Untitled Part 1

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*Sarebbe stato il mio ultimo "buongiorno", ed io lo sapevo...

Erano 17 anni che ormai vivevo a Billstone, un paesino dello Ziltan, e tutte le mattine frequentavo il mio noiosissimo liceo. L'unica cosa bella, era la presenza della mia migliore amica in classe; lei si che colorava il loop in cui ero finita dall'inizio delle superiori... però come si può ben immaginare dall'inizio di questa lettera, neanche questo è bastato a salvarmi.

Avevo bisogno di qualcosa di nuovo. Qualcosa che sconvolgesse la mia vita a fine di ricominciare a viverla.

La strada che intrapresi però, fu tanto sbagliata, quanto la domanda principale al compito di spagnolo di quella settimana; infatti, cominciai a chiudermi e a deprimermi. Mangiai così tanto gelato che divenni un barile e cominciai a fare autolesionismo sfrenato su braccia e gambe.

Tanto chi lo avrebbe scoperto... eravamo in pieno inverno...

Lo trovavo brutto come sfogo , ma allo stesso tempo giusto. Non potevo passarla liscia dopo aver fatto del male alla persona che amavo e aver distrutto la mia relazione. Dovevo pagare per i miei errori come persona.

Non avevo mai provato nulla di così, come dire, "artistico" prima di quel 26 novembre e pensavo fosse un buon modo per scaricare le mie emozioni senza fare più sbagli irrimediabili agli altri.

Tutto peggiorò 2 mesi dopo, quando dovetti ritornare a scuola. Nascondere il mio stato cadaverico a chiunque mi vedesse in corridoio diventò quasi impossibile. Ogni giorno andavo a lezione sempre più pallida e, anche se non mi calcolava neanche il professore durante le 6 ore in classe, non volevo far preoccupare nessuno, così cominciai a mentire e a dire che era il mio nuovo metodo di "pesca" per ragazzi.

La mia migliore amica aveva sofferto fin troppo, non potevo mettermici anche io con i miei inutili problemi...

L'avevo convinta con le parole, però non ci riuscì a lungo con i gesti.

Me lo ricordo ancora bene, erano le 3 di pomeriggio del Giovedì; stavo accompagnando Lei a canto, perché avevamo saltato scuola per andare a fare shopping in centro. Tornando verso scuola, visto che il teatro era lì vicino, vidi per caso in lontananza 2 figure. Le riconobbi subito. Ma non ebbi il tempo di girarmi verso il mio tesoro, che non vidi più nulla.

Il resto, me lo raccontò successivamente un ragazzo alto con gli occhiali scuri. Disse che ero cascata in terra come una pera cotta e che lui mi aveva portata in braccio all'ospedale più vicino. Quando mi risvegliai, nella mia camera del reparto di psichiatria, al quarto piano, con lui accanto al letto, c'era la mia migliore amica. Sembrava provare molte emozioni tutte insieme, ma quelle che risaltavano di più, erano senza dubbio negative. stava piangendo.

Io, da brava amica quale sono, non riuscì a fare nulla, neanche in quel momento così difficile, se non chiederle "scusa" per averle fatto saltare la sua lezione pomeridiana. Mi stava fulminando con lo sguardo; come potevo biasimala, non avevo detto nulla della mia situazione per mesi interi e sapevo quanto lei ci tenesse che fossi sincera... avevo decisamente ottenuto l'esito opposto a quello prestabilito. Lei stava soffrendo di più.

Passarono i giorni, e il ragazzo biondo non si fece più vedere nella stanza numero 409, quasi quasi mi dispiaceva... non avevo potuto ringraziarlo a medo per il suo salvataggio d'emergenza, ma in quel momento avevo di meglio con me. Lei. Nonostante la rabbia nei miei confronti, lei c'era sempre per me. Veniva a raccontarmi i gossip a scuola e a fare l'unica cosa che non mi sarei mai aspettata da una pigrotta; mi ripeteva le materie per le interrogazioni, così facendo, perdevo più lentamente il programma, di quanto non avessi fatto standomene a letto tutto il giorno a vedere film romantici. Mi insegnò anche a giocare al suo passatempo preferito, gli scacchi. Ero una frana anche a quello AHAHAH

•Ormai però, non potevo fare molto. E lei lo sapeva•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora