Capitolo 21.1: Consapevolezze

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Con la mente affollata e nuove consapevolezze, cedo al sonno profondo e solo quando i caldi raggi del sole accarezzano il mio viso, apro gli occhi

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Con la mente affollata e nuove consapevolezze, cedo al sonno profondo e solo quando i caldi raggi del sole accarezzano il mio viso, apro gli occhi. Mi accorgo della giacca di Can su di me. La scosto appena e il suo profumo invade le mie narici. Sorrido ripensando a ciò che è accaduto questa notte, alle sue parole. Giro la testa e finalmente lo vedo. È seduto poco distante da me. Mi chiedo se sia stato li tutta la notte, vicino a me. Mi saluta tranquillo, mentre io non riesco a dirgli nulla. Riesco solo ad annuire. Mi chiede se possiamo andare via. Imbarazzata, distolgo lo sguardo e guardo di nuovo la giacca, quel suo gesto di premura. Rispondo dicendogli di si e sorridendo felice, mi alzo. Lui mi passa la borsa ed io gli restituisco la giacca e, dopo aver liberato le spalle dalla sciarpa nella quale mi sono avvolta questa notte, iniziamo a camminare.

Lo osservo e un senso di leggerezza mi pervade. È una sensazione che non provavo da tanto. Da quando Can era andato via, i miei pensieri erano diventati tutti uguali, pieni di domande a cui non ero mai riuscita a dare una risposta. Non riuscivo a trovare il capo di quel filo, in grado di sbrogliare la confusione che avevo in testa. Adesso, dopo averlo sentito pronunciare le parole del libro che parla di noi, forse per la prima volta, sono riuscita a trovare almeno una risposta e a liberarmi un po' di quella pesantezza che mi ha invasa per un anno intero. Camminiamo fianco a fianco e i nostri occhi si incontrano di tanto in tanto, nonostante il silenzio. Sorrido pensando alla sua voce che ha accarezzato le mie parole per lui. Non sorridere così tanto Sanem, se ne accorgerà. Incontrando i suoi occhi, ripenso a quella volta che ha piantato i suoi occhi nei miei, durante una passeggiata fatta in una foresta simile a questa.

"Fui obbligata a prendere parte a quello strano viaggio di lavoro ad Avga, insieme al Signor Can, da soli. Il Sigor Emre mi incaricò di tener lontano suo fratello dalla Signorina Arzu Tash, modella di fama mondiale con la quale aveva intenzione di stipulare un contratto di lavoro. Mi disse che, per il bene dell'agenzia, quell'accordo che il Signor Can aveva intenzione di concludere, andava mandato a monte. La Signorina Arzu, benché fosse molto richiesta da molte agenzie, dapprima accettò di lavorare con la nostra agenzia pubblicitaria, per poi rifiutare di firmare quell'accordo. Il Signor Can, sconcertato da quel comportamento, chiese che venisse rintracciata immediatamente. Esigeva spiegazioni, poiché non capiva cosa fosse successo di così tanto grave da rifiutare quell'offerta. Non appena seppe dove trovarla, ci disse che sarebbe andato da lei. Il Signor Emre mi obbligò dinanzi a lui ad accompagnarlo per poter impedire il loro incontro. Feci tutto ciò che mi fu possibile: Rubai la sua patente dalla giacca prima di metterci in viaggio, ma lui mi obbligò a guidare la sua auto d'epoca. Guidai verso quell'hotel, ad una velocità così lenta da far impazzire gli automobilisti dietro di noi. Quando il Signor Can mi disse di svoltare a destra andai dritto, con la scusa che quella strada perfettamente asfaltata, non era di mio gradimento e che ne conoscessi una migliore. Fu cosi che ci ritrovammo in una stradina sterrata, dove bucai una ruota. Ebbi la speranza che demordesse e rinunciasse a quell'incontro, ma cosi non fu. Cambio abilmente la ruota e mi impedì di riavvicinarmi al volate della sua automobile. Dopo altri pochi metri, quella stradina ci condusse nel fitto della foresta, divenendo impossibile da poter proseguire oltre. La macchina rimase impantanata tra due solchi e fummo costretti a proseguire a piedi. Camminammo in silenzio per ore e non mi dispiacque. Il distacco che avvertii tra noi, fu quasi tangibile. Cercai di non badare a lui e mi guardai intorno, meravigliata dalla bellezza della natura. Fu allora che li vidi. Sotto un albero, un bel cespuglio di Cleome attirò la mia attenzione. «Ah, guardi! Sono Cleome! Sono bellissimi!» dissi, correndo verso di quei fiori incantevoli. Mi inginocchiai accanto a quel cespuglio e li annusai, inebriandomi del loro profumo. «Sanem, adesso non è il momento per raccogliere dei fiori, giusto?» disse alle mie spalle il Signor Can. Mi voltai verso di lui e lo vidi avvicinarsi. «Ma Signor Can, sono difficili da trovare! Sono fiori selvatici.. Posso raccoglierne un po'?» chiesi supplicandolo di concedermi quei pochi minuti. Annui dandomi il consenso e immediatamente iniziai a cogliere quei fiori. «Perché hai bisogno di questi fiori?» mi chiese curioso avvicinandosi al cespuglio e rimanendo in piedi di fronte a me. «Ci farò un profumo!» risposi sorridendo felice di aver trovato quel  tipo fiore. «Tu fai un profumo tuo personale? Molto bello!» disse quasi allibito. «Non è il profumo in bottiglia a cui pensiamo di solito. Preparo una crema secondo la ricetta di mia nonna.» spiegai, mentre adagiavo quei fiori in un fazzoletto di stoffa. Vidi il Signor Can si chinarsi su quel cespuglio e sporgersi in avanti, per annusare il profumo inebriante di quel fiore. Fu quella la prima volta. La prima volta in cui avvertì la potenza dei i suoi meravigliosi occhi piantati nei miei. Rimasi incantata dal suo sguardo, per certi versi imbarazzata. Sembrò perdersi nei suoi pensieri, mentre continuò ad annusare quel fiore e osservarmi. Abbassai lo sguardo e continuai a raccogliere le Cleome. «Ecco perché sei cosi..» mi disse d'un tratto. Confusa, alzai lo sguardo chiedendogli di spiegarmi cosa intendesse dire. Sul suo volto, comparse un qualcosa che non riuscii a comprendere, un espressione diversa da quelle che mi aveva riservato le altre volte. Con gli occhi che non abbandonarono mai il mio volto, mi disse di continuare a raccogliere quei fiori per poi incamminarci, scegliendo di non rispondere, di non darmi la spiegazione delle sue parole. Raccolsi alla svelta un ultimo fiore e gli dissi di esser pronta a proseguire il nostro lungo cammino. Riposi tutto nella borsa, mi ripulì alla buona le ginocchia dalla polvere e ci avviammo. Non ci furono più silenzi, ne distacco. Camminare al suo fianco, per qualche strana ragione, sembrò più naturale che respirare"

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora