𝟑 - 𝑺𝒐𝒍𝒐.

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[FLASHBACK]

Aprile 2001

Tromso, Norvegia.
Orfanotrofio di Gathsemen.

"Mostro! Non ti avvicinare!"

L'ennesimo bambino lo aveva spinto lontano da sé, premendo forte le manine contro il suo petto. In viso un'espressione che trasudava il disgusto e la riluttanza più assoluta.
Liam aveva appena quattro anni quando tutto era cominciato, o almeno da quando era stato in grado di avere memoria e ricordare.

Anche se, a dirla tutta, avrebbe preferito non ricordare e basta.

« Ma io... volevo solo giocare a palla con voi... »

"Nessuno vorrebbe mai giocare con un mostro come te! Stammi lontano!"

Ancora una spinta.

Liam si era dunque guardato intorno: un grande cerchio di bambini attorno a lui lo fissavano inorriditi, si portavano le manine alla bocca sussurrandosi cose all'orecchio e, successivamente, gli puntavano contro il dito ridendo di lui.

Gli era sembrato come se l'intero giardino nel quale erano soliti ritrovarsi tutti ogni pomeriggio, fosse stato rinchiuso in una teca di vetro che non lasciava penetrare al suo interno alcun suono al di fuori di quelle risate, di quegli schiamazzi, dei giudizi sommessi, dei ghigni disgustati.

Un lucido velo di lacrime calde gli inumidì gli occhi, quando il labbro inferiore venne torturato appena tra i dentini, brutta abitudine ormai divenuta quotidiana, come fosse stata la sua unica valvola di sfogo contro il dolore al quale aveva dovuto imparare quotidianamente a sottostare.

Gli faceva male il petto...

Avrebbe potuto giurare, il piccolo Liam, di aver potuto percepire con chiarezza i propri polmoni stretti dolorosamente in una morsa, come se a stritolarli fossero state due grandi mani invisibili che adesso, silenziose, si erano spostate sul suo collo a mozzarne il respiro.

"Mostro!"

E più tentava di deglutire, maggiore era l'incapacità di carpire ossigeno.
Più tentava di trattenere le lacrime, più intenso si faceva il bruciore attorno alle piccole iridi.

Perché si comportavano così? Cosa aveva fatto di male per meritarsi un trattamento del genere? Liam se lo era chiesto per l'ennesima volta mentre correva via in lacrime; i singhiozzi coperti dalle risate altrui che ancora, con chiarezza, riusciva a percepire attraverso le orecchie sfumate nei colori della vergogna. Aveva sbattuto la grande porta in legno della propria stanzetta, prima di accasciarsi in un angolino e portarsi le esili ginocchia al petto, la fronte madida di sudore premuta contro di esse.

Quelle parole gli laceravano il cuore come mille coltelli avrebbero potuto fare con un pezzo di carne. Lo facevano sentire costantemente diverso, inadeguato, sbagliato.

Un mostro.

Proprio come lo definivano i suoi compagni lì, in orfanotrofio.

Forse avevano ragione. Lui diverso lo era per davvero, ecco perché i suoi genitori lo avevano abbandonato lì quando ancora era in fasce.

Liam aveva tirato su col nasino, asciugandosi le lacrime che copiosamente gli erano scivolate sulle guance bagnandogli le ginocchia.

𝑫𝒖𝒔𝒌 𝒕𝒊𝒍𝒍 𝒅𝒂𝒘𝒏 - [Bᴀɴɢᴄʜᴀɴ x Lᴇᴇ Kɴᴏᴡ (AU)]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora