Capitolo 33

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La domenica era passata in silenzio. Mina sapeva di dover parlare ancora con troppe persone, ma aveva deciso di prendersi un giorno, provando soltanto a contattare Micol che non le aveva mai risposto. Non era nemmeno uscita dalla stanza, consapevole che nessuno si sarebbe preoccupato. Qualcuno, a pranzo e a cena, le aveva lasciato un vassoio davanti la porta con del cibo. Rosy, sicuramente, perché era talmente ricco che non poteva averlo fatto Eva. Non aveva mangiato nulla, comunque. Aveva dato qualcosa ad Arya e aveva lasciato il resto dove lo aveva trovato.

Non aveva visto il padre fino a quel lunedì mattina quando, dopo la consueta lezione di danza classica a cui aveva partecipato come sempre controvoglia, raggiunse il salone per la colazione. Bevve un caffè al volo nel silenzio assoluto. Carlos non la degnò di uno sguardo e lei non provò nemmeno a scusarsi di nuovo. La aspettava il confronto con Micol, che per tutto il giorno precedente l'aveva ignorata, e non volle farsi condizionare dal malumore paterno. Lo vide uscire in tutta fretta con ancora mezzo toast in mano e buttò un occhio su Eva che alzò le spalle interdetta. L'uomo era uscito salutando solo John, che poco capiva dell'aria tesa che circolava in casa.

Finito il caffè, anche Mina uscì correndo. Voleva arrivare presto a scuola, per evitare che qualche campanella interrompesse il discorso che aveva in mente per Micol. Appena parcheggiata l'auto, vide l'amica poggiata al primo albero del cortile intenta a leggere qualche volume scolastico, probabilmente algebra, da sempre la sua bestia nera. Si avvicinò cauta, prendendola alla sprovvista. Le toccò leggermente una spalla, facendola trasalire. Non appena Micol si accorse di chi aveva davanti cambiò espressione.

«Ho da fare» disse subito, provando a divincolarsi. Mina riuscì a stringerle un polso, facendola fermare. Le due si guardarono per qualche secondo, prima che la bionda sospirò indispettita, incrociando le braccia al petto e scrollando le spalle.

«Non volevo, fammi spiegare.» Micol annuì e Mina continuò, raccontando dettagliatamente tutta la vicenda. Partì da quel primo giorno con la Burke, le parlò della cena, di come si sentisse messa da parte e della paura di non eccellere. Raccontò tutto, colpevolizzandosi dopo ogni frase. Sapeva di aver sbagliato, di non avere alcuna giustificazione ma sperava che, parlando con Micol apertamente e senza alcun sotterfugio, l'amica di una vita l'avrebbe compresa e perdonata. Non cercava giustificazioni, voleva soltanto essere perdonata dall'unica che le era sempre stata accanto. Tuttavia, l'espressione gelida e distante di Micol a fine discorso gettò Mina nello sconforto più totale.

«Ti ho perdonata così tante volte» sussurrò, così piano che forse lo stava dicendo più a se stessa che a Mina. Respirò, poi, profondamente, chiudendo un attimo gli occhi, prima di riaprirli e puntarli su quell'amica che, per la prima volta, non riconosceva. «Davvero» continuò, un tono di voce leggermente più alto. «Te le ho fatte passare tutte. I giochetti, il bullismo, le meschinità. Tutto. Ma questa? Come pretendi che io ci passi sopra? È un'insegnante! Lo capisci? Capisci che il mondo non ruota intorno a te? Sei schiava di questo personaggio, pensi di essere la regina, ma non sei la regina di niente. Sei solo un'insicura cronica intrappolata in questo mondo di apparenze e superficialità. Vuoi tutto, ma non fai nulla per ottenerlo, perché pensi ti sia tutto dovuto, perché hai sempre avuto tutto a portata di mano. Non hai più cinque anni, non si tratta più di litigi per la bambola più bella. Rischi di far licenziare una persona, di rovinarle la vita. Ci hai pensato? Hai pensato a come sarebbe andata? No, ovviamente. Perché pensi sempre e solo a te stessa. Sei egoista, e io ti ho perdonata davvero troppe volte!» Quelle parole, mai urlate, colpirono Mina come tanti proiettili. Pensava che Micol l'avrebbe compresa, che per l'ennesima volta sarebbe stata dalla sua parte. E invece, non c'era più nemmeno lei. Sentì gli occhi pizzicarle, mentre la vista si offuscava velocemente, dietro quel fastidioso mantello bagnato che erano le sue lacrime. Lacrime che pensava di non avere nemmeno più, talmente tante ne aveva versate nelle ventiquattro ore precedenti. Vide Micol voltarsi e capì che non voleva più ascoltarla, che a nulla sarebbero servite altre parole. Che stava finendo quell'amicizia da entrambe considerata, fino a quel momento, indistruttibile. Capì che era rimasta sola, che nessuno l'avrebbe sorretta. Capì che Andrew, Wilma, Nicole e gli altri erano la sua unica speranza, proprio come le aveva predetto Eva qualche sera prima.

