"Salvatore Ricci" dice l'uomo,guardandomi cagnesco.
"Cosa vuole da me?" gli chiedo deglutendo.
"Vieni con me" dice trascinandomi verso un'auto nera.
"No,mi lasci!" gli urlo contro,ma lui non mi da retta,anzi,apre velocemente lo sportello dell'auto e mi lancia dentro con violenza,chiudendo poi la macchina a chiave dopo essere entrato.
"Perché non mi lascia in pace?!" urlo con le lacrime agli occhi,mentre lui guida velocemente verso una meta a me sconosciuta.
Lui non mi risponde e si affretta a parcheggiare in una strada isolata,con una grande villa.
Esce velocemente dalla macchina e va verso il mio sportello.
Non perde tempo e mi prende dal braccio,scaraventandomi fuori dall'auto per condurmi dentro la grande villa.
Entriamo in casa ed io rimango sbalordita dall'esagerato lusso dell'arredamento.
"Perché mi ha portata qui?" chiedo spaventata.
"È casa mia,non ti piace?" chiede indicando la casa.
"Cosa ci faccio io in casa sua?" mi allontano quando lascia la presa dal mio braccio.
"Ci terrei a precisare,non in casa mia,ma nella mia cantina" dice lui.
"Cosa?" chiedo non capendo e lui in tutta risposta,mi prende di forza e mi porta verso uno stanzino buio,scaraventandomi dentro,per poi chiudere la porta alle mie spalle.
"Mi faccia uscire di qui!" urlo sbattendo i pugni sulla porta,sperando mi ascolti.
"Aiuto,aiutatemi vi prego!" urlo sperando che qualcuno potesse sentirmi,ma dubito.
Dopo svariati minuti mi arrendo e mi siedo in un angolo dello stanzino a terra.
Spero mi faccia andare via di qui presto,mia mamma si preoccuperà tantissimo.Vorrei solo capire cosa ho fatto di male per meritare tutto questo.
Sono solo una povera ragazza umile,che non ha mai fatto del male a nessuno.La mia testa però,a volte,riesce a ragionare e mi ricordo di avere il cellulare in tasca.
Con un gesto fulmineo lo estraggo,attivando la torcia,per puntarla nello stanzino e trovare qualche via d'uscita,ma niente,ci sono solo le mura qui dentro ed una piccola finestra altissima.Prendo velocemente la rubrica del cellulare e chiamo Edoardo,sperando che mi risponda subito.
Il cellulare squilla per circa dieci secondi,ma poi si scarica del tutto ed io impreco,perdendo ogni speranza.
Sono chiusa qui da troppo tempo,credo sia notte e sto morendo dal sonno,ma non dormirò,ho paura di questo posto.
L'unico rumore che si sente qui dentro,è il mio stomaco che brontola dalla fame,non ho nemmeno cenato.
Mi alzo esausta dal pavimento e vado avanti a quella grande porta.
Busso a non finire,sperando che qualcuno mi apra.
Ho visto qualche cameriera quando siamo entrati in casa,spero almeno che qualcuna abbia la civiltà di liberarmi,se mi sentono."Aprite,vi prego" dico con le lacrime agli occhi.
In meno di dieci minuti,la porta si apre violentemente rivelando la figura del signor Ricci,con uno sguardo più incazzato che mai e questo,mi mette paura.
"Ti sembra il modo di fare tutto questo casino alla due del mattino?!" mi urla contro avanzando verso di me.
"Scusi se ho perso la cognizione del tempo e qui dentro manca ossigeno!" prendo tutto il coraggio che ho dentro e gli rispondo sarcasticamente,sperando di farlo ragionare.
"Tu meriti di marcire qui" dice indicando la cantina dove mi ha chiusa.
"Ma non ho mai fatto nulla di male!" non capisco tutta questa rabbia nei miei confronti.
Senza dire una parola,mi tira dal braccio,trascinandomi nel salone all'ingresso e con un gesto fulmineo,mi lancia sul divano.
Mi metto seduta e lui mi affianca,poggiando i gomiti sulle ginocchia.
Il suo sguardo mette paura,il suo aspetto,mette paura.
È alto e ben impostato,il suo viso è coperto da una leggera barba ed è pelato.Ma non è tutto ciò a fare paura,bensì il suo sguardo.
Sembra che non abbia emozioni,come se non sapesse provare pietà o compassione,visto che mi ha chiusa dentro quello stanzino per ore e ore senza cibo."Vuoi sapere perché ti ho rinchiusa?" dice ringhiando ed io annuisco impaurita.
"Perché devi soffrire,come ha sofferto mia moglie!" mi urla contro.
"Senta,mi-,mi dispiace perché ciò che è successo a sua moglie,ma io non c'entro nulla" nemmeno la conosco questa famiglia,perché proprio io?.
"Tu no,ma tuo padre sì. Quello stronzo l'ha ammazzata con una coltellata sul cuore perché non ho fatto in tempo a pagargli la droga. Mi è morta fra le braccia e soffriva da morire" mi racconta questa vicenda con uno sguardo perso nel vuoto,uno sguardo freddo e cupo.
"Mi dispiace tanto. Io non sono come lui" dico con le lacrime agli occhi,scuotendo la testa non credendo alle mie orecchie.
"Non sei come lui,ma porti il suo cognome.
Ed io ho promesso a me stesso che avrei ammazzato tutti i Jones,uno ad uno" dice guardandomi male,mentre una lacrima riga il mio volto."Neanche mia moglie c'entrava nulla con tutto quello che facevamo io e tuo papà,ma ha pagato lei al mio posto e adesso,pagherai tu" continua.
Avrei preferito non sapere tutta questa storia.
Sto morendo dalla paura e se proprio deve farmi fuori,spero lo faccia ora,così non starò col cuore in gola per tutto il tempo."Ma quindi,Ciro non c'entra nulla con questa storia" dico.
Pensavo che Salvatore Ricci,minacciasse mia madre per il conflitto che si era creato tra me e suo figlio.
"Qualunque cosa sia successa con mio figlio in carcere,non mi riguarda. Lui sa gestirsi le cose da solo e se non ti ha dato la punizione che ti spettava,lo farà quando uscirà"dice alzandosi dal divano.
"Se non mi uccide prima lei" dico con voce bassa,sperando che non mi senta.
"Forse non hai capito,tu soffrirai e poi morirai.
Non è ancora la tua ora" dice prendendomi nuovamente dal braccio,per poi strattonarmi dentro quella minuscola cantina dove non passa uno spiffero di ossigeno."Almeno mi faccia chiamare mia madre,per dirle che sto bene" dico prima che chiude la porta,ma come immaginavo,non mi da retta e sbatte la porta con tutta la violenza che ha in corpo.
Le lacrime rigano il mio volto in continuazione,fino alla settimana successiva.
Don Salvatore,ha avuto la decenza di portarmi pane e acqua a pranzo e cena e grazie ai pasti,sono riuscita a contate i giorni.Sono chiusa qui dentro da una settimana e le uniche volte in cui prendo ossigeno,è quando apre la cantina per portarmi il cibo.
Mi sento mancare l'aria qua dentro,ma questa credo sia una delle minori sofferenze che subirò.
Mia mamma sarà preoccupatissima,tanto quanto Edoardo.
So che mi avrà fatto sicuramente mille chiamate,ma purtroppo il mio telefono si è scaricato quando ne avevo il massimo del bisogno.
Forse è destino.Sento la porta aprirsi di scatto,rivelando la figura di Don Salvatore.
Senza avvicinarsi a me,lascia il vassoio col cibo a terra.
"Quando mi farà uscire di qui?" dico con voce stanca e lui mi guarda schifato.
Avrò un aspetto orribile.
Non dormo da troppo tempo e avrò le occhiaie fino alle guance."Uscirai di qui,quando sarai morta".