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Disclaimer

I personaggi non sono miei, sono completamente di proprietà della BBC.

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Due settimane. Erano passate due settimane da quando erano tornati a Londra e Rose era ancora chiusa in casa sua dove i primi giorni aveva pianto, aveva urlato, lo aveva maledetto.

Lo aveva maledetto in tutte le lingue che conosceva perché l'aveva abbandonata, lo aveva maledetto con tutta sé stessa, fino a che non si era addormentata, sfinita, sul pavimento, come ogni giorno, con la testa appoggiata alla porta.

Durante la prima giornata, dopo che erano tornati a Londra, il tappo che sigillava tutta la tempesta che aveva dentro si era aperto, lasciando che tutto fluisse fuori.

La disperazione l'aveva travolta e poi era arrivata la rabbia, quella rabbia distruttiva, quella rabbia accecante che ti fa impazzire, che ti fa diventare un uragano.

La maggior parte dei soprammobili che riempivano quel suo appartamento, non troppo distante dalla sua casa di prima, erano finiti per terra, uno dietro l'altro, come se in un certo modo distruggere i ricordi che la legavano a lui potessero farglielo dimenticare.

L'aveva lasciata.

Quel pensiero era un punto fisso nella testa, quel pensiero le faceva così male. E non c'era un posto di Londra dove non fossero stati insieme, dove poter scappare, per la verità non c'era un posto esistente sulla Terra dove non fossero stati insieme, in pratica qualunque posto in quel mondo le faceva ricordare cosa aveva perso. Non voleva uscire per questo. Non voleva vedere nemmeno lui, il ricordo vivente che il vero lui non era lì con lei. Dio! Quanto lo odiava per questo.


Quando era ripartito col suo TARDIS c'era l'altro a stringerle la mano, erano rimasti minuti in quel modo a fissarsi negli occhi, poi era corsa via.

Il viaggio di ritorno a casa era stato la cosa più straziante per lei, avercelo seduto accanto a lei, ma non avercelo veramente vicino. Le aveva ricordato quella volta, quando aveva 7 anni, che aveva perso la sua bambola preferita, sua madre gliene aveva regalata una identica, era identica, era la stessa bambola, ma non era quella che aveva perso lei. Per quanto fosse stupido paragonarlo ad una bambola il paragone era azzeccato, era identico a lui, ma non era il suo lui.

Non poteva esserlo. Fosse o non fosse lui, si rifiutava di pensarlo, si rifiutava categoricamente di pensare che potesse esserlo. Non riusciva a guardarlo, non riusciva nemmeno a nominarlo. Era una ferita aperta che sanguinava ma continuava a pensarlo. Era troppo da sopportare e si era barricata in casa.

Aveva provato ad uscire di casa, aveva provato ad andare a fare la spesa, ma messo un piede fuori dalla porta aveva visto il punto in cui era atterrato il TARDIS la prima volta in cui ci era entrata per rimanerci, quando lui le aveva detto:

-Approposito, te l'ho detto che questa cabina viaggia anche nel tempo?

E non ce l'aveva fatta, aveva rincominciato a piangere facendo dietrofront.

Sua madre era passata più di una volta a trovarla ma Rose non le aveva mai aperto. L'unico con cui scambiava qualche parola era suo padre, anche se in realtà era suo padre dell'universo parallelo, ma poco importava, era sempre e comunque suo padre.

Durante quelle due settimane tremende le era rimasto accanto e l'aveva consolata, poi, un giorno, era entrato in casa sua e l'aveva trascinata fuori a fare la spesa e aveva sorriso quando erano passati accanto all'edicola dietro l'angolo.

Era stato il suo primo, genuino, sorriso da quando era tornata in quell'universo. Era un sorriso strano, di quelli maliconici misti ai ricordi felici e quei sorrisi sporadici erano diventati la sua cura. Più sorrideva più sentiva che stava riuscendo a superare quelle settimane buie.

Dopo le passeggiate con suo padre era passata al passo successivo, incontrarlo.

Cosa più facile a dirsi che a farsi. In un primo momento, appena l'aveva riconosciuto, aveva sentito l'istinto di correre ad abbracciarlo, ma si era trattenuta perché sarebbe stato troppo in una sola volta e sentiva che i punti dati a quel profondo taglio nel cuore sarebbero potuti saltare.

Lo aveva ignorato.

La seconda volta che lo rivide gli fece un cenno di saluto, la volta dopo si fermò a scambiarci due parole sul tempo, la volta dopo ancora ci fece un pezzo di strada verso casa sua, sentiva che quel taglio nel cuore si stava cicatrizzando gradualmente.

Poi successe una cosa singolare: lui decise di rincominciare tutto d'accapo, come se non si fossero mai conosciuti.

Era bello avere una persona nuova da conoscere, anche se forse la conosci meglio te di chiunque altro.

Una cosa molto buffa, ma anche molto da lui, voler rincominciare, molto da Dottore.

Una cosa molto buffa, ma anche molto da lui, voler rincominciare, molto da Dottore

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Spazio autrice

Salve gente, sono l'autrice di questa FF sul dottore, lo so che il capitolo è corto, ma avevo esaurito le idee. Tornerò (forse no) con un altro capitolo, sempre che vi piaccia. Vi devo avvertire, miei 2 lettori contati, che scrivo per diletto un giorno sì e venti no, perciò aggiornerò molto poco spesso. Detto questo vi saluto.

Stay Alive Friends,

Cricca

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 03, 2022 ⏰

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Tra le tue braccia mi sento come nel TARDISDove le storie prendono vita. Scoprilo ora