XXXV

632 52 20
                                    

"Vuoi davvero dipingere di nuovo questa casa?"chiede Tom, di fianco a me, con un pennello tra le mani.
"Ovvio."rispondo. Steve rimane seduto sulla sua poltrona, a leggere il giornale di gossip del giorno che stranamente riparla di noi.
È una settimana che abitiamo in casa di Steve, con Willow che saltella per tutta l'abitazione e il vecchio che non fa altro che riprenderlo. Tra loro non scorre affatto buon sangue.
Annalisa si è trasferita con Robert, così da avere un po' di compagnia ed io ho deciso di lavorare da casa. Mr. Morris l'ha trovato più conveniente.
Tom ha dichiarato qualche notizia in più, ma nonostante questo rimaniamo al centro di ogni loro pensiero e ancora non mi sento pronta.
Dopo l'avvenimento ci siamo resi conto che stare insieme può solo farci stare bene e così ho dichiarato vittoria alla sua continua voglia di conquistarmi il giorno che abbiamo festeggiato il nostro primo mese. Anche se lui ha ammesso che non smetterà mai ed è questo che avevo bisogno di sentire. Eppure è solo un mese che stiamo insieme e la mia vita ha preso completamente una svolta.
"Sei convinta?"mi richiede, prima di cominciare a pitturare. Annuisco e comincio con l'opera. Ho deciso di dare una svolta a questa casa, ristrutturandola e mettendola in una condizione più carina e gradevole.
"Pittura lì!"ordino a Tom che, obbligato ad aiutarmi, sbuffa e collabora.
Ci fermiamo a cantare a squarciagola e a ballare su alcune canzone trasmesse dal vecchio stereo sulla mensola, poi salgo sulle sue spalle per arrivare alla parte più elevata del muro.
"Tom, per favore tienimi."ordino con voce tremolante.
"Ora cadrai!"esclama divertito ed io lo mando a quel paese stringendomi ai suoi capelli profumati.
Ma dopo aver finito la prima stanza, una pennellata arriva sulla mia faccia.
"Tom!"urlo voltandomi piano piano e Steve si sveglia dal suo sonnellino pomeridiano.
Così cominciamo a fare a lotta tra noi: Tom mi pittura tutti i vestiti da lavoro ed io faccio altrettanto. La nostra condizione non è come avevamo previsto.
Noto il suo sorriso, quello vero, che abbiamo sempre quando stiamo insieme.
"Questi ragazzi."borbotta Steve alzandosi e proseguendo verso la sua camera.
"Ho un'idea."mi riferisce il biondo "Dammi la mano.".
Con la tinta rossa colora tutto il mio palmo e le mie dita, poi mi ordina di farlo pure a lui.
"Al mio tre poggiamole qua."mi dice, indicando un punto della stanza un po' più nascosto.
"Ma... è la casa di Steve."ricordo.
"Lo so, ma ormai è anche nostra. Steve ci considera una famiglia, la sua famiglia."mi dichiara ed io mi convinco.
Al suo tre lasciamo la nostra impronta sulla parete, che stona ma rende stupendo ogni particolare della stanza.
Così convinciamo anche Steve, poi Tom riesce a farlo fare anche a Willow e infine a Philippe che corre a lavarsi la mano come se avesse toccato delle pile appena esplose.

La sera decidiamo di spostarci nella mia abitazione. Abbiamo bisogno un po' di privacy, così riferisce a Steve. Il vecchio comprende, ma so che sotto sotto avrebbe voluto che lo passassimo insieme.
"Lo accompagni te? Philippe tornerà domani mattina."mi chiede Tom, appena Steve ci riferisce di dover andare passare dal medico.
"Non so guidare."ammetto "O almeno non qua.".
"Strano."commenta Tom, disperato, ed io mi stringo nelle spalle.
"Va bene, prendete la metro. Ricordati di metterti gli occhiali da sole..."ma ormai non ascolto più le sue raccomandazioni.
Così ci dirigiamo verso la metro e fortunatamente Steve trova posto per entrambi.
Una famiglia è posta davanti a noi, mentre i due genitori ridono con le due piccole bambine.
Entrambe bionde, con due codine strette che scendono sulle loro spalle e gli occhi azzurri come la madre. Si guardano intorno con occhi pieni di speranza e voglia di esplorare. Poi, quella con il ciuccio, mi guarda e mi saluta con dolcezza.
"Quando mia moglie rimase incinta, io ero appena tornato dalla guerra."inizia Steve, sospirando e ammirando la mia stessa scena "Eravamo molto giovani e la madre di lei non poteva vedermi.".
"Veramente?"chiedo.
"Sì, non voleva che sposassi sua figlia. Credeva che fosse destinata al grande generale: un uomo muscoloso e alla moda. Il solito ragazzo che fa perdere la testa a tutte."risponde "Io diciamo che conoscevo a malapena l'amore. Ero stato fidanzato con la vicina quando avevo iniziato a camminare, poi non mi ero più innamorato. Ma appena mi misi con quella donna, capii che quello era il mio destino. Andammo contro i pregiudizi del paese e quelli di sua madre. L'amore fa brutti scherzi, ma senza esso come potremmo vivere?".
Steve ha ragione. Sarebbe quasi impossibile.
"La nostra bambina si chiamava Elizabeth. Aveva tredici anni quando morì nel mio più tragico incidente. Credo che non me lo perdonerò mai abbastanza.
Sai quando hai un figlio lo proteggi ovunque, ed io non ce l'avevo fatta. Philippe è stato la mia seconda opportunità di dimostrarlo e mi resi conto che sarei stato un padre veramente migliore. Ci vuole responsabilità e voglia di diventarlo. Sono questi gli ingredienti principali.".
Il rumore della voce registrata che annuncia la nostra destinazione, mi fa tornare sulla terra ferma e mi fa rendere conto che sto piangendo.
Non credevo che Steve avesse una figlia e che avesse avuto una perdita così profonda.
"Ero molto giovane, certo."prosegue, appena fuori da quella confusione "Ma sono stato felice di averla avuta così presto.".
"Mi dispiace, non lo sapevo."riesco a borbottare.
"È passato così tanto tempo. Elizabeth è qui nel mio cuore, come mia moglie."dichiara sorridendo.
Anche nonno è qua, tatuato sul mio cuore e nella mia mente. Devo ammettere che alcune volte chiudo gli occhi e risento la sua risata, accompagnata dalla mia.
"Desidererei una famiglia."dichiaro, asciugandomi gli occhi "Con Tom.".
Lui sorride e annuisce come se ne fosse già a conoscenza, poi si reca dentro l'edificio del dottore.
Mentre lo aspetto in sala d'attesa rimugino su quello che mi ha appena raccontato. Non avrei mai pensato che Philippe avesse avuto una sorella e che quella famiglia avesse dovuto assistere a due morti così tragiche e profonde.
Dopo mezz'ora, lo vedo uscire fuori con un sacchetto di medicine stretto nella mano destra.
"Tutto bene?"chiedo.
"Oh certo cara, è un mio caro amico. Qualche volta devo pure venirlo a trovare."ironizza.
Appena in metro, Steve mi riferisce che dovrò fermarmi alla fermata che mi diriga a casa.
"Sei sicuro che potrai andare da solo?"chiedo.
"Oh cara, secondo te sono così vecchio?"mi chiede ridendo. Così appena la metro si ferma a Notting Hill Gate, scendo e proseguo verso la mia destinazione.
Ho la mente dispersa in quei racconti di Steve e nella mancanza di nonno.
Appena arrivo davanti al mio ingresso, noto la macchina di Tom parcheggiata.
Cerco nella mia borsa le chiavi ma non le trovo. Poi mi rendo conto che se Tom si trova dentro la mia casa significa che sarà sicuramente entrato in qualche modo.
Così suono e quando mi viene aperta la porta, un piccolo bambino si presenta davanti ai miei occhi: Alex.

Non so se sei solo un sogno || Tom FeltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora