Capitolo 6

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Ottobre era arrivato in un baleno e con lui erano comparsi i fiori nei giardini e le foglie degli alberi cominciavano a riprendere colore. Il mio periodo preferito dell'anno.
<C'è odore di caldo> sospirò Camille aprendo la finestra. Sapevo che l'estate era ancora lontana, ma l'idea di rimanere tutta la notte rannicchiata sotto alla sottile trapunta mi eccitava un sacco. Le goccioline di pioggia scivolavano lentamente sulle finestre ed io rimasi a guardarle per qualche minuto prima di alzarmi e cominciare a studiare per il primo test dell'anno di filosofia. Voltaire mi aveva sempre affascinata, era un filosofo e drammaturgo nel periodo tra il 1600 e il 1700 il professor Carter lo descriveva quasi come un giornalista anche se era una parola piuttosto riduttiva. Quell'anno ci eravamo concentrati sull'opera di Edipo.
<July, stasera usciamo> annunciò la mia amica tornando dal bagno con il solito asciugamano in testa. Mi voltai a guardarla incerta.
<Nessuna obbiezione, ci saremo tutti> esclamò, ma era proprio quello il motivo per cui non volevo uscire, ci sarebbero stati tutti e con tutti si intendeva Christopher e Nathan, ancora insieme.

Cominciammo a prepararci solo alle sette, perché alla fine erano sempre tutti in ritardo. Camille aveva insistito perché l'aiutassi con la piastra e poi mi aveva ritruccata almeno tre volte, visto che non mi andava mai bene niente. La mia mente era ancora sul libro di filosofia e nonostante avessi studiato tantissimo avevo il terrore che lunedì non mi sarei ricordata assolutamente nulla.
<Se ancora non ti va bene ti arrangi perché sono le otto e dobbiamo ancora vestirci> mi intimò tirando fuori dal suo armadio dei jeans neri, una camicia azzurra e un paio di stivaletti con il tacco. Cercai nel mio guardaroba qualcosa di simile a quello che aveva scelto lei, ma tutto quello che avevo mi sembrava brutto o inappropriato per una semplice uscita, perciò alla fine la mia bellissima amica mi prestò un maglione color cobalto a collo alto, largo e incredibilmente bello. Indossai le solite sneakers prevedendo le vesciche che mi sarebbero venute il giorno dopo nel caso avessi indossato qualcosa di più elegante. Camille ridacchiò passandomi il soprabito che mi aveva regalato per il compleanno. Ora era davvero troppo più alta di me.
<Tesoro mio bellissimo, mettiti anche tu le sneakers ti prego> la implorai, non se lo fece ripetere due volte. Si sfilò gli stivaletti e in un baleno aveva le Dottor Martens. Brandon ci mandò un messaggio nel quale ci avvisava che sarebbe venuto a prenderci Nathan, pensai di chiedergli se ci sarebbe stato anche Chris, ma ci rinunciai limitandomi a sperare che non ci fosse. Quando un clacson suonò fuori dalla nostra finestra aprimmo l'ombrello e corremmo verso l'auto del mio ragazzo.
<Finalmente!> esclamai sedendomi accanto al posto del guidatore.
<Scusate, c'era traffico> si giustificò Nathan. Indossava la solita camicia con sopra il pullover e una giacca a vento sopra. Anche se a volte mi infastidiva adoravo la sua prevedibilità. Non mi stupiva mai e non era noioso come di solito una persona normale penserebbe, perché sapere esattamente cosa una persona a te cara avrebbe indossato o cosa avrebbe detto in una determinata circostanza era estremamente divertente, soprattutto durante i litigi.
<Non ti preoccupare, la tua ragazza ha cambiato trucco solo un paio di volte, quindi non saremmo state pronte lo stesso> rise Camille da dietro il sedile.
<Non volevi lasciarmi uscire struccata> risposi indignata. La vidi alzare gli occhi al cielo dallo specchietto e risi.
<Certo che no perché poi ti saresti data della brutta e saresti tornata a casa consapevole che non avrei fatto in tempo a convincerti ad uscire perchè sarebbe stato troppo tardi e ci sarei andata da sola. Ti conosco bellezza> disse con tono deciso. Nathan cominciò a ridere e mi posò la mano sulla coscia avvolta dai jeans. Mi sforzai di avere una qualsiasi reazione al suo tocco, ma niente, nemmeno un leggero formicolio. Il nulla. Probabilmente era perché stavamo insieme da tanto e perciò il mio corpo si era abituato alla sua presenza, allora cercai di ricordare il nostro primo bacio, ma l'unica immagine che mi attraversò la mente fu quella delle nocche di Chris bagnate del suo sangue e rabbrividii cercando di scacciare l'immagine.
<Dove andiamo?> chiesi nel vano tentavo di distrarmi. Nathan continuava a guardare la strada e dallo specchietto vidi il viso di Camille illuminato dalla luce del cellulare.
<Bran ha prenotato al bowling> sospirò il mio ragazzo. Per quanto odiasse il bowling veniva sempre perché sapeva che a me piaceva un sacco. Certo non era il posto che preferivo per passare le giornate, ma adoravo la competizione e gli unici che arrivavano ai punteggi massimi eravamo io e Brandon che facevamo sempre di tutto per sabotarci. Eravamo i più competitivi, ma io avevo la stoffa dell'avvocato quindi vincevo quasi sempre. Dico quasi per sembrare modesta. Nathan parcheggiò nel parcheggio dei vip ovvero quello più vicino alla sala, prese l'ombrello e aprì la portiera a Camille accompagnandola fino all'ingresso per poi fare la stessa cosa con me. Il locale era lo stesso in cui eravamo sempre andati, nessuna modifica: luci blu soffuse, le postazioni erano le stesse di qualsiasi altro bowling, l'unica cosa che avevano cambiato erano le federe dei divanetti che da viola erano diventate blu.
<Sorellina> esclamò Brandon correndoci in contro e fermandosi di colpo davanti a Camille. Si guardarono storto prima che lui procedesse verso di me e in quel momento capii che era successo qualcosa di grave, di molto grave.
<Bran, tutto bene?> chiesi incuriosita dalla situazione imbarazzante. Sollevò le sopracciglia perplesso.
<Certo sorellina, andiamo> disse tirandomi per un braccio e facendomi sedere accanto a lui. Mi guardai attorno salutando tutti i presenti e mi accorsi che Chris non c'era. Volevo che non ci fosse, ma speravo il contrario dentro di me, ma nel profondo proprio.
Ogni volta che la porta si apriva mi giravo e lo immaginavo entrare con quel suo fare arrogante, volevo solo capire perché ce l'aveva con me, dopo quello che aveva fatto ero io che dovevo essere arrabbiata e non lui, eppure qualcosa dentro di me, un presentimento mi diceva che qualcosa stava per cambiare e la cosa mi terrorizzava. La mano di Nathan mi si posò sulla spalla in un gesto dolce avvisandomi che era il mio turno.

Il mattino dopo alzarsi fu un dramma, Camille era già in piedi leggendo mail sul portatile ed io mi sentivo ancora in coma dalla sera precedente. Spostai lo sguardo sulla sveglia e strabuzzai gli occhi quando lessi che erano solo le cinque del mattino, pensavo che l'assenza di luce fosse dovuta al fatto che avevo dormito fino a sera e non credevo che mi sarei svegliata così presto invece.
<Camille, cosa stai facendo a quest'ora del mattino?> le domandai con una voce che riconobbi come non mia.
<Leggo le mail e poi le cancello, oppure le cancello direttamente> rispose senza voltarsi in un risolino inquietante e nervoso. Mi alzai di mala voglia e le bloccai la mano prima che potesse premere "cancella" con il mouse e feci girare la sedia per guardarla in faccia. Aveva gli occhi rossi di chi aveva pianto per tanto, troppo tempo. In quel momento mi sentii un'egoista per non aver capito che stava male e per averla lasciata sola per tutta la notte, anche se sapevo che non le piaceva essere vista mentre piange.
<Cosa ha fatto?> le chiesi prendendole il viso tra le mani e asciugandole le lacrime con il pollice.
<Liam non c'entra> rispose.
<Parlo di Brandon> sospirai ricordando il modo in cui si erano guardati la sera prima. Spalancò gli occhi.
<Cosa ti ha detto?> reclamò con voce roca. Le sorrisi facendole intuire che non avevo bisogno che mio fratello mi parlasse perché capissi che si piacevano. Erano due anni che eravamo un gruppo quasi inseparabile e tra Camille e Brandon c'era sempre stata una certa intesa. Cominciò a raccontarmi della sera in cui io ero uscita con Nathan e lei era andata al cinema con Liam e mi disse che al cinema c'erano anche mio fratello e una ragazza che non conosceva e che si erano baciati per tutto il film rendendole impossibile concentrarsi e poi una settimana dopo l'avvenimento Brandon l'aveva baciata e poi se ne era andato cominciando ad ignorarla. Mi tornò in mente il pomeriggio della rissa, quando Camille aveva dato una gomitata a Bran per chiedergli di aiutarlo e lui l'aveva ignorata.
<È solo spaventato> lo giustificai. Sorrise con rammarico.
<Lo sono anche io, ma questo non vuol dire che devo cominciare a trattarlo male o peggio ad ignorarlo completamente> sussurrò alzandosi dalla sedia e raccogliendo la borsa dalla quale estrasse il cellulare che squillava.
<Liam, ciao come stai?> chiese. Bussarono alla porta e mi chiesi chi potesse essere alle sette del mattino. Brandon, momento perfetto. Camille era girata di spalle quando lui mi chiese con chi stesse parlando.
<Liam, credo che siano una bella coppia non credi?> gli risposi, il suo sguardo si fece gelido e imperturbabile.
<Sicuramente> rispose. Gli sorrisi e lui aggrottò le sopracciglia.
<Credo che dovresti fare qualcosa prima che sia troppo tardi fratellone, sarai pure più grande, ma di donne non capisci un fico secco> lo informai. Strabuzzò gli occhi ed io uscii dalla stanza dirigendomi verso il bagno con l'asciugamano e i vestiti in mano. Abbassai lo sguardo passando davanti alla camera di Ashley.
<Buongiorno Scricciolo> alzai lo sguardo di scatto e lo vidi uscire proprio da quella camera. Pensai agli hamburger e alle pistole e ai coltelli, scossi la testa e pensai al fatto che avevo bisogno di una doccia. Fredda.
Mentre passava lasciò il suo profumo in tutto il corridoio e, incapace di trattenermi decisi di affrontarlo come avrei dovuto fare quando lo avevo trovato in bagno con Ashley.
<Ehi!> esclamai aspettando che si voltasse. Lo fece.
<Hai smesso di cercarmi> dissi raggiungendolo. Sorrise.
<Mi sembrava chiaro che non volessi avere a che fare con me> sorrise ancora. Aggrottai le sopracciglia cercando di capire bene a cosa si riferisse.
<Certo, hai ragione> sospirai voltandomi e proseguendo verso il bagno. Mi prese per il braccio e mi fece girare verso di lui. Posò le sue labbra sulle mie e sentii il calore protendersi fino alle dita dei piedi, era sbagliato, era incredibilmente sbagliato, ma come poteva una cosa così sbagliata sembrare così giusta o essere semplicemente così bella?
<Cosa stai facendo?> chiesi scostandomi e respirando a fatica. Sorrise e mi tirò ancora a sé.
<Ti dimostro che sbagli> sussurrò troppo vicino al mio viso.
<Su cosa?> domandai balbettando. Sorrise ancora e si voltò proseguendo verso la sua macchina e lasciandomi nel corridoio con le gambe tremanti e la testa in subbuglio. Di nuovo.

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