仕事

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La sveglia del mio compagno di stanza mi fece risvegliare dal mio sonno profondo. Nonostante non avessi preso i tranquillanti mi ero addormentato facilmente.
Sì, Felix aveva ragione.
Scesi dal letto e feci per andare in bagno, quando notai che il mio compagno di stanza non si era ancora svegliato.
Lo scossi un paio di volte, e finalmente i suoi occhi scuri furono visibili.
«Muoviti Hyunjin, oggi c'è il laboratorio d'arte!"»
Quello era l'unico aspetto positivo di quel posto.
Amavo l'arte. Amavo dipingere e disegnare, anche sui vestiti.
Avevo rimodernato pure la mia divisa azzurrina, stupendo i miei compagni e gli infermieri.
Ne andavo fiero.
Finalmente il ragazzo dai capelli lunghi e biondi si levò le coperte di dosso, dirigendosi a passo strusciato al bagno.
Le sue ferite erano ben evidenti, in mancanza di una felpa o una maglia a maniche lunghe.
A quanto avevo sentito dire soffriva di depressione, ed era autolesionista.
Non avevo mai capito perchè fosse finito in un manicomio, ma forse aveva le sue ragioni.
In fondo nessuno è normale. In psicologia ogni mente è diversa, e può presentare cambiamenti e anomalie. Forse chiunque in questo mondo dovrebbe essere rinchiuso in un manicomio come era capitato a me.
Velocemente mi cambiai il pigiama e mi
precipitai in mensa alla ricerca del mio amico. La su chioma chiara attirò subito la mia attenzione.
Era bellissimo come sempre.
Nonostante la monotonia delle sue azioni, ogni giorno lo desideravo sempre di più. Avevo bisogno di lui nella mia vita, ne ero certo. Spesso mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se un giorno uno di noi due se ne sarebbe andato.
Se lui fosse uscito prima di me non avrei più avuto nessuno con cui parlare liberamente. Con cui scherzare. Non avrei avuto nessuno da ammirare, nemmeno l'infermiere Seungmin era di mio gradimento tanto quanto lo era Felix.
A parer mio lui era insuperabile, caratterialmente e fisicamente.
Anche su quell'aspetto non potevo negare di aver immaginato spesso il suo corpo senza maglietta.

«Hai dormito?»
«Come un sasso.»
«Allora avevo ragione, eh?»
Mi pizzicò appena, solo per infastidirmi.
«Già, avevi ragione.»
Qualche minuto dopo il bell'infermiere dai capelli scuri mi portò un vassoio argentato con dentro la mia colazione.
«Mi raccomando Chan, devi mangiare.»
Mi accarezzò piano i capelli per poi scappare via con in mano un altro paio di vassoi.
Ogni giorno che passava Seungmin era sempre più gentile con me.
Sorrisi e feci per afferrare una forchetta, ma una mano mi fermò.
«Che stai facendo?»
«Scambia il tuo vassoio con quello di Minho.»
«Perchè?»
«Tu fallo.»
Eseguii l'ordine.
Il castano seduto dinnanzi a me non se ne accorse, era troppo impegnato a ripetere i suoi cari numeri.
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«Felix, che ti prende?»
«Vuoi che ti droghino di nuovo?»
Lo guardai stranito.
«Nel tuo latte ogni mattina ci ficcano del tranquillante. Credevi vermente che ti facessero prendere soltanto due pastiglie al giorno?»
«E a Minho non mettono nulla?»
«Sai benissimo che quello che danno a lui non glielo sciolgono nel latte.»
Solo allora mi ricordai che a Minho sparavano direttamente in vena il suo farmaco.
Feci spallucce e cominciai a mangiare. Non finii il piatto, ma mi ero sforzato di buttar giù quei bocconi.
«Bene ragazzi, è ora del laboratorio!»
Uno degli infermieri presenti nella sala alzò la voce attirando l'attenzione di tutti. Quello era l'infermiere Jisung.
Le guance paffute e le labbra a cuore gli avevano sempre dato un aspetto dolce, infondo lui lo era.
Era l'infermiere personale di Minho, ma quest'ultimo probabilmente non lo sapeva nemmeno.

Il laboratorio fu bello come sempre.
Felix stava seduto al mio fianco e mi osservava di continuo, mentre impugnavo il mio pennello.
Mi sorrideva sempre.
Non potei non fare altrettanto.
Spesso ci ritrovavamo a fissarci l'un l'altro, senza dire una parola.
Più li osservavo, più amavo quegli occhi contornati da un'intera galassia di lentiggini chiare.
Avrei tanto voluto stare a fissarlo tutto il giorno, ma il tempo non me lo permetteva.
Ben presto finì il laboratorio e solo allora mi ricordai della lista per il dottor Choi.
Recuperai un foglio e scrissi le prime cose che mi vennero in mente.
A scuola ero bravo, soprattutto in letteratura, ma da quando ero entrato in quel posto la mia fantasia era venuta meno, bloccando tutte le mie idee ed ispirazioni.
«Che stai facendo?»
La voce delicata di Felix mi colse alla sprovvista spaventandomi.
«Come fai ad essere sempre così silenzioso?»
«Non lo so.»
Scossi appena il capo sorridendo.
«Faccio una lista delle cosa che mi piacciono di me.»
«È per il dottor Choi?»
Annuii leggermente, consapevole delle conseguenze.
Lui sbuffò, ma rimase muto.
La voce squillante dell'assistente del dottore attirò la mia attenzione.
Ancora mi stupivo di quanto fosse stridula la voce di quel ragazzo poco più alto di me. Si chiamava Jeongin.
Era lì per svolgere il suo tirocinio.
Ci parlavo ogni tanto, dal momento che spesso lo trovavo nella mia stanza mentre faceva fare terapia a Hyunjin.
Quei due si intendevano, lo si capiva.

Raggiunsi la porta bianca dell'ufficio del  mio caro strizzacervelli e prima che potessi girare la manopola, la porta si spalancò, rivelando un altro paziente.
Conoscevo pure lui, ma solo di vista.
Changbin. Un tipo rabbioso con problemi di gestione della rabbia. Spesso mi chiedevo come facesse a tenerlo sotto controllo il dottor Choi.
Feci passare il ragazzo e osservai l'interno della stanza.
Il dottore era alla scrivania, intento a sistemare delle carte. Mi saltò all'occhio un fascicolo bianco e rosso.
Tutte le cartelle cliniche di noi pazienti erano di quei colori.
Non mi feci domande, probabilmente era  il profilo psicologico di quel Changbin.
Senza dire una parola mi sedetti sul solito divanetto che emise un piccolo cigolio, attirando l'attenzione del dottore indaffarato.
Ancora una volta mi chiesi come faceva Felix a non farsi mai sentire quando camminava.
«Oh, buon pomeriggio Chan.»
«Salve dottore.»
Lui si alzò dalla sua comoda poltrona spostandosi su quella sedia dall'aria scomoda.
«Spero tu abbia fatto il compito questa volta.»
Io annuii ed estrassi dalla mia divisa il foglietto già stropicciato.
«Mi piace possedere un amico sul quale contare sempre.
Mi piace il fatto che riesca a farmi notare.»
«Solo questo?»
Io annuii.
«È stato difficile?»
«Modestamente.»
«Non hai detto nulla sul tuo aspetto fisico.»
Affermazione fastidiosa, quella.
Era come se ad ogni seduta cercasse in tutti i modi di farmi alterare.
«Non è che io mi piaccia, però... Mi sembra strano cambiare.»
Soffrivo di anoressia, e negli anni addietro ero stato davvero molto male.
Nell'ultimo periodo però, grazie a Felix, stavo meglio.
«Ti sembra sbagliato o sembra sbagliato a qualcun'altro?»
Capii subito a chi si riferiva.
«Se intende Felix ha ragione.
Lui mi dice che sono perfetto così, e non mi giudica.»
«Forse lo fa perché non vuole che tu stia bene e che tu abbia un fisico in salute.»
«Dove vuole arrivare, dottore?»
«Chan, hai mai pensato che lui non sia reale?»

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𝐈'𝐦 𝐧𝐨𝐭 𝐡𝐞𝐫𝐞 •𝐂𝐡𝐚𝐧𝐋𝐢𝐱•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora