𝐵𝐸𝑁𝑉𝐸𝑁𝑈𝑇𝐴 𝐴 𝐶𝐴𝑆𝐴 𝑃𝑅𝐼𝑀𝐴 𝑃𝐴𝑅𝑇𝐸

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Sentiva il freddo del suolo su cui giaceva, delle gocce gelide che le scorrevano lungo il viso, era distesa in una piccola pozza di acqua stagnante. Aprì lentamente gli occhi e si passò la mano dietro la nuca alla ricerca di una ferita o di un bernoccolo ma stranamente non sentiva nulla, fu solo travolta da un mal di testa infernale. Con le poce forze che le erano rimaste si fece forza ad alzarsi e incominciò a seguire l'unico spiraglio di luce che cercava di infilarsi in quel spazio angusto.

Arrivata difronte alla luce, alzò lo sguardo e vide delle scale saldate al muro così decise di salire, arrivata alla fine, fece pressione sulla botola e la luce accecante del sole pomeridiano le fuse gli occhi, e uscì dal tombino. Si guardò intorno ancora stordita dagli scorsi avvenimenti, cercava di capire dove diamine si trovasse, ma nel guardarsi in torno si accorse di essere in mezzo alla strada e che stava per essere investita quando i sui sensi, ormai sviluppati, la fecero rotolare atterra e farla arrivare vicino al marciapiede, si sentì come se fosse stata una marionetta, come se ci fosse stato qualcuno a spingerla ma si rese conto che era stata lei, così si rimise in piedi ancora sbalordita e si guardò dinuovo in giro.

Con i vestiti fracidi si aggirava per una città che non riconosceva minimamente solo quando vide una fermata dell autobus e si mise a leggere la cartina che si trovava linciata sul vetro, ma nel metre un anziana signora commentò il suo aspetto "Ah questi giovani, tutta colpa della droga!" disse l'anziana, Alethea si giro ed evito di rispondere e gli fece un sorriso sforzato. Rimase con il fiato sospeso per un pó e si accorse che si trovava dall'altra parte di New York così con le poche forze che aveva e i piedi nudi si incamminò verso la via del ritorno. Cercava di analizzare ogni cosa, ogni odore dolce o nauseabondo che la fece sentire felice, ovvero che fosse ancora in vita. Mentre era concertata nei suoi pensieri non si accorse che era arrivata a casa, il suo sesto senso gli stava lanciando non dei segnali ma delle insegne stradali per fargli capire che era una cattiva idea ritornare a casa, infatti iniziò a sentirsi osservata ma lei non gli diede peso, pensò che fosse dato dal fatto che era a piedi nudi e i suoi vestiti, quel poco che ne era rimasto, erano a brandelli, pensò che fosse normale avere gli sguardi schifati dei passanti. Ma era distrutta aveva bisogno di levarsi quella sensazione di viscido che la ricopriva e bersi una sana e buona birra fredda, o come diceva ogni volta Alethea "una birra rigenerante".

Salite le solite infernali otto rampre di scale che faceva ogni santo giorno, si rese conto che non aveva neanche il fiatone come spesso succedeva dato lo sforzo. Arrivata sul pianerottolo, incontró la sua vicina di casa Zelia James, o almeno da quello che ricordava: era alta e magra, aveva la pelle liscia e mulatta, il suo viso era circondato da piccole treccine. Alethea la trovava molto attraente, si scambiarono dei sorrisi e Zelia abbandonò il pianerottolo, scalciò lo zerbino per raccogliere la chiave ed aprì la porta. Le sembrava un eternità che non vedeva il solito caos che regnava sovrano in quella casa, le sembrò accogliente in quel momento. Chiuse ogni serratura della porta, per sicurezza, e si dirise verso il bagno ed iniziò ad riempire la vasca. Ritornata nella sala-cucina si avviò verso il frigorifero dove prese la sua migliore amica, una sana birra ghiacciata, quasi si commosse nel vederla, la strappò e si immerse nella vasca.

Finita la sua amata amica andò sotto con la testa nel vano tentativo che l'acqua gli lavasse pure i cattivi pensieri. Chiuse gli occhi e un flashback la portò in un suo ricordo che non pensava nemmeno di avere: era a casa sua, precisamente nel salotto che giocava con un piccolo razzo con sopra lo stemma della NASA e Mr Charlie, quando il telefono squilló, lei corse nella direzione del telefono, sollevò la cornetta e rispose "Pronto? Chi parla?" disse con voce timida, "Ciao Alethea, sono un caro amico di tuo padre lui è lì con te?" disse la voce dall'altra parte del telefono "Si ora lo avviso" Alethea appoggio il telefono e corse nell "ufficio" di suo padre. "Papà c'è un signore al telefono che dice di essere un tuo caro amico e vuole parlare con te" il padre alzò lo sguardo verso la bambina e chiuse di scatto una cartelletta e si avviò verso la sala e senza degnare una parola alla figlia si avvicinò al telefono. Alethea incuriosita dal modo in cui aveva chiuso la cartelletta si avvicinò alla scrivania e sbirciò nelle cose del padre: c'erano molti fogli con date e numeri incomprensibili, disegni sulla anatomia del corpo umano un pó diversi da quelli dei libri di scienze che aveva letto Alethea, ed infine delle foto precisamente delle polaroid. Erano un pó ingiallite ma si riusciva a vedere pienamente cosa ci fosse ritratto, uomini e donne legati come agnelli da macello, i loro volti logorati dalla stanchezza e da una scarsa nutrizione, la pelle olivastra segnata da tagli e lividi da combattimento. Da i loro sguardi si capiva che imploravano pietà.

Alethea perse dei battiti, era disgustata ed inorridita voleva fare qualcosa per aiutarli, era così concentrata ad osservare quelle atrocità che non si accorse che suo padre era rientrato nell ufficio. Si avventó sulla bambina come un arpia e gli afferrò il polso e la portò fuori dalla stanza, in pochi secondi la madre si fiondò verso suo marito con le lacrime che gli rigavano il volto, "Tesoro non dinuovo, è solo una bambina non ha fatto nulla di male", lo supplicó ma lui aveva il diavolo in corpo e con una voce fredda senza emozioni gli rispose "Questa bambina è troppo curiosa, ci porterà alla morte" mentre diceva queste frasi appoggiò la mano libera sulle guance rigate dalle lacrime della moglie, "lo faccio per il nostro bene." concluse stritolando ancora di più il polso della bambina che non riusciva a capirci nulla di quello che stavano dicendo i genitori.

ALETHEA // IN PAUSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora