Capitolo 17.2: Giocare con il fuoco

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Cammino verso il capanno e spero con tutto me stesso che la mia trappola tesa ad Ygit, abbia funzionato

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Cammino verso il capanno e spero con tutto me stesso che la mia trappola tesa ad Ygit, abbia funzionato. Devo smascherarlo. Devo dimostrare a Sanem che non sono stato io a bruciare quel taccuino e che Ygit non è la persona che vuole far credere. Arrivato al capanno, vedo Emre nascosto dietro un cespuglio. «Di che cosa si tratta?» chiedo a mio fratello facendomi sentire. Lui girandosi verso di me, mi dice di fare piano e di avvicinarmi. Cammino verso di lui silenziosamente ed ecco che lo vedo: Ygit sta provando ad entrare nel capanno per poter prendere l'hard disk. Lo sapevo. Ho sempre saputo che era stato lui a bruciare quel taccuino così importante per Sanem. «Ygit l'ha fatto, guarda! Ha continuato a girare intorno al capanno» mi dice Emre tenendomi una mano sulla spalla. Devo andare da lui, devo dirgli che è un verme, che è un vile e che il mio sesto senso non ha mai sbagliato. Sono accecato dalla rabbia. Deve pagarla cara. Continuo a guardarlo mentre prova a forzare la porta del capanno e vorrei solo correre da lui e sferrargli un pugno in pieno viso. No! Non sei più il vecchio Can! 

Mi libero dalla presa di Emre, continuando a tenere d'occhio Ygit. «Non può farcela ad entrate, ho messo dei lucchetti molto solidi» spiego mentre mio fratello mette nuovamente la sua mano sulla mia spalla, cercando di infondermi tranquillità. Anche lui tiene gli occhi puntati sul capanno. «Hai ragione. Ygit ha bruciato il taccuino di Sanem» dice. Sento la rabbia accrescere in me, come forti ondate. Brucio dalla rabbia che provo in questo momento, quasi tremo. Cerco di mantenere la calma, di respirare a fondo, ma non riesco a togliermi dagli occhi l'immagine del taccuino di Sanem, bruciato per colpa sua. Resto qui, fermo e immobile ad osservare le mosse di Ygit e, all'improvviso, sento un cellulare squillare. Emre lo estrae dalla tasca: è Leyla. Continuo a guardare Ygit con gli occhi pieni di rabbia mentre ascolto Emre parlare di mia madre. A me non interessa. Non ho occhi per nessuno in questo momento, se non per Ygit. La mia priorità ora è dimostrare a Sanem che razza di persona sia. «È arrivata la mamma. È alla porta di Mihriban! Andiamo!» mi dice Emre, cercando di trascinarmi via. Lo fermo e torno indietro seccato. Cosa vuoi che me ne importi Emre! Ho incastrato Ygit!. «Ma quale mamma!?» gli dico, liberandomi dalla sua presa. Emre mi prende di nuovo il braccio e prova a fermarmi. «Fratello, vieni qui, che cosa stai facendo!? Vuoi passare dalla ragione al torto?» mi dice guardandomi negli occhi. Ricambio il suo sguardo e in cuor mio so che ha ragione, ma adesso, dopo aver avuto la conferma dei miei pensieri più tormentati, non riesco a ragionare. Così resto fermo. «Vuoi picchiarlo!? Andiamo. Poi risolveremo questa cosa. Dai.» aggiunge, cercando di convincermi ad allontanarmi. Guardo ancora una volta Ygit e sento le mani di mio fratello sospingermi via da questo posto e senza avere alcuna scelta, non posso far altro che seguirlo. Non finisce qui Ygit, non finisce qui. È una promessa.

Ci allontaniamo dal capanno per dirigerci verso casa della Signora Mihriban. Tutti i miei pensieri sono su ciò che i miei occhi hanno visto. E così, improvvisamente, mi fermo di colpo. Emre se ne accorge quasi subito. Faccio per tornare indietro, con il desiderio di incastrarlo definitivamente, di chiudere i miei conti in sospeso con lui, ma la mano di Emre mi afferra e mi stringe il braccio. Mi volto verso di lui e dopo averlo pregato con lo sguardo di lasciarmi andare, inizio a parlare. «No Emre, lasciami andare. Non posso, devo tornare da Ygit. Deve pagare per ciò che ha fatto e per aver preso in giro Sanem». Provo a liberarmi della sua presa ma inutilmente. La mano di Emre si serra ancora più stretta attorno al mio braccio. Lasciami fratello ti prego! «Can, sii ragionevole» mi dice e mi chiedo come faccia a non capire che in questo momento non riesco assolutamente ad esserlo. Non dopotutto quello che ci ha fatto. «Troveremo il modo di fargliela pagare, ma adesso cerca di calmarti. Troveremo una soluzione» aggiunge. Il pensiero di Ygit mi fa ribollire il sangue e non riesco assolutamente a ragionare con lucidità. Emre continua a guardarmi e a pregarmi di andare con lui. Così, anche se poco convinto e controvoglia, continuo a camminare verso casa di nostro padre. 

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