Fate d'Isitari (Terre d'Isitari Spinoff)

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Leana correva a perdifiato, smarrita in quella terribile e tetra palude che ad ogni minuto, con il calare del sole, si faceva più oscura.

Con ogni passo rischiava di scivolare, o peggio, di sprofondare nel terreno fangoso che le aveva già strappato uno dei suoi sandali, sprofondato nel viscidume.

Ma Leana non si era fermata a recuperarlo, anzi, aveva corso ancora più veloce.

Si dannava per aver pensato di farcela senza problemi in quelle terre che non conosceva; solo di recente il commercio aveva iniziato a fiorire da quelle parti, con le genti delle paludi che poco a poco si convertivano al culto della Déa dell'abbondanza e accettavano merci provenienti anche da Isitari.

A Leana era parsa un'ottima occasione per piazzare le sue merci e farsi velocemente un nome come mercante, ma aveva preso alla leggera i pericoli del viaggio. Ora aveva perso tutto, ed era braccata da degli orribili goblin!

Erano creature generalmente vigliacche e mai si spingevano ad attaccare apertamente una spedizione, ma evidentemente lei doveva esser parsa un bersaglio facile: una ragazza paffuta dalla pelle bruna con lunghi e ricci capelli neri. Non avrebbe mai dovuto intraprendere quel viaggio da sola ma attendere di unirsi ad altri mercanti.

Rallentò fino a fermarsi, esausta, contro uno scheletrico albero morto. Allentò i lacci del corpetto per respirare liberamente; indossava la sua robusta tenuta da viaggio in pelle e tessuto, pratica e solo un po' troppo stretta sulle sue forme.

Non ebbe il tempo per riprendere fiato; udì il rumore molle che i passi generavano su quel terreno, troppi e troppo lievi per appartenere ad esseri umani.

Con un lamento riprese a correre, non dovevano raggiungerla, aveva sentito dire come si cibavano quelle creature: lasciavano morire lentamente di fame le loro vittime prima di cibarsene. Leana rabbrividì d'orrore.

Ormai notte Leana cominciò ad incespicare nei rami che, come trappole, spuntavano dal fango. Sull'orlo di cedere, la ragazza non credette ai suoi occhi quando vide, pock più avanti, una miriade di bagliori illuminare una porzione di foresta.

Che fossero torce? Covando quella speranza Leana utilizzò le ultime briciole di energia per lanciarsi in quella direzione.

Alcuni di quei lumi si agitarono, dopodiché si lanciarono nella sua direzione veloci come fulmini, e la superarono diretti verso le creature che la inseguivano.

Non erano affatto torce, capì Leana con meraviglia, bensì fate!

Le vide illuminare fon la loro luce gli spettrali recessi della palude, mostrandole anche che non si era ingannata; orride, ingobbite creature verdi l'avevano praticamente raggiunta, queste però retrocedettero terrorizzate alla luce fatata che li rivelava, spingendoli ad una precipitosa fuga. Era salva!

Le luci la circondarono e la ragazza poté vedere bene le fate: sapeva che queste piccole creature, sacre alla Déa d'Isitari, non avevano un vero e proprio aspetto, essendo magiche, ma solevano apparire come giovani e graziose ragazze.

Ed infatti erano tutte molto grasse. Certo, erano piccole e si libravano senza peso nell'aria, ma paragonate a Leana erano molto più abbondanti, con le loro grandi pance, seni e sederi, tutte vestite con abiti ricavati da foglie e persino eleganti!

"Oh, grazie alla Déa, e grazie a voi gentili creature!" Assieme alla gratitudine Leana avvertì anche tutta la spossatezza per la sua fuga, e tutta la sua fame! Un altro po' e i goblin non avrebbero dovuto attendere molto per vederla morire di stenti.

Le fate non risposero. Leana aveva sentito che solo di rado si esprimevano nelle lingue degli umani, e solo se necessario. Invece, le brillanti creature la circondarono e la spinsero ad avanzare.

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