Capitolo 21.2: La resa dei conti

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Sono rimasto sveglio tutta la notte

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Sono rimasto sveglio tutta la notte. Seduto sotto quest'albero a poca distanza da lei. L'ho osservata ogni secondo e, adesso che è l'alba di un nuovo giorno, la osservo ancora, cercando di imprimere perennemente nei miei occhi ogni parte di lei. Solo poche volte ho distolto lo sguardo dal suo viso e in quelle volte ho alimentato quel fuoco, nella speranza che il suo calore, arrivasse sino a lei. Tutta la notte, mi sono ripetuto migliaia e migliaia di volte di esser stato uno stupido, un codardo, un vigliacco per aver scelto di andare via quella dannata notte. La vedo immersa ancora nel suo sonno pacifico e mi chiedo se da qualche parte, nei suoi sogni ci sia anch'io, sicuro di essere stato per molto tempo, il protagonista dei suoi incubi.

Sanem si volta verso di me, ad occhi chiusi. Distolgo in fretta lo sguardo da lei, per non essere scoperto ad osservarla ma, desideroso ancora di osservare il suo volto, mi volto verso di lei e mi accorgo che osserva la giacca che le ho messo addosso questa notte. Incontro i suoi occhi. Sembrano stupiti, ma non posso esserne certo. «Buongiorno» le dico, cercando di mostrare una tranquillità che non sento, provando a nascondere la tristezza che mi ha accompagnato tutta la notte. Annuisce impercettibilmente restando in silenzio e a quel punto, le chiedo se possiamo andare via da li. Mi risponde che per lei va bene e annuisco accennando appena un sorriso, che non sento. La osservo ancora qualche secondo, mentre nella mia mente, ritornano per l'ennesima volta a galla le sue parole, che mi hanno tormentato tutta la notte.

«Per favore, stai alla larga da me»

Mi alzo in fretta, pensando che questo momento sia forse l'ultimo che mi rimanga da trascorrere con lei. Recupero lo zaino e le passo la sua borsa. Mi restituisce la giacca e in silenzio ci avviamo verso la tenuta. Do un ultimo sguardo a questo posto, pensando che possa essere davvero l'ultimo luogo in cui siamo stati insieme. Camminiamo lentamente in silenzio, fianco a fianco. Vorrei dirle che non posso starle lontano come invece mi ha chiesto di fare, che il mio cuore me lo impedisce. Vorrei dirle che ogni cellula del mio corpo le appartiene e che starle lontano, per me significa vivere una vita senza davvero vivere. La osservo di tanto intanto, distogliendo lo sguardo rapidamente e guardando altrove. Camminare con lei, immerso nella natura, porta a galla un ricordo lontano. Uno dei primi, al quale tengo molto.

"Stavo per chiudere un accordo molto importante per l'agenzia. Mancava solo che la Signorina Arzu Tash, modella di fama internazionale, firmasse il contratto. Stranamente, mi venne comunicato che quella donna, improvvisamente, rifiutò l'offerta. Mi dissi che questi erano capricci di una donna consapevole di essere ciò che era e che le avrei dovuto parlare di persona. Chiesi che venisse rintracciata e non appena seppi dove trovarla, avvisai Emre che sarei corso ad Avga per chiederle spiegazioni. In ufficio entro lei, Sanem, per consegnare alcuni documenti richiesti da Emre, cosi salutai mio fratello pronto ad andare. Emre mi propose di non andare solo e mi consigliò di portare con me Sanem. La osservai e mi dissi che forse trascorrere del tempo con lei, mi avrebbe permesso di conoscerla meglio. Ai miei occhi era insolita e questo mi incuriosiva davvero molto. Dopo un primo rifiuto ad unirsi a me in quel viaggio improvviso, acconsenti. Le dissi che l'avrei aspettata nel parcheggio dell'agenzia e andai via. Ricordai di dover prendere la giacca ma Sanem mi fermò, dicendo che se ne sarebbe occupata lei. le dissi di sbrigarsi e che l'avrei attesa al parcheggio. Cinque minuti dopo, mi raggiunse e mi diede la giacca. Frugai nelle tasche, per accertarmi che avessi tutto il necessario. Stranamente, non trovai la patente. Dissi che probabilmente era caduta e Sanem, si propose di andare a cercarla. Le dissi che non c'era bisogno e che a guidare sarebbe stata lei. Fu il viaggio più stressante che avessi mai fatto. Guidò con esagerata lentezza, nonostante le dicessi di accelerare. Dopo l'ennesima mia richiesta, accelerò fin troppo, costringendomi a reggermi alla maniglia. Le dissi di svoltare a destra, ma lei per tutta risposta andò dritto, dicendomi che non le piaceva quella strada. Finimmo in mezzo al nulla, circondati da alberi, terra e polvere, dove senza farci mancare nulla, bucò una ruota della mia auto. Dopo averla sostituita, le vietai di avvicinarsi al volante. Guidai per quella stradina dissestata finché potei. Rimanemmo impantanati e più provai a venirne fuori, più il fumo provocato dallo sforzo del motore saliva verso il cielo. Scesi dall'auto e aprì il cofano per poter verificare l'entità del danno che, come sospettai, fu notevole. Le dissi che avremmo proseguito a piedi. «Come usciremo dalla foresta mi chiedo?! Ci siamo persi, forse dovrebbe aspettare..» mi disse. «Aspettare cosa, Sanem?» le chiesi spazientito. «Il mio orientamento è molto buono, fidati di me» aggiunsi, chiudendo il cofano. Le chiesi di recuperare la mia giacca e le chiavi dell'auto e mi allontanai di qualche passo, cercando di pensare al da farsi. Le dissi di sbrigarsi e lei mi corse incontro. Mi passo la giacca e distratta com'era, mise un piede in fallo, rischiando di cadere. L'afferrai per la vita e l'attirai a me. Il suo profumo arrivò dritto alle mie narici, inebriandomi i sensi. Il suo corpo contro il mio, mi provocò una scossa di elettricità lungo la schiena, esattamente come quella sera, al buio in quella loggia, quando baciai quella perfetta sconosciuta a cui poco dopo, riuscì a dare un volto: il suo."

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora