'Tu lo sapevi'
Non era una domanda.
Ancora prima di distinguere il tratto fermo del tono di voce, sentii il suo sguardo su di me.
Eppure non si era neanche girato a guardarmi.
E' così Harry.
Ti appoggia lo sguardo addosso con una tale leggerezza che non ti accorgi neanche con quanta profondità ti sia entrato sotto la pelle.
E' per questo che quando vuole ferirti, te lo toglie, e ti lascia un freddo inconsolabile.
Nelle voci affrettate di chi cercava di negare, di giustificarmi, di convincerlo, di calmarlo,
a testa bassa e con un filo di voce, lui mi aveva già punito.
Nello stesso istante in cui aveva capito che io sapessi già cosa gli avevano appena detto, aveva messo insieme i frammenti degli ultimi giorni in cui mi guardava e cercava in me, senza chiedere.
Perché anche questo fa, sta in silenzio e mette insieme le parole nascoste degli altri.
E poi,
chiede.
Solo per rimettere insieme i pezzi.
Ma qui la frase era piuttosto chiara.
Non c'era bisogno di chiedere nulla.
'La situazione è andata troppo oltre.
Uno dei due deve confondere le idee.
E abbiamo pensato che Louis potrebbe iniziare a farsi vedere con un'accompagnatrice fissa'
Tutto d'un fiato.
E non importa quanta gente ci fosse ancora nella stanza, da quel momento in poi c'eravamo solo io e lui.
Da quel momento, in un silenzio infinito, lui metteva insieme i pezzi delle mie frasi a metà dell'ultima settimana.
I mal di testa appena sveglio.
Lo sguardo inquieto allo squillo del telefono.
Le risposte non date a domande semplici.
Gli occhi a fissarmi davanti allo specchio.
L'acqua lasciata a bollire troppo a lungo.
I sorrisi finti alle battute di sempre.
Tutto Louis William Tomlinson in un rewind isterico nella testa di Harold Edward Styles.
Ad alternarsi a troppo.oltre.confondere.accompagnatrice.fissa.
Tutto in uno sguardo che non meritavo neanche, non quanto il parquet di uno degli uffici della Modest Managment.
E lo sapevo solo io dove fosse.
Quanto ci avrebbe messo a parlare.
E che quando l'avrebbe fatto -davvero- il giorno avrebbe avuto già un'altra luce.
E saremmo stati già molto lontano da quel momento.
'Grazie'
E' tutto quello gli sentirono dire prima che stringesse la maniglia e si chiudesse la porta alle spalle.
E la follia di quella parola sarebbe bastata a chiunque per capire quale follia gli turbinava dentro.
Che senso ha?
Grazie?
Perché?
Per avergli tolto la libertà di essere se stesso?
Per avergli imposto di negare ciò che è davvero?
Per avere in una frase sola cercato di farlo sentire sbagliato?
Per aver sporcato in un'intenzione quanto di più bello e puro e giusto pensasse di avere nella vita?
E io so leggerlo.
Sono capace davvero.
Mi ha insegnato lui a farlo.
Sapevo quanto c'era in quel suo grazie.
In quella sua educazione che è insieme timidezza e paura e intimità e coraggio.Fatta non di apparenza ma di esigenza.
Di una coerenza antica e una grazia mai ostentata.
Lui che è capace di dire un grazie per dimostrare di amarmi anche mentre mi stava odiando con tutta la forza che metteva nello stringere una maniglia.
So che voltare le spalle a tutti dopo quella parola era un gesto simile alle lacrime che non avrebbe versato.
Era in bilico.
Tra ciò che aveva capito e ciò che ancora non sapeva.
Tra ciò che pretendevano che diventasse e ciò che aveva giurato di non essere mai.
E poi c'ero io.
A corrergli dietro come se potessi o volessi raggiungerlo davvero quando camminava così.
Io che un grazie non l'avrei detto mai.
Io che ancora prima che finissero di parlare aveva già detto no.
Per entrambi.
Che non mi sarei prestato a quella pagliacciata e che nessuno avrebbe costretto lui a farlo.
Solo poco prima di capire che se l'avessero chiesto a lui prima che a me, l'avrebbero distrutto.
E gliel'avevo dato io il permesso di amarmi, di guardarmi, di sorridermi e toccarmi.
Gliel'avevo aperta io l'anima e l'avevo costretto a fidarsi di quello che eravamo.
E se ci fossi stato solo io,
avrei continuato a urlare.
Ma non mi era permesso.
Ogni volta, la voce del no si fermava in gola in uno schiaffo di condiscendenza.
Avevo paura per me.
Avevo paura per lui.
Perché se quello che dicevano fosse stato vero, avrei rischiato l'esistenza di altre persone.
E allora dissi quel sì.
Per me.
Per lui.
Per tutti.
STAI LEGGENDO
Always in my heart
FanfictionCi sono momenti che cambiano la nostra vita ma mentre li stavamo vivendo non avevamo idea di quello che davvero avrebbero significato. In questa storia tutto cambia nel flipper impazzito di una voce che corre tra un no e un sì. Troppe vite sul...