LA VITA COME UN LAGO

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Erano circa le otto di mattina, quando Morgaine e Robby si svegliarono.
Mentre lei era in bagno, lui aprì il frigo per cucinare la colazione, ma saltò la corrente. Si trovarono in soggiorno per controllare il salvavita e il quadro generale, ma non c'era alcun problema. L'unico motivo per cui poteva essere capitata una cosa del genere era che le bollette non fossero state pagate. Ed era probabile, dato che la zia aveva promesso che l'uomo con cui era sparita avrebbe pagato tutto il mese. E quell'uomo nemmeno lo conosceva.
«Fanculo, mangio la pizza fredda e vado dallo zio» alzò le spalle Morgaine, rassegnata.
«Passa anche a me, poi vado dai Larusso» sbadigliò Robby.
Era troppo presto per dare troppo peso alla loro situazione.
Appena ebbe mangiato, Morgaine infilò lo spazzolino in una borsetta con dell'intimo, una maglietta e degli shorts, dei calzini e un elastico per capelli: così si sarebbe fatta anche una doccia. Salutò suo cugino e uscì. Non capiva perché non volesse sistemare le cose con suo padre, ma era inutile insistere con uno come lui. Era troppo sensibile per darle ascolto.

«Zio? Posso fare la doccia da te? La zia non ha pagato le bollette e ci hanno staccato tutto» spiegò, entrando nell'appartamento.
«Si, fai pure...» le sorrise l'uomo, pronto per avviarsi verso il dojo.
«Vieni dopo?» le chiese, prima che entrasse in bagno.
«Non so, vedo quanto ci metto» sorrise lei, per poi chiudere la porta. Se sua mamma fosse venuta a conoscenza della situazione avrebbe fatto una sfuriata incredibile e se la sarebbe portata dietro facendola studiare online. E lei non voleva, non ora che si stava costruendo una vita.
Usò l'acqua tiepida, non le piaceva fredda, ma faceva veramente caldo quella mattina.
Quando uscì lasciò i capelli bagnati raccolti in una coda alta. Era troppo tardi per raggiungere il dojo, perciò rimase a guardare un po' la TV. Poi rovistò in frigo e in credenza per cucinare il pranzo, ma dato che non c'era molto, uscì a comprare qualcosa.
Dato che era al centro commerciale, si infilò in un negozio di vestiti dove aveva notato un top in pizzo verde mimetico che le piaceva molto. Mentre vagava tra i vari reparti sentì chiamare il suo nome. Si girò: era Moon.
«Morgaine! Non mi evitare, dai» le sorrise, cordiale. Morgaine sbuffò.
«Che vuoi Moon?» chiese fredda. Odiava la gentilezza ostinata di quella ragazza.
«Parlare con te... perché mi eviti?...Non mi hai più scritto dopo la festa al Canion...» spiegò l'altra, con una voce mielosa che di solito si usa con i bambini.
«Primo: potevi cercarmi anche tu. Secondo: se tu abbandoni Yas, che è tua amica da una vita, per un ragazzo, cosa faresti a me, che conosci da poco?...» spiegò Morgaine, che stava iniziando a perdere la pazienza.
«Non credo che a Yasmine freghi molto di me, staccandomi da lei sono finalmente riuscita a brillare, adesso tutti mi adorano» raccontò Moon, con un'espressione soddisfatta.
Morgaine la lasciò lì e uscì dal negozio. Era incredibile quanto una persona potesse essere falsa.
Tornò a casa e cucinò il pranzo con ciò che aveva acquistato, poi apparecchiò la tavola e attese che suo zio tornasse.

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L'incontro con Moon le aveva rovinato ancora di più la giornata. Perciò, il pomeriggio, quando il dojo era vuoto, entrò e iniziò a colpire i manichini, cercando di sfogare tutta la sua frustrazione. Addirittura uno lo ribaltò.
«Ehy, con calma» disse una voce familiare, ovattata dai colpi che stava tirando. Si girò.
«Ehy...» salutò, senza prestare troppa attenzione. Non aveva voglia di parlare.
«Che succede?» chiese ancora la voce alle sue spalle.
«Che è tutto una grande merda» rispose lei, che era sul punto di scoppiare in lacrime. Non voleva farsi vedere triste. Sentì che le veniva toccata la spalla, quindi rimase ferma un secondo, senza girarsi. Lasciò che una lacrima scendesse, bagnandole tutta la guancia. Si girò velocemente e affondò la testa nel petto di Miguel. Lasciò che la stringesse a sé e rimase lì, immobile.
«Vuoi parlare?» si offrì il ragazzo, accompagnandola a sedere su una panca. Lei raccontò tutto ciò che provava, senza omettere il minimo dettaglio.
«Mia zia se n'è andata senza pagare nulla, sono sola con Robby che è sempre da Sam. Non ho ancora capito cosa provo per il mio ragazzo, la mia migliore amica è in Francia, l'unica con cui potrei parlare mi raggiunge ad agosto ed è innamorata di Moon, con cui ho litigato perché è una stronza e, ora che ho una vita, se i miei scoprono come sono messa mi portano via. Non so più che fare... è tutto troppo confuso e...non lo so...non so che fare...» pianse. Non poteva più tacere tutta quella pressione.
«In effetti è tanta roba... però...potresti stare da tuo zio, Johnny ti adora...e poi puoi parlare con me. Per Moon...vedrai che si risolverà tutto. Per il tuo ragazzo non so che dirti...forse hai solo paura di lasciarti andare ai sentimenti... però devo dirtelo: sei cambiata da quando sei arrivata qui. Prima sembravi un robot, eri troppo perfetta»
Morgaine si strinse a lui e ridacchiò. Era vero, sembrava un robot all'inizio. Ripensò a quando aveva baciato Eli. Forse non lo aveva fatto solo per dare a suo zio un allievo in più, forse lo aveva fatto perché in quel momento aveva provato compassione o empatia...il solo rendersi conto di quel piccolo ma importante cambiamento la tranquillizzò.

Robby la raggiunse nell'appartamento con del cibo preso in un reparto gastronomia. Mangiarono sulle scale antincendio alla luce di un lampione: in casa era troppo buio.
Camminarono per il quartiere in attesa che fosse l'ora adatta per andare a letto.
«Robby che cosa facciamo? Non possiamo continuare a vivere così» tirò fuori il discorso Morgaine. Era inutile evitarlo, tanto prima o poi la situazione sarebbe precipitata a tal punto da doverne parlare.
«Non lo so...io però ne ho parlato con Sam...» ammise.
«Mh...io con lo zio. Perché non andiamo da lui?...» provò a proporre.
«No, mi dispiace. Vorrei sistemare le cose con lui, ma ancora faccio fatica a perdonarlo...» le spiegò, con calma. Lei annuì, così rimasero in silenzio per un po'. Robby era la persona più forte che conoscesse. Non lo aveva mai visto darsi per vinto, lo aveva sempre visto accettare tutto a testa bassa e affrontare i problemi con la testa. Lei non era come lui: aveva bisogno di un supporto, affrontava tutto ponendo una pesante maschera sul viso.
«Credi di riuscire a perdonarlo presto?» chiese, quasi in un sussurro.
Suo cugino scosse la testa per rispondere in maniera negativa. Annuì, come per esprimere la sua comprensione. Ma sapeva che, appena lui avesse trovato una sistemazione, sarebbe andata a vivere con Johnny fino ad agosto e poi ancora a settembre. Non sapeva se la zia sarebbe tornata, ma non poteva più fidarsi.
Nonostante avesse parlato con Miguel, continuava a sentire il mondo che le si sgretolava sotto i piedi, come il ghiaccio di un laghetto quando arriva la primavera. Aveva paura di cadere nell'acqua gelida da un momento all'altro. Sentì il respiro mancarle per un secondo e rimase immobile. Aveva bisogno delle sue pillole, ma era troppo lontana da casa.
«Gainnie, tutto bene?...» le chiese Robby, toccandole la spalla.
«No...» sussurrò con voce rotta.
«Vieni, c'è una corsa notturna gratuita» le disse, accompagnandola alla fermata dell'autobus.
Salirono ed arrivarono nella West Valley. Morgaine faticava a reggersi in piedi. Come se fosse appesa ad un filo che da un momento all'altro avrebbe potuto lasciarla cadere nel lago ghiacciato. Sentì Robby trascinarla per un braccio. Non capiva più dove stessero andando. Arrivarono in spiaggia, se ne accorse per il vento leggero e il rumore dell'acqua che scorre. Si avvicinò piano alla riva e fissò il mare calmo davanti a lei. Sul mare non si formava il ghiaccio, il mare era una zona sicura. Inspirò con calma ed ecco che stava meglio. Non capiva perché non fosse ancora tornata sulla spiaggia. Corse ad abbracciare suo cugino, per ringraziarlo. Lui ricambiò con piacere.
Rimasero in giro tutta la notte, perché non c'era una corsa dopo quella che avevano preso, perciò dovevano aspettare quella della mattina presto.

Si prepararono, ognuno per i suoi giri giornalieri. Mentre preparavano la colazione, dei cereali con l'acqua fredda, qualcuno bussò alla porta. Era il signor Larusso. Toccò la spalla di Robby e gli assicurò che era tutto apposto. Quando Morgaine notò il suo sguardo farsi tranquillo e vulnerabile, riuscì solo a lasciarlo andare.
«Vai...» gli sorrise.
«Tu che farai?» le chiese.
«Vuoi venire anche tu?...» chiese Larusso, accorgendosi solo in quel momento di lei.
«No, ho già dove andare» ringraziò lei, per poi salutare Robby e andare in camera a preparare le valigie. Adesso poteva andare da Johnny, almeno avrebbe avuto una sistemazione stabile per un po'. Suo zio non era la persona più responsabile che conoscesse, ma sapeva che si sarebbe preso cura di lei con ogni mezzo a sua disposizione. Lo stava già facendo.

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