8. Tutti mentono

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Esistono due tipi di adolescenti a Ketterdam: quelli come Ryker, che stanno studiando per ampliare le proprie conoscenze e migliorarsi e magari un giorno poter avverare i propri sogni, e quelli come Kaz, che nei sogni non ci credono più perché conoscono la cruda realtà, sanno come funziona, per loro studiare cose del passato è inutile, hanno ogni giorno a che fare con il presente e non hanno la necessità di cambiare per gli altri. 
Ketterdam è dura a volte, ti costringe a diventare ciò che non hai mai voluto essere e quando te ne accorgi, è troppo tardi per tornare indietro. 
Questi due ragazzi sembrano essere agli antipodi, le due facce di quella disequilibrata società, ma alla fine non sono poi così diversi. Anche Ryker, come Kaz, viene dalla periferia, da una fattoria lontana dai fumi cittadini, anche Ryker, come Kaz, ha una mente geniale, anche Ryker, come Kaz, vorrebbe diventare un famoso mercante o un importante banchiere. L’unica differenza tra i due non sta tanto nel fisico magro, di media statura e di buona presenza, o nella gamba, compensata ormai dalla presenza del bastone, bensì l’unica differenza è che Ryker aveva tutto, mentre Kaz non aveva più niente. 

Era passato da poco l’undicesimo rintocco della mattina e Ryker si trovava ancora in classe a ricopiare delle inutili equazioni. Quel venerdì le lezioni sarebbero terminate troppo tardi affinché riuscisse a raggiungere Quarto Porto in tempo, così, grazie alla collaborazione di Eve, finse un improvviso malore e il professore gli consigliò di andare nella sua stanza. Aveva detto di essere bravo a recitare, no? Con gli insegnanti aveva funzionato, chissà se funzionerà anche per quel ragazzo, si chiese. Non doveva nemmeno cambiarsi, lui gli aveva detto di presentarsi come un semplice studente, quindi prese una semplice giacca blu e se la mise sopra la semplice felpa grigia dell’accademia, completando il look con un cappotto, per avere più possibilità di “trasformazioni”. 
Non sapeva di preciso se essere agitato, felice o impaurito. Qualsiasi cosa gli avesse chiesto di fare, sarebbe riuscito a farla bene? Non era certo un professionista e non sapeva se a Kaz sarebbe andato bene tanto da accettarlo all’interno della sua squadra. Ovviamente era sempre un po’ nervoso quando si parlava di improvvisare qualcosa ma nel campo della recitazione poteva essere davvero divertente. 

La strada non era troppo lunga se alternava vie terrene e canali, tuttavia arrivò al mercato con almeno quindici minuti di ritardo, sperò che a Kaz non desse fastidio. 
Lo cercò tra la folla, non era facile nonostante ricordasse il suo particolare aspetto e il caratteristico bastone. Molta gente indossava un cappotto nero e da lontano tutti si somigliavano, poi intravide due figure, tra gli allegri clienti di un bar, qualcuno con dei guanti neri che sorseggiava una tazza e un bastone appoggiato accanto alla sedia. Attraversò la folla e si precipitò verso il tavolino.

A volte anche Manisporche sembrava una persona normale, almeno d’aspetto. Aveva sempre con sé i suoi inseparabili guanti ma in quella mattina, stranamente più fredda del previsto, era una cosa abbastanza ordinaria. Ordinò un caffè, aspettando che lo studentello si affrettasse, poi si sedette in un tavolino libero. Di certo non era un luogo silenzioso ma era lontano dai suoi problemi e questo bastava a rilassarlo un po’. Dopo qualche minuto gli fu servita la tazza da un gentile cameriere, il quale ringraziò. 
Lanciò un’occhiata alla piazza ma o il ragazzo non si era ancora fatto vivo o si era mimetizzato fin troppo bene. Prese una bustina di zucchero dal piattino e cercò di aprirla ma invano, i guanti gli impedivano spesso piccole azioni insignificanti come quella. Sarebbe stato più facile a mani nude. Poi nel suo campo visivo si inserirono delle sottili dita ben curate, sicuramente femminili, che sfiorarono le sue e aprirono la bustina delicatamente. 
Quell’improvvisa apparizione lo innervosì leggermente. Chi era quella ragazza e perché si era avvicinata a lui? 

- Dovresti provare a toglierteli, i guanti. Io sono Mindy. - esordì sorridente lei.
- Mindy? - ripeté alzando un sopracciglio, notando il suo viso troppo pallido.
- In realtà mi chiamo Imogen ma ormai tutti mi soprannominano così. - si presentò la ragazza. Aveva una voce mielosa, con un tono pacato e leggermente insistente. 
Anche lei indossava il maglioncino bianco dell’accademia, sembrava portarlo con eleganza, come un capo firmato, accompagnato da una gonna bordeaux poco sotto il ginocchio. 
Kaz finì di mescolare il suo caffè in silenzio, mentre la ragazza attendeva una qualche risposta. 
- Non mi offri nulla? - disse Imogen un po’ infastidita nel doverlo ricordare, mentre si sedeva davanti a lui.
- Se vuoi qualcosa, puoi prendertela da sola. - Rimase sorpresa dal comportamento di quel ragazzo che forse si credeva un po’ troppo superiore. 

Per qualche istante rimase in silenzio cercando di capire come poteva ammaliarlo. Non sapeva perché, ma quel ragazzo misterioso la attraeva, forse erano i suoi modi diversi, non adulatori, forse il fatto che sembrasse più grande di quanto poteva realmente essere, oppure il suo sguardo così freddo ed estraneo. Che strano, non mi pare di aver mai conosciuto ragazzi come lui: non è tanto diverso dagli altri, però non somiglia a nessuno che mi viene in mente. Ha un'aura così cupa e così sexy! Pensava con la testa appoggiata alla mano destra, mentre lo squadrava da seduto. 
Non sembrava infastidito e se lo era, non lo dava a vedere. Era una di quelle poche occasioni dove Imogen non sapeva cosa dire: lei che civettava con tutti, non trovava argomenti che potessero interessarlo o colpirlo in qualche modo. 

Kaz avrebbe preferito non avere l’inutile compagnia di una sconosciuta che lo fissava seduta di fronte, ma la ignorò e bevve il caffè tranquillamente, voltandosi ogni tanto verso la piazza. Non conosceva quella ragazza, ma sapeva a quale specie apparteneva e lui non sopportava la gente che voleva avvicinarti e incantarti per i propri scopi, di amore o di politica che fossero. Gli ricordavano troppo Jakob Herzhoon, uno dei tanti pseudonimi che ha assunto Rollins nelle sue missioni di truffatore. Il fatto che li odiasse era però una contraddizione perché, in fondo, anche lui si comportava in quel modo. Qualche volta lui diceva la verità a chi gli conveniva, spesso una mezza verità. Lui colpiva dove il legno era più debole e poi sradicava l’intera quercia da dentro, proprio come aveva fatto con Jan Van Eck e come aveva intenzione di fare con Pekka Rollins. Poche volte mentiva perché non era necessario rivelare come stavano veramente le cose, o ancora più raramente, per proteggere qualcuno o qualcosa. Troppe volte non era lui, sembrava quasi si prendesse in giro da solo. Era quello che sapeva fare meglio, mentire. Mentire ai ricchi, mentire agli onesti, mentire ai suoi nemici, mentire ai suoi compagni, mentire a sé stesso.

- Anche tu frequenti l’accademia? - chiese Imogen.
Kaz rispose secco negando, lei volle sapere di più ma lui raccontò soltanto che lavorava da quando era arrivato in città e non aveva tempo per studiare. 
Poi kaz si sentì chiamare e vide comparire Ryker che correva verso di lui. 
- Scusami, - disse con il fiatone, - ho fatto più in fretta che ho potuto. - Poi si voltò e vide la ragazza. 
- L’hai invitata tu? - Ryker rimase confuso nel vedere che l’altra persona con cui Kaz stava parlando fosse proprio Imogen. - Cioè, non dico che mi dispiace o che non possa rimanere, ma deve per forza? Io… in realtà, non so se… -
- Tranquillo, me ne stavo andando. - rispose lei, - A quanto pare, qualcuno qui è troppo impegnato. - concluse e se ne andò via senza salutare.
- Ho fatto qualcosa? Forse preferivi che arrivassi dopo? - chiese Ryker ancora agitato dall’inaspettato incontro. L’unica risposta di Kaz fu un cenno della testa verso il mercato e il ragazzo comprese di doversi rilassare e mettersi al lavoro.

Iniziò con qualcosa di semplice, come riscaldamento: Kaz gli chiese di comprare un casco di banane dalla bancarella a destra più vicina e di scambiarle con delle mele della bancarella a sinistra. Per Ryker non aveva molto senso ma ci provò lo stesso, si tolse il cappotto, restando con la felpa della scuola e fece un breve giro tra gli stand a destra, poi si diresse ad acquistare le banane. Ringraziò il venditore e fece finta di abbandonare la piazza mentre si avvicinava di nuovo ai tavolini del bar. Poi poggiò la busta sulla sedia vuota con la mano destra e si mise velocemente il cappotto, Kaz osservava, riprese la busta nella mano sinistra e, stavolta con aria sicura, attraversò la piazza fino all’altra bancarella. Attese che uno dei venditori finisse di pesare delle arance a un’anziana, e avanzò educatamente.
- Salve, - esordì dimostrandosi maturo, - mia moglie è un po’ sbadata, le ho chiesto di comprare delle mele per fare un dolce ma lei ha preso le banane e ne abbiamo già abbastanza a casa. - disse, quindi chiese di poter scambiare il casco di banane per una quantità dello stesso prezzo di mele, che era più alto rispetto alla bancarella precedente, e l’uomo lo accontentò con modi comprensivi. Ryker ovviamente non pagò, ringraziò e se ne andò. 

Kaz non aveva assistito personalmente da vicino, si accontentò della descrizione del ragazzo. Finito di raccontare, la sua reazione fu quasi positiva ma insicura, aveva bisogno di testarlo in qualcosa di più importante di due banane. Si alzò dal tavolino e si incamminò verso il viale.
- Muoviti, vieni. - quasi ordinò, - Lascia lì le mele. - 

Benvenuti a Ketterdam [IN CORSO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora