Quarto atto ed Epilogo

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I bambini corsero velocissimi fuori da scuola scappando dalla parte opposta dalla quale erano venuti e incontrarono una donna con dei libri in grembo e un lungo camice bianco.

"Tutto bene ragazzi?" chiese la donna preoccupata, e i bambini si fermarono e si guardarono tra di loro con sguardo ancora più preoccupato. Del resto, come dargli torto, era già la seconda volta che scappavano alla morte.

"E lei chi è?" chiese Alessio ancora con il fiato lungo.

"Io sono Pallade, grande scienziata, e insegnante di scienze fisiche e metafisiche...ora potete dirmi chi siete voi?"

"Io sono Alessio, e lui è il mio migliore amico Simone, e noi..." e raccontò nuovamente la loro storia dall'inizio fino a quel momento, aggiungendo quanto era successo a scuola.

"Ma che cosa terribile, non è molto intelligente quel professor Trakis...mi raccomando non credete alle sue parole, e non date credito nemmeno al racconto del Creatore. Darò io risposta alle vostre domande" rispose Pallade.

Raddrizzò la schiena e allungò una mano in avanti con il palmo rivolto verso il basso: "Questo è il vero mondo, non quello dove vivete voi" disse, indicando il cielo.

"Non capisco", disse Alessio, ma nella testa di Simone gli ingranaggi giravano a tutta forza "Questo vorrebbe dire che..."

"Che il vostro mondo non esiste" proseguì Pallade, scuotendo la testa verso il ragazzo. "Nulla del vostro mondo esiste, è territorio dei Marionettisti; è come se viveste in un enorme teatrino, tutto è disposto secondo il loro volere. Voi umani, però, esistete concretamente e, per evitare che roviniate lo spettacolo, vi catturano con fili che vi legano ai polsi e alle caviglie. Siete sotto il controllo dei Marionettisti, infatti tutti gli adulti sono passati per le loro mani. Ricordate bambini, non fidatevi mai degli adulti.

"Perché gli adulti?"

"Perché" continuò a spiegare Pallade "voi bambini avete qualcosa di speciale, una libertà che avete solo voi, però perdete mentre crescete. Questa è l'età in cui siete più vulnerabili"

"È una cosa brutale! Fa male? Chiese Simone.

"No, voi non sentite nessun dolore, ma da quel momento, non siete più padroni di voi stessi, del vostro corpo e dei vostri pensieri. Diventerete come tutti gli altri adulti", rispose Pallade.

I bambini erano impietriti, a mala pena riuscivano ad aprire bocca, ma Simone si sforzò: "E come possiamo evitare che tutto questo succeda?"

"Questo non saprei dirlo, il filo creato dai Marionettisti non può essere tagliato. Quei fili sono una creazione molto complessa", ribatté Pallade.

Anziché farsi rabbuiare da quelle parole, il volto di Alessio si illuminò. La sua mente aveva appena partorito una splendida idea: "il Creatore saprà come aiutarci!"

"Esatto! Le forbici" concordò Simone.

"Forbici? intendete le Forbici della Distruzione dell'artista?" chiese Pallade.

"Esatto. Adesso dobbiamo solo pensare a come liberare Riccardo e tornare a casa", concluse Alessio.

"Beh" disse la scienziata "I fili vengono durante la Cerimonia del Filo che è tra poco e dovrebbero esserci tutti. Per il tornare a casa... Basta tornare da dove siete arrivati. La festa si svolge nella piazza e ci saranno tutti, compreso l'Artista; se prendete questa via impiegherete meno tempo.

I bambini corsero via ma Pallade urlò: "Se incontrate Apollodoro, ditegli che è in ritardo!"

Ma i ragazzi erano già lontani. Ad un tratto si stupirono quando sentirono un pianoforte suonare: era uno di quelli a coda, posizionato proprio in mezzo alla strada. A suonarlo era un uomo in abito elegante, anche se, a guardarlo bene, i suoi vestiti erano rovinati, pieni di buchi, il cappello malandato e i capelli biondi erano arruffati. I ragazzi si fermarono a chiedere informazioni al pianista perché la strada si biforcava e non sapevano per l'ennesima volta dove andare.

"Dov'è la piazza? Dobbiamo andare alla Cerimonia del Filo...Lei cosa ci fa qui in mezzo alla strada con un pianoforte?" chiese Alessio al pianista.