Respirò a fondo, ringraziando il cielo per non essersi truccata, quella mattina. Non avrebbe sopportato altro trucco colato. Respirò. E respirò. Provò a ricomporsi, a darsi un tono, quel tono che nelle ultime settimane aveva abbandonato. Gonfiò il petto in fuori, drizzò le spalle e la schiena. E tornò a camminare fiera. Era Mina Ramon, e tutti dovevano ricordarlo. Non era lei a dover camminare con lo sguardo basso.

Avanzando verso l'entrata del Moonlight High School, sentì tutti gli occhi addosso. Finse di ignorarli, nonostante l'impulso fu quello di scappare. Le parole di Eva iniziarono a rimbombarle in testa. Lei era Mina Ramon. Mina Ramon. Mina Ramon.

Non sarebbe scappata.

Notò il padre uscire dall'edificio, teso e distratto come al solito. Perché era lì? Provò a raggiungerlo ma quando lui la vide cambiò strada velocemente. Pensò che ci avrebbe riprovato più tardi, e il giorno dopo, e quello dopo ancora. In un modo o nell'altro ce l'avrebbe fatta, a farsi perdonare. Seguendo con gli occhi il trotterellare svelto di Carlos, si accorse di Wilma e Nicole ferme sulla panchina appena fuori la porta d'ingresso. Le raggiunse in fretta, salutandole con quel suo fare annoiato e supponente. Quello che nell'ultimo periodo aveva un po' perso, e che era tornato come un parente fastidioso e invadente.

«Buongiorno raggio di sole» squittì Wilma. Mina la guardò male, ma evitò di rispondere. Finse di aver superato quello che era successo, tenendo per sé ogni rimprovero. Parlarne in quel momento sarebbe stato controproducente, avrebbe soltanto messo Wilma sulla difensiva. Mina voleva vendicarsi, ma il piano era da studiare bene.

«Come stai?» intervenne Nicole, sinceramente preoccupata. Mina alzò le spalle, rimandando indietro l'ennesima lacrima. Non avrebbe mostrato a Wilma quella fragilità. Non le avrebbe dato l'ennesima soddisfazione. «Ho visto Colin» aggiunse Nicole, facendo ridacchiare Wilma.

«Quel perdente» commentò la riccia. Mina e Nicole la guardarono male in coro. La sorella provò anche ad ammonirla, ma la mora la fermò.

«Ha ragione» disse, un colpetto di tosse per mascherare quella bugia. «È un perdente, e io ho finito il progetto di letteratura. Quindi, eccomi qui, di nuovo tra voi a tempo pieno». Provò a sorridere, nascondendo il suo reale stato d'animo. Stava male. Malissimo. Ma Eva aveva ragione, e lei doveva ascoltarla. «Sapete come mai era qui mio padre?» Cambiò discorso senza però soffermarsi sulla lite furiosa avuta con Carlos. Le due sorelle annuirono in coro ma, come sempre, fu Wilma a parlare, prendendo il sopravvento sull'altra.

«Per beneficenza, come al solito» esclamò, ovvia. «È venuto per non far licenziare quella pezzente e, a quanto pare, ci è riuscito. Quindi mi dispiace, Min, ma avrai grossi problemi quest'anno» Wilma lo disse fiera, senza nascondere il godimento che tutta quella situazione le stava provocando ormai da sabato. Mina annuì. Non voleva darlo a vedere, ma sentì un sollievo rilassante invaderla e tornò a respirare. Il senso di colpa per aver rischiato di rovinare la carriera e la vita di Alexandra non l'aveva fatta dormire per due notti e ora sapere che la donna non aveva perso il lavoro le risollevò un po' il morale. Wilma la guardò in cagnesco, alla disperata ricerca di ogni sua emozione. Mina si ricompose, non dando alla ragazza altro su cui fantasticare. Non avrebbe mostrato sollievo, non avrebbe mostrato felicità.

«È così sentimentale, mio padre», si limitò a rispondere fingendo, ancora. Nicole la guardò, sospettosa e preoccupata. Mina distolse lo sguardo, non poteva fingere con Nicole. Vide in Andrew, che stava arrivando, la sua ancora di salvezza. Salutò le sorelle Smith e corse verso il ragazzo, nascosta dietro un'ostentata eccitazione. Le mani del ragazzo ancora la infastidivano, ma disse a se stessa che avrebbe dovuto sopportarle. Almeno fino al diploma. 

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