le sue braccia e premette le labbra sulle sue di nuovo. Daryl sentì il cuore esplodere, era assurda quella sensazione di felicità che stava provando. Non si sentiva così leggero da anni.
“Ora vai, altrimenti ti tengo con me per sempre. Salutami Ezekiel, Carol e Jerry.”
“Sarà fatto.”
Camminarono insieme fino alla sala del Consiglio, poi l’arciere scambiò due parole con Gabriel e salì sulla moto.
“Oh, che dolce.” la schernì Negan.
Astrid inclinò la testa per guardarlo e sorrise, quell’uomo era davvero strano.
“Sta zitto.”
Daryl si voltò un’ultima volta prima lasciare Alexandria. Astrid agitò la mano e gli regalò un sorriso radioso, sebbene in cuor suo già sentiva la mancanza dell’arciere.
“Ti proteggo io, bambolina.” Disse Negan in tono mellifluo.
“Sei disperato, vero? Ti serve proprio un’amica.”
Negan inarcò il sopracciglio, ma quella sua recita durò poco. Astrid aveva ragione, gli serviva qualcuno con cui sopportare l’odio di Alexandria nei suoi confronti.
“Sei perspicace, bambolina.”
“Chiamami ancora così e ti pianto una daga nel cranio.” Lo minacciò Astrid.
Lui sfoggiò un sorriso carico di malizia.
“Già ti piaccio.”
“Torna a zappare, Negan. E’ quello il tuo posto.”
Astrid imboccò la via di casa, voleva stare con Clara e sbrigare qualche faccenda prima dell’ora di pranzo. Alexandria sarebbe stata casa loro per molto tempo, quindi tanto valeva renderla accogliente. A bloccarle la strada fu l’arrivo di Gabriel, la sua faccia preoccupata non era rassicurante.
“Astrid, posso parlarti in privato?”
“Dimmi.”
Gabriel si spostò lontano dalla calca, non voleva che qualcuno sentisse i loro discorsi.
“Penso sia giunto il momento di ispezionare i depositi segnati sulla mappa.”
“Sono d’accordo. Abbiamo perso fin troppo tempo.”
Il lavoro di Remy e Eugene proseguiva veloce, studiavano il diario notte e giorno e sbucavano traduzioni dappertutto. Astrid non era stata in grado di aiutare la sorella, ma adesso finalmente stava emergendo qualcosa di concreto.
“Quando il Regno sarà evacuato, decideremo come agire.”
“Va bene.”
Tre settimane dopo
Daryl se ne stava appoggiato alla moto a sistemare le frecce nella faretra. Aspettava che Carol lo raggiungesse per partire. Il Consiglio di Alexandria aveva scelto di perlustrare i luoghi cerchiati sulla mappa, quindi era stata costituita una squadra composta dall’arciere, da Carol e altri due membri ancora sconosciuti. Daryl solo due giorni prima era rientrato dopo aver evacuato il Regno e aver provveduto ad allestire spazi per ospitare Ezekiel e il suo popolo. Erano state settimane frenetiche, a stento avevano dormito e mangiato, e avevano coperto a piedi lunghe distanze.
“Siamo solo noi?”
Carol gli andò incontro, l’arco in spalla e la cintura munita di coltelli a lama sottile.
“Gabriel ha detto che siamo in quattro. Forse gli altri sono Aaron e Rosita.”
“Oppure no.” Disse l’amica ridendo.
Daryl ebbe l’impulso di scappare via quando vide Astrid camminare verso di loro con uno zaino pesante e le daghe in bella vista.
“Ehilà, amici!” salutò Astrid, il solito sorriso allegro.
Lei e Carol si abbracciarono, mentre Daryl guardava il marciapiede pur di evitare di incrociare il suo sguardo.
“Perché vieni anche tu?”
Astrid rimase colpita da quella domanda, sembrava proprio che l’arciere fosse infastidito dalla sua presenza.
“Perché conosco Dorothy meglio di voi. Tramite la radio saremo sempre in contatto con Eugene e Remy in modo da avere tutto l’aiuto possibile.”
Carol captò la tensione, era come una scintilla che crepitava in attesa di esplodere.
“Io vado a fare gli ultimi saluti.”
Daryl maledisse l’amica per averlo lasciato da solo con Astrid, non era in grado di sopportare quella situazione da solo.
“Daryl, c’è qualche problema?”
“No.”
Astrid mise lo zaino a terra, era troppo pesante da reggere, e si dondolò sui talloni.
“Io credevo che dopo quel bacio ci fosse qualcosa fra di noi.”
“Ed è proprio per questo che non dovresti venire. E’ troppo rischioso.” Disse Daryl.
“Tu rischi molto di più se io non vengo. Ascolta, io posso dare una mano perché è da anni che lavoro su quel cavolo di diario. Lo sai che non mi serve il cavaliere dall’armatura scintillante.”
Daryl sbuffò, non gli piaceva l’idea che una persona poco addestrata andasse in missione. Soprattutto, e doveva ammetterlo, detestava l’idea che Astrid potesse restare ferita o uccisa durante uno scontro.
“Come ti pare.”
“Per favore, Daryl, non fare così. Non voglio affrontare un viaggio con te che mi tieni il muso.”
Astrid lo abbracciò e, sebbene lui si fosse irrigidito, rafforzò la presa. Qualche istante dopo l’arciere si rilassò, ma non osò toccarla per quella dannata paura che lo perseguitava. Suo padre gli diceva che rovinava tutto ciò che toccava, pertanto non voleva rovinare anche Astrid.
“Niente muso, promesso.”
“Oh, ma che gentile concessione!” scherzò Astrid.
Daryl non riuscì a trattenersi e ridacchiò, era sorprendente il modo in cui lei lo sapeva coinvolgere.
“Carol sta tornando.”
Astrid si scostò e riprese il suo zaino, fingendo che fosse tutto nella norma. Non voleva che qualcuno sapesse di lei e Daryl, anche perché non sapeva neanche cosa ci fosse effettivamente fra di loro.
“Ci siamo?” domandò Carol.
“Adesso sì!” esclamò Astrid, indicando una persona dietro di lei.
Negan camminava a passo baldanzoso come di consueto, indossava la sua giacca di pelle e il foulard rosso stracciato in qualche punto.
“E quello che ci fa qui?” ringhiò Daryl.
“L’ho scelto io. Negan è sacrificabile, capirete bene la mia scelta.” Disse Astrid.
Carol rise, quella scelta era davvero geniale. In fondo a nessuno sarebbe mancato Negan se gli fosse capitato qualcosa.
“Si parte, ciurma?” disse Negan, compiaciuto.
Daryl lo fulminò con lo sguardo, avrebbe voluto levargli il sorriso dalla faccia a suon di pugni.
“Coglione.”
Astrid emise un sospiro, i rapporti erano già incrinati e nemmeno avevano lasciato Alexandria.
“Faremo così: Daryl e Carol andranno in moto, io e Negan andremo in macchina.”
Daryl toccò il braccio di Astrid per costringerla a guardarlo, e lei gli regalò un piccolo sorriso incoraggiante.
“Sul serio vuoi andare in macchina con quello stronzo?”
“Perché Negan non arriverebbe a destinazione se andasse in macchina con te o Carol. Ci penso io a lui.”
“La tua fidanzatina mi darà le sculacciate se farò il cattivo ragazzo!” disse Negan.
“Fidanzatina?” fece Carol.
“Li ho visti slinguazzarsi poche settimane fa.”
Astrid si sentì avvampare per la vergogna di essere stata beccata come una adolescente.
“Io direi che ora possiamo partire, prima che ci pentiamo di essere nati.”
“Sì, andiamo.” Aggiunse Daryl, imbarazzato.
Pochi minuti dopo varcarono i cancelli di Alexandria con destinazione Atlanta.
Forse erano vicini alla cura più di quanto credevano.
Atlanta, nello stesso momento
Iris non ce la faceva più a correre, non quando la sua gamba continuava a sanguinare. Si era fasciata alla bell’e meglio ma occorreva una medicazione adatta.
“Forza, Iris! Non abbiamo tempo!”
Logan la trascinava a fatica lungo i condotti fognari della città, l’unica via sicura per la fuga. I loro inseguitori presto gli avrebbero raggiunti, dunque era necessario accelerare il passo. Iris si piegò in due per una fitta di dolore, il ginocchio cedeva sotto il suo peso.
“Non ce la faccio. Non posso continuare.”
Logan si fermò un momento per farla riposare, guardandosi intorno con attenzione mista a paura.
“Lo so che è dura, che stai soffrendo, ma dobbiamo andarcene. Dobbiamo tornare alla Guardia da Remy e Astrid. Pensa a tua moglie, non ti piacerebbe rivederla?”
Iris si toccò la fede nuziale, l’unico ricordo materiale di Remy, e sospirò. Doveva tornare da lei a tutti costi.
“Posso farcela.”
Logan allora si caricò Iris sulla schiena e si mise a correre, per quanto gli era concesso, verso l’uscita delle fogne. L’unico obiettivo era la Guardia.
Salve a tutti! 🥰 ❤
Eccoci alla fine di questa prima parte.
Astrid e Daryl iniziano più o meno ad avvicinarsi (piccola vittoria!).
Ma Logan e Iris che sono ancora vivi? Tadaaaan!
Come andrà a finire? Lo saprete nel prossimo ‘libro’ ;)
Spero che la storia vi sia piaciuta.
Spero soprattutto che i personaggi – nella fattispecie Daryl – siano simili alla serie e di non essermi allontanata molto.
Fatemi sapere cosa se ne pensate.
Grazie di cuore per aver letto e seguito la storia.
Alla prossima, un bacio.
STAI LEGGENDO
Parabellum || Daryl Dixon
FanfictionLa scomparsa di Rick ha cambiato gli equilibri del gruppo. Intanto che i leader di ogni insediamento cercano di sopravvivere, al Regno giunge una notizia che mette Ezekiel in allerta: alcuni Salvatori ribelli si stanno muovendo verso Cowart Lake. La...