Capitolo 18.2: Il tuo incubo peggiore

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Resto seduto sul molo per un tempo che sembra infinito

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Resto seduto sul molo per un tempo che sembra infinito. La mia mente è offuscata dai pensieri e non riesco a non pensare al capanno finito in cenere e ad Ygit. So per certo che è stato lui. Ha agito allo stesso modo in cui ha agito la prima volta e devo assolutamente trovare il modo di dimostrare a Sanem che lui, per tutto questo tempo, l'ha presa solamente in giro. Devo mostrarle la sua vera natura e solo allora forse, avrò pace. Guardo l'orizzonte, voltando appena la testa e noto il mio tender ancora ancorato al molo. Appena arrivato, credevo che sarei rimasto qui solo qualche giorno. Ma adesso sento di aver fatto bene a restare, anche solo per incastrare quel vile. Sanem non tornerà mai tra le mie braccia, lo so. Ma a me basta farle conoscere la verità.

Mi sfrego il viso, per scacciare via la stanchezza e mi alzo per tornare alla tenuta. Prima di andare a casa di mio padre, che per qualche tempo sarà anche la mia, cammino verso il capanno. Attraverso la tenuta e, man mano che mi avvicino, le mie narici vengono invase dall'odore pungente della fuliggine che, fino a poco fa, aveva avvolto le assi di legno del capanno. Non è rimasto niente, è andato tutto in fumo. Sono avvolto dal buio e da un silenzio assordante. Me la pagherai Ygit, me la pagherai molto cara. Stringo i pugni per sfogare la rabbia che provo nei confronti di quell'uomo miserabile e, voltando la testa, il mio sguardo cade sull'albero dove, al mio arrivo, ho appeso la corda piena di nodi, la mia compagna di mille avventure e confidente di mille desideri nascosti.  Non può essere... È intatta! Mi avvicino all'albero e, dopo aver sfiorato il tronco, prendo la corda per portarla con me. Passo le dita su quei nodi così importanti e ripenso a tutti quei momenti di dolore attraversati durante l'anno, senza di lei. Dopo aver dato un'ultima occhiata a quel poco che resta del capanno, mi dirigo verso casa. Durante il tragitto, non smetto di guardare quella corda. È intatta e le fiamme non l'hanno minimamente scalfita. Quella corda, è come il mio amore per Sanem: un amore sopravvissuto alle fiamme della rabbia, del rancore, dei rimorsi. Un amore cosi forte, che neanche il tempo trascorso in sua assenza, è riuscito a scalfire. Un amore forte, puro, totalizzante.

Arrivo a casa di mio padre e, nonostante l'ora tarda, non ho sonno. Decido di salire in terrazza, per trovare un po' di pace dopo una giornata infinita come quella appena passata. Mi siedo sulla poltrona e alzo gli occhi al cielo, per godermi quelle piccole luci che, a mano a mano, si fanno spazio illuminando il buio. Le stelle sono sempre state fondamentali per me, soprattutto durante il mio lungo viaggio. Mi hanno guidato, mi hanno protetto e mi hanno ricordato che, nonostante la distanza, io e la mia Sanem, abbiamo guardato lo stesso cielo. Non c'è stato un solo momento in cui io non abbia pensato a lei, al suo amore per le stelle, per la vita. Sanem, la mia Sanem, è sempre stata con me. In ogni momento, in ogni gesto, in ogni respiro, in ogni sguardo. Il suo amore mi ha guidato in questo lungo viaggio. È stata la mia luce, nonostante la mia anima fosse avvolta nelle tenebre. 

Mentre sono immerso nei pensieri, noto che proprio di fronte a me c'è la costellazione di Orione. Una costellazione visibile ad occhio nudo e in qualsiasi parte del mondo ci si trovi. Ti mostra la strada da percorrere e, per noi viaggiatori delle volte, è un punto di riferimento. Ecco cos'è Sanem per me. È la luce, la guida, la stella che nonostante le tenebre, la pioggia e il vento, è sempre pronta a mostrarti la giusta strada. Sorrido lievemente al pensiero di averla rivista e sfilo dalla tasca la sua bandana. La osservo e la sfioro con delicatezza, per poi portarla al naso e annusarne il profumo. In questo anno, il profumo che impregnava questo tessuto per me prezioso, è svanito quasi completamente, lasciando spazio all'odore di salsedine mista a fumo a causa del capanno in fiamme, eppure non riesco a separarmene. Quel foulard per me è stato un'ancora di salvezza, una roccia. Mi ha ricordato che lei è esistita davvero nella mia vita, che ci siamo amati follemente e che ci siamo persi, forse irrimediabilmente. 

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora