FIRST DAY OF SCHOOL

518 22 2
                                    

La corsa in autobus non sarebbe stata tanto stressante, se una vecchia che puzzava non le si fosse seduta accanto e non le avesse raccontato la storia della sua vita.
Prima di raggiungere la scuola si fermò a prendere un caffè bello forte.
Yasmine la aspettava davanti all'ingresso.
«Morgaine! Finalmente sei arrivata! Vieni, ti presento degli amici» la abbracciò, con un'energia troppo elevata per l'orario.
«Si! Andiamo» ricambiò lei, ricordando il mantra di sua madre: sempre perfetta, per tutto e per tutti.
Si ritrovò in un gruppo formato per la maggior parte da ragazzi. Una delle due ragazze sconosciute, con la pelle abbronzatissima e i capelli schiariti dal sole, con due occhi da cerbiatto che ti trapassano l'anima e i denti bianchissimi, le raggiunse.
«Tu devi essere Morgaine! Yas mi ha parlato di te, io sono Moon» le sorrise, abbracciandola frettolosamente.
«Si. Bel nome» sorrise lei, ricambiando quella specie di abbraccio. Quindi Yasmine aveva parlato di lei...le faceva piacere, forse sarebbero potute diventare buone amiche.
«Io sono Sam» la salutò una ragazza riccia, con gli occhi azzurri e profondissimi.
«Morgaine, piacere» ricambiò ancora.
I ragazzi le si presentarono tutti, ma solo due le rimasero impressi: uno che sembrava un maiale dai riccioli biondi e un asiatico, che, se non errava, si chiamava Kyler.
La campanella li costrinse a separarsi e Yasmine si offrì di accompagnarla alla sua prima aula, ovvero quella di astronomia. Salutò la bionda ed entrò. Cercò un posto in seconda fila e lo trovò accanto ad un ragazzo con la testa china sugli appunti.
«Posso sedermi?» chiese cordiale. Il ragazzo annuì, senza guardarla in viso. Sembrava che lo spaventasse.
«Sono Morgaine, sono nuova» si presentò, cercando di legare un po' con quello che sarebbe stato il suo compagno di banco. Lui girò la testa con la mano a coprire la bocca.
«Uhm...Eli...» sussurrò.
«Non capisco se parli così piano con la mano davanti» rise lei, gentile. Lui tolse la mano, incerto, rivelando una specie di cicatrice.
«Non vergognarti, conosco quella patologia, non mi fa schifo» lo rassicurò, cordiale. Non era vero che conosceva la patologia, ma il mantra di sua madre le ronzava nelle orecchie. Lui almeno le sorrise.
«Posso vedere i tuoi appunti? Così capisco a che punto sono» domandò, aprendo il suo raccoglitore, con gli appunti organizzati in maniera impeccabile. Lui le passò il quaderno.
Ok, pensò. Era poco più avanti con il programma, ma poteva tranquillamente integrare le spiegazioni del nuovo insegnante con quelle dell'altro. Ogni fonte di apprendimento era tesoro.
«Che belli i tuoi appunti» commentò inaspettatamente Eli.
«Questi? No, sono quelli copiati con calma a casa, quelli che prendo in classe sono più brutti di quelli scritti dalle galline. Adesso vedrai» rise lei, immaginandosi la sua brutta calligrafia.

Prima di pranzo, Yasmine passò a prenderla davanti alla sua classe di letteratura per accompagnarla alla mensa. Che dolce, pensò.
Si misero intorno ad un tavolo circolare con i loro vassoi. Morgaine aveva preso giusto un'insalata di pollo, le altre cose sembravano un po' passate. Erano insieme ai ragazzi della mattina. La salutarono tutti in maniera cordiale, lei ricambiò, a suo agio. In effetti, stando con i suoi genitori, aveva imparato a non sentirsi a disagio nemmeno tra un gruppo di malati di mente.
Mentre davano consigli a Sam su come comportarsi con Kyler, che, a quanto pareva, stava con lei, si sentì un rumore di microfono che veniva acceso. La Cauncelor iniziò a parlare.
«Non farò nomi, ma ieri una mamma mi ha chiamata perché suo figlio piangeva perché viene preso in giro per la sua... deformità facciale»
Alla faccia della delicatezza, pensò Morgaine, girandosi verso Eli e rivolgendogli un mezzo sorriso di compassione.
Poi la donna che stava parlando accennò a una vicina festa di Halloween di cui lei non sapeva niente.
Una ragazza in carne si avvicinò a Sam e le propose di vestirsi da molecole di sodio, il killer silenzioso.
Yasmine la bloccò subito, dicendole, un po' arrogante, che si sarebbero vestite da Cheerleaders dei Lakers e che ne avrebbe ordinato uno anche a lei di costumi, ma era taglia unica.
Appena la ragazza si allontanò, Yasmine si rivolse a Morgaine.
«Ti vesti con noi, vero?» le domandò, con un tono completamente diverso da quello che aveva utilizzato poco prima.
«Si, ma devi ordinarlo tu, poi ti rendo i soldi» sorrise lei, felice nel profondo che Yasmine le avesse fatto quella proposta.
«No.» negò subito la bionda.
«Te lo ordino e lo teniamo come anticipo per il tuo regalo di compleanno» proseguì.
«Così mi toccherà farti un regalo fantastico per il tuo» rise Morgaine, lusingata dal comportamento che l'altra teneva con lei.
«Era il mio piano. A proposito, quando è il tuo compleanno?» rise Yasmine.
«Tre marzo» sorrise ancora. Non le chiese del suo, lo avrebbe sicuramente scoperto. Una come Yasmine non lo teneva certo segreto. Sarebbe bastato controllare Instagram.

