𝕓𝕚𝕥𝕔𝕙𝕔𝕣𝕒𝕗𝕥

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"ᴅᴏᴜʙʟᴇ, ᴅᴏᴜʙʟᴇ ᴛᴏɪʟ ᴀɴᴅ ᴛʀᴏᴜʙʟᴇ; ꜰɪʀᴇ ʙᴜʀɴ ᴀɴᴅ ᴄᴀᴜʟᴅʀᴏɴ ʙᴜʙʙʟᴇ."

matilda

– Ti sono mancata? Certo che si, immagino. – Zia Irina entrò superando Dana come se non esistesse e si diresse verso di me. Intanto anche Annes e Roz erano rientrate. Le donne arrivate insieme a mia zia fecero un cenno di saluto a Dana e entrarono, mentre la porta si richiuse all'istante dietro di loro.

Non riuscivo a parlare. Non vedevo mia zia da quando mi aveva portato a Sinister House, tempo prima.

– Irina, a cosa devo l'onore della tua visita? – Dana parlò cercando di mantenere un tono neutro, ma l'ansia la stava tradendo.

– Be', mia cara Dana, ogni zia ha il diritto di vedere sua nipote, no? –  zia Irina si voltò verso Dana e poi tornò con lo sguardo nuovamente su di me.

– Inoltre... c'è tanto di cui parlare... –  continuò, guardandomi intensamente.

Si voltò verso le sue accompagnatrici.

– Signore, direi che sia meglio riunirci in un luogo meno affollato... – dicendo questo si girò a guardare me e le mie sorelle.

– Dana, fai strada? – chiese.

– C-certo. – anche un cieco avrebbe visto la confusione sul suo volto.

Ci fece cenno di andare di sopra e noi altrettanto confuse ubbidimmo.

– Qualcosa non va. – dissi richiudendo la porta della camera alle mie spalle. – Che diavolo ci fa mia zia qui? E chi sono quelle altre donne? – erano quesiti che ponevo più a me stessa che a qualcuna delle altre in particolare. – Erano tutte tese. L' ho percepito... – disse Annes sedendosi sul letto con Willa. Roz era appoggiata al muro vicino. Io invece andavo avanti e indietro come un grillo.– Che sta succedendo? Se una strega del calibro di Irina Eberhard ha paura siamo davvero fregate. – disse Roz ad un certo punto. – La sua tensione sarà dovuta a qualcosa che sfugge dal suo controllo. – dissi sarcastica.

Mi aveva portato a Sinister House perché, a detta sua, ero troppo complicata da gestire.

Avevo rotto i vetri delle finestre della mia scuola, quando vivevo con lei a Los Angeles. In realtà non li avevo nemmeno sfiorati, ero solo nervosa perché per l'ennesima volta Mildred Smith aveva combinato casini e poi aveva incolpato me; mi ero chiusa in bagno, con il sangue che mi ribolliva in testa dalla rabbia, ero così furiosa che senza neanche rendermene conto avevo cacciato un urlo.  A quel punto successe. Sentii un frastuono propagarsi per tutto l'edificio: quando uscii fuori dal bagno lo specchio sopra al lavabo era crollato, e poi seppi, anche tutti i vetri presenti nella struttura. Nessuno aveva collegato me all'accaduto. Non avrebbero potuto in nessun caso, come avrebbero fatto? Nonostante questo, una settimana dopo mi trovavo sulla soglia della casa stregata; la mia cara zia mi aveva detto che sarebbe passata a trovarmi, ma non lo fece mai.

Almeno fino a quel giorno.

– Devo sapere cosa stanno dicendo. – dissi presa da un senso di rabbia profondo. Cercai di scacciarlo e di non dare a vedere quanto mi avesse turbato quella situazione. – Non possiamo trasmutarci di sotto e nasconderci dietro alla porta, lo percepirebbero. – disse Annes.

– Un modo c'è. – guardai Roz. – Descensum. – dissi scrutandola.

– Oh no. No. No. No. Non funziona così Tilda. – Roz continuava a scuotere la testa.

– So come funziona! – le risposi seccata.

– No, non lo sai. Non sai padroneggiarlo ancora. Ci abbiamo provato tante volte e stavi per rimanerci secca.

a little wickedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora