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ELIA

Sono passati esattamente due giorni da quando Eva ha lasciato questa casa e i miei polmoni peggiorano ora dopo ora. Mi manca immensamente, ho provato a chiamarla ma mi ha ignorato. Mi sento profondamente in colpa e non riesco nemmeno a dormire. Non trovo pace, ovunque io mi giri, la vedo. Vado in cucina e la vedo ai fornelli intenta a prepararmi da mangiare, vado in bagno e la vedo allo specchio mentre si lava i denti, vado in salotto e la vedo rannicchiata sul divano mentre studia. Non ce la faccio più, questa casa parla solo di lei e senza è vuota, buia, fredda e in disordine, come il mio cuore. Non posso credere di averla ferita, io che sarei dovuto essere il suo supereroe, l'unico che non avrebbe mai dovuto abbandonarla e invece l'ho fatto. Ho fatto l'unica cosa di cui lei aveva paura, l'unica cosa che lei era sicura io non avessi mai fatto. Sbatterei ripetutamente la testa contro il muro se il cancro non stesse già facendo il suo sporco lavoro. Mi rimane qualche giorno, al massimo una settimana, così ha detto l'infermiera stamattina. In due giorni i miei polmoni hanno deciso di abbandonarmi e di mandarmi all'infermo. Ma sono già all'inferno, la mia vita senza di lei è un inferno. Non avrei mai dovuto mentirle, né sul cancro né sull'adozione. Ho chiamato i suoi genitori l'altro giorno e mi hanno detto che lei li aveva perdonati, o quasi, se ha perdonato loro perché non perdona me? Perché non viene e mi abbraccia e mi dice che tutto andrà bene e che abbiamo ancora una lunga vita davanti, che lei mi sarà accanto qualunque cosa accada? Stamattina Tommaso è uscito di casa giurandomi che l'avrebbe riportata da me, ma allora perché non sono già tornati? Perché sono ancora da solo in questa casa vuota e fredda? Troppe domande a cui non riesco a dare una risposta, troppe domande che bruciano il mio cervello secondo dopo secondo. Ho bisogno di Eva, di lei più che di una bombola di ossigeno. Voglio solo che mi abbracci e che mi dica che mi ha perdonato, così posso chiudere gli occhi e levare il disturbo. Mi alzo dal letto e apro il cassetto in cui ho nascosto la lettera che le ho scritto qualche mese fa. Spero che dopo la mia morte la trovi, che lei capisca cosa provo, che capisca che nonostante tutto era la mia unica fonte di vita. La leggo e la rileggo e poi guardo l'orologio, poi la leggo ancora e ancora guardo l'orologio. Il tempo sembra non passare mai ed io faccio sempre più fatica a respirare. Il medico mi ha consigliato di farmi ricoverare, ma non voglio farlo se prima non parlo con Eva e chiarisco ogni cosa. Decido di chiamare Tommaso e chiedergli di sbrigarsi. Mi manca il fiato e nascondo nuovamente la lettera. Prendo l'album che mi ha regalato Eva a Natale e lo sfoglio, ricordando ogni bellissimo momento congelato in queste foto. Quando eravamo piccoli non vedevamo l'ora di crescere, di diventare grandi e di realizzare i nostri sogni, ma siamo finiti male. Io che sto morendo e lei delusa da tutti. Come vorrei tornare a quei momenti lì, a quando tutto sembrava fatto di rose e fiori, quando tutto andava bene e dovevamo preoccuparci solo di combattere contro i draghi.

Sento la chiave girare nella serratura della porta d'ingresso e mi precipito fuori dalla mia camera, trascinando con me la pesante bombola di ossigeno che ormai è come se fosse una parte del mio corpo. Tommaso fa capolinea dalla porta d'ingresso, poi si sposta e mi mostra la piccola figura di Eva, emetto un sospiro di sollievo e la guardo. Lei guarda me e si avvicina lentamente. Trema come una foglia, forse ha freddo o forse ha solo bisogno di essere abbracciata. La attiro a me per un braccio e appoggia la sua testa sul mio petto. In un attimo riprendo a respirare lentamente, il suo profumo familiare mi inonda le narici e le sue braccia mi cingono in vita, accarezzo i suoi capelli e chiudo gli occhi, respirando il profumo di casa e vaniglia che emana.

<<Mi dispiace.>> Sussurro e per tutta risposta mi stringe più forte ed entrambi ci abbandoniamo alle emozioni.

****

Sono sdraiato nel mio letto mentre Eva mi misura la pressione. Prima ho avuto un calo di pressione, credo sia dovuto al fatto che i miei polmoni stanno cedendo. Non le ho detto che mi resta poco tempo, voglio godermi gli ultimi momenti con lei al cento percento.

<<Ti senti meglio? La pressione adesso è buona.>> Appoggia una mano sulla mia fronte per assicurarsi che io non abbia la febbre e poi mi accarezza una guancia. Le stringo la mano e le bacio il palmo. Mi sorride, scaldandomi il cuore

<<Sto meglio adesso che sei qui con me.>>

<<Mi hai fatta spaventare. Come stanno i tuoi polmoni?>> Appoggia una mano sul mio petto e lo accarezza. Chiudo gli occhi per assorbire a pieno questa magnifica sensazione che sto provando.

<<Non preoccuparti, sto bene.>> Ripeto. Ed è vero, non starò bene fisicamente, ma dentro di me sono sereno. Lei mi copre le gambe con il piumone e poi passa una mano sulla mia nuca nuda. <<Mi hai perdonato?>> Le chiedo. La mia voce acquisisce un tono di supplica e odio questa cosa. Non voglio apparire così disperato ai suoi occhi. Voglio che si appoggi a me, perché sta soffrendo più di tutti noi messi insieme e voglio accollarmi il suo dolore. Liberarla. Farle capire che lei è ancora libera dalla torre ed io sono ancora il cavaliere che la protegge.

<<Poi ne riparliamo, adesso riposati.>> Mi lascia un bacio sulla fronte e mi incita a coricarmi.

<<Rimani con me, dormiamo insieme.>>

<<Devo pulire casa.>>

<<E' una scusa, vuoi stare con Tommaso e non con me.>> Incrocio le braccia al petto e metto il broncio, lei alza gli occhi al cielo e poi sorride per addolcire il gesto scortese.

<<Cretino, lo sai che non è vero.>> Si poggia le mani sui fianchi come a volermi rimproverare. Sono costretto a soffocare una risata perché me la immagino mettersi in questa stessa posizione quando i suoi figli la faranno incazzare.

<<Allora vieni qui.>> Picchietto una mano sul cuscino affianco al mio e lei sbuffa.

<<E sia, ma solo per pochi minuti.>> Io annuisco sorridendo. Si posiziona accanto a me ed appoggio la testa sul suo grembo.

<<Mi racconti di quando ti salvavo quando eravamo piccoli?>> Lei mi accarezza la schiena e mentre parla, chiudo gli occhi, immaginando di essere accanto a lei nel lungo tragitto della vita.

17 Metri sopra il livello del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora