Eryn spense il motore dell'auto e si guardò per un secondo nello specchietto retrovisore; aveva il viso più stanco del solito ed era tutta colpa del lavoro che tanto amava, ma che in quel periodo sembrava sfinirla come non mai. Il capo spingeva per avere informazioni in più sulle morti di quelle prostitute e sulla droga che circolava nella grande città di Chicago, ma le sue fonti abituali sembravano non saperne nulla e le piste da seguire diminuivano ogni giorno, rendendogli il lavoro di portare a termine il suo ennesimo articolo, arduo e incredibilmente difficile.
I problemi però non finivano lì. La sua vita non le era mai sembrata più incasinata e complicata prima di allora e le cose non sembravano voler migliorare. Ecco perché, nel giorno della vigilia di Natale, aveva deciso di mettere una pausa ai suoi problemi e andare a trovare la sua famiglia. Con tutte le complicazioni che erano entrate con prepotenza nella sua vita, non aveva avuto neanche il tempo di andare a trovare i suoi genitori e vedere come se la passasse la piccola peste.
Doveva farsi perdonare in qualche modo per la sua prolungata assenza. I regali per i suoi genitori non avrebbero di certo aggiustato le cose, ma la piccola peste era facilmente corruttibile, così si voltò verso i sedili posteriori e afferrò una busta di colore rosso, scese dall'auto e si avvicinò alla grande casa in cui era cresciuta. Salì i tre scalini del portico e, quando fu di fronte alla grande porta bianca, bussò due volte al campanello.
-Tesoro.- la porta venne spalancata e un grande sorriso a trentadue denti, insieme a due grandi occhi verdi simili ai suoi, la accolsero con enorme calore.
-Mamma.- Eryn sorrise e abbracciò la donna, che ricambiò con più vigore.
-Amore, chi è?- una voce roca e decisa riempì l'intero appartamento, richiamando l'attenzione della donna dai capelli rossi e qualche ruga in più sul viso, che si allontanò dalla figlia.
-È tua figlia.- gli rispose la donna.
Eryn sorrise di rimando e, finalmente, la mamma le fece spazio per entrare. La ragazza si affrettò a raggiungere il salone e trovò suo padre nella solita posizione in cui era solita vederlo: seduto sulla sua poltrona, il telecomando tra le mani e una tenera espressione stampata sul viso. Quei grandi occhi marroni erano terribilmente caldi e le ricordavano quando erano quei due occhi a tirarla su, a confortarla quando un ginocchio sbucciato sembrava essere la fine del mondo.
-Piccola...- le labbra sottili dell'uomo si allargarono in un grande sorriso, facendo apparire delle rughe ai lati degli occhi che la guardavano con estrema tenerezza, come se fosse ancora la stessa bambina che correva tra le sue braccia quando aveva paura. -finalmente sei venuta a trovare i tuoi vecchi.- disse alzandosi dalla poltrona e andandole incontro.
-Mi dispiace, papà.- rispose Eryn, facendo qualche passo in avanti e facendosi abbracciare da quelle grandi braccia, poggiando la guancia sul suo petto.
-Va bene bambina, capiamo che il tuo lavoro ti occupa tutto il tempo che hai a disposizione.- la rassicurò.
Eryn annuì e gli sorrise dolcemente. -Quando ho scelto di studiare per diventare una giornalista, non avrei mai immaginato fosse così stancante.- sbuffò la rossa, mettendosi a sedere sul divano, seguita dai suoi genitori.
-Il tuo capo è molto esigente?- le domandò la madre.
-Vuole un articolo su degli omicidi, a quanto pare l'ultimo non era abbastanza dettagliato ma... sapete, le informazioni non bussano alla porta del mio ufficio e andarle a scovare non è semplice.- disse, passandosi una mano tra i capelli.
-Abbiamo letto il tuo ultimo articolo tesoro, quello che parlava di quelle prostitute morte per overdose e ci è sembrato davvero ottimo!- affermò la madre, poggiandole la mano su una gamba e sorridendole calorosamente.