"Io sto studiando, devo suonare alla Cerimonia del Filo; il mio nome è Apollodoro e sono un grande musicista". Terminato di parlare, mostrò loro tutto il suo virtuosismo, suonando delle complicatissime scale.

"Ma non è tra poco la Cerimonia del Filo?" chiese Simone.

"Ma non c'è fretta, la musica ha le sue pause, i suoi tempi, vede..."

"Io non credo proprio!".Le parole di Apollodoro furono interrotte dalla voce di una persona che si stava avvicinando in gran fretta, aveva la divisa che la faceva sembrare un postino: "Io, il Tempo, dico che sei in ritardo, e se lo dico è perché lo sei, corri alla cerimonia." L'uomo in uniforme cominciò a spingere Apollodoro; si vedeva che non si stavano molto simpatici.

"Forza bambini, venite anche voi alla cerimonia, ci saranno tutti" aggiunse l'uomo mentre si allontanava a grande velocità spingendo il pianista.

In pochissimo tempo arrivarono in piazza e tutti erano allegri e gioiosi. Gli abitanti del posto erano vestiti nel modo più sgargiante, tutti lanciavano coriandoli colorati e aspettavano davanti al Municipio, nell'attesa che i Marionettisti si affacciassero; sembrava un folle carnevale. Le persone erano disposte in cerchio per dare spazio alla piccola orchestra, tra cui c'era anche Apollodoro.

I Marionettisti con le loro maschere si affacciarono e tutti li applaudirono. "Noi", dissero entrambi all'unisono, "vi ringraziamo per essere qui, oggi, durante una festa così importante: la Cerimonia del Filo. A voi ora presentiamo i bambini che presto diventeranno...attori".

Tutto il pubblico applaudì. "Che lo spettacolo cominci!"

La musica dell'orchestra cominciò a scemare per lasciare spazio al vero strumento solista; un violino suonato da uno dei bambini, ovvero da Riccardo: lui non sapeva suonare, ma erano i fili a cui era legato a guidarlo. Il violino riempiva l'aria di note, e come accade ai serpenti con il piffero, dalle larghe bocche delle due maschere dei Marionettisti uscirono fili, fili che si avvicinavano sempre di più ai bambini riuniti sotto la balconata fino a prendergli le mani e i pieni.

Alessio non ci vide più dalla rabbia, cercò tra il pubblico e vide il Creatore. Portava alla cintura le Forbici della Distruzione, gliele rubò e saltò verso il fratello per tagliare i fili, ma colpì una delle quattro corde del violino.

I Marionettisti non lo gradirono: quello con la maschera felice, che ora sembrava più arrabbiata, mosse i fili di Riccardo per farlo allontanare, ma con un salto estremamente più veloce e preciso del primo, Alessio tagliò prima i fili dalle mani e poi dai piedi.

Il filo tagliato tornò all'interno della maschera da dove era venuto, e l'uomo mascherato si contorse dal dolore.

I gemelli si abbracciarono, ma Simone li tirò per i polsi e tornarono all'interno del teatro, e chiusero la porta dietro di loro con grande velocità. La luce del teatro accecò i tre bambini ancora con il violino tra le mani; in quell'istante capirono di essere stati gli unici a tornare; gli altri loro amici ed amiche non c'erano, erano soli.

I loro occhi si abituarono velocemente alla luce dell'interno e non poterono non notare che il teatro era pieno di gente che applaudiva gli attori sul palco, ovvero gli altri bambini che credevano di aver perduto. I loro compagni erano tutti in fila a fare gli inchini verso il pubblico, ed avevano ancora addosso i vestiti di scena: una bambina era travestita da scienziata, uno da imbianchino, e un altro ancora aveva degli occhi disegnati malamente con un pennarello sulle mani. Tutti erano travestiti come le persone che avevano incontrato nell'altro mondo e dietro di loro con fare sorridente c'era la donna direttrice.

I tre ragazzi erano perplessi e si domandavano se quello che avevano visto, ovvero l'altro mondo fosse vero. Certo che esisteva, il violino tra le mani di Riccardo ne era la prova.

A questo punto la loro vera domanda fu: il mondo che avevano davanti agli occhi, ovvero quello che avevano sempre conosciuto e in cui avevano sempre vissuto, era reale?

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