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

Prima di tornare a casa, decise di fare un giro nella West Valley, per ambientarsi un po'.
Giunse nei pressi di un piccolo centro commerciale di Receda. Era proprio tenuto male, le pareti erano tutte ingiallite e scrostate.
Vide una grossa insegna che recava la scritta "Cobra Kai Karate". Le venne subito in mente il dojo dove suo zio, le aveva raccontato, si allenava da giovane. Entrò, al massimo avrebbe chiesto informazioni per gli orari se qualcuno le avesse fatto domande.
Vide un ragazzo ispanico, che le sembrava familiare, colpire un manichino. Si girò verso di lei.
«Serve aiuto?» le domandò, togliendosi il sudore dalla fronte con l'avambraccio.
«Uhm...si, volevo informarmi sugli orari» sorrise lei per mascherare l'imbarazzo.
«Ti chiamo il Sensei. Ci siamo già visti?» le chiese ancora lui, cercando di essere cordiale.
«Forse a scuola, sono nuova» sorrise ancora lei.
«Ah! Sei quella al tavolo di Yasmine che ha sorriso ad Eli» si ricordò lui.
«Sono Miguel» si presentò subito dopo.
«Morgaine» ricambiò lei.
«Scusa, mi sono dilungato. Vado a chiamare il sensei» concluse Miguel, per poi sparire dietro una porta.
Tornò con un uomo abbastanza alto, biondo e con gli occhi chiari, con le occhiaie, ma piuttosto in forma.
«Morgaine?» le chiese, quasi stupito.
«Zio Johnny!» ricambiò lei, abbracciandolo in uno slancio di affetto.
«Che fai qua?!» chiese l'uomo, staccandosi.
«Non lo sai? Mi hanno scaricata dalla zia per due anni, ma mi fanno andare nella scuola qua vicino» spiegò, facendo un passo indietro.
«Ah, capisco. Ti serve qualcosa?» le domandò subito.
«In realtà ho visto l'insegna e mi sono ricordata le tue storie, così sono entrata» ridacchiò.
«Puoi venire quando vuoi. Hai già conosciuto Miguel?» le chiese ancora lo zio, che la adorava come se fosse sua figlia.
«Si, ora scusate, ma sarà meglio che vada o farò tardi per l'autobus. Magari torno uno di questi pomeriggi» salutò, sinceramente felice di aver rivisto suo zio.
«Torna quando vuoi!»
«Ci si vede a scuola!»

Arrivò a destinazione, camminò per dieci minuti fino all'appartamento, poi bussò. Le aprì Robby, ma da dentro casa arrivavano più voci, almeno due.
«Gainnie...ci sono i miei amici, stai con noi?» la accolse il cugino.
«No, vi lascio soli, vado a sistemare gli appunti» sorrise, anche se era dispiaciuta di non poter fare la doccia. Percorse il soggiorno, salutando due ragazzi che non le piacevano più di tanto, e si chiuse in camera a studiare.
«Che figa!» le arrivò una voce. I muri di quell'appartamento erano fatti di carta.
«Te la scopi?» fece un'altra.
«Ragazzi è mia cugina!» si lamentò Robby, supplicandoli indirettamente di smetterla.
«Beh, non c'è cosa più divina che-» iniziò uno.
«Andarti a fare una seghina!» lo interruppe Morgaine, gridando dalla camera. Odiava sentirsi un oggetto e non era riuscita a contenersi. Prese un respiro profondo e ricominciò a sistemare gli appunti.

Quella sera, convinse Robby a dormire insieme a lei, invece che sul divano. Si sentiva in colpa a farlo stare in soggiorno. Poi aveva freddo e il corpo caldo del cugino sarebbe stato utile.
In mezzo alla notte si svegliò. Non riusciva a respirare e aveva bisogno di piangere. Le accadeva spesso. Il medico diceva che era ansia notturna, che arrivava da un'inconsapevole stato di stress. Aveva trovato delle pillole calmanti al biancospino in erboristeria e la aiutavano molto, ma non riusciva ad alzarsi per raggiungerle, così svegliò Robby.
«Ehy...che hai...?» chiese lui assonnato.
«Prendimi le pillole...non respiro... è ansia...» balbettò con voce rotta.
«No, ne prendi troppe, ti vedo tutto il giorno» negò lui, prendendola in braccio e portandola davanti alla finestra, che poi aprì.
«Inspira, l'aria fresca ti fa bene» le disse, come se la sapesse lunga.
«Robby ti prego, le pillole» lo supplicò lei.
«Gainnie hai una dipendenza, respira» la rimproverò, accarezzandole la schiena dolcemente.
Quando si fu ripresa abbastanza, la portò sul divano e bagnò un panno con l'acqua calda. Prima le tamponò delicatamente la fronte, poi lo appoggiò dietro la sua nuca. Sorpresa, Morgaine riuscì a calmarsi in poco tempo. Tenne la mano al cugino, poi si addormentò, ringraziandolo mentalmente per averla aiutata tanto.

•Cool Kid•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora