Cap 2 {A casa insieme}

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La mia paura era tanta quanto la pioggia che da ore mi perseguitava da lassù. E anche se correvo non trovavo nessun riparo, ero come in una strada senza case, né altri edifici, ero in una città vuota, desertica, e avanzavo correndo per potermi riparare anche dai fulmini che per miracolo ancora non mi avevano colpito, volevo andarmene da quella città fantasma, ma non trovavo via d'uscita.
E... driiiiiiiiiiiiin

Suona la sveglia, finalmente.

Non ne potevo più di quell'incubo, e poi ogni notte faccio lo stesso.

Ma cosa succede???

Forse a ragione mamma...starò davvero per diventare donna??

No, macché...non devo ascoltarla, ho solo quasi quattordici anni!

Allora mi alzo dal letto, mi preparo per la scuola e faccio colazione con un bicchiere di latte freddo e una banana.

Fatto questo, con lo zaino già in spalla e la giacca, lavo i denti e me ne vado senza salutare, tanto a chi importa di me?

Ho già deciso che appena avrò diciotto anni me ne andrò di casa, e se non avrò abbastanza soldi per comprare una casa tutta mia potrei anche andare in una casa famiglia, basta che non vivo più in questa.

Per andare a scuola, faccio la stessa strada di ieri, per portare mia sorella al catechismo, dato che esso è vicino anche la scuola.

C'è un unica differenza: ieri pomeriggio da quell'edificio entravano, uscivano e straboccabano bambini da tutte le parti e...c'era quel ragazzo.

Ma infondo non lo conosco nemmeno, perché mai dovrebbe piacermi?? Sono proprio strana...forse è perché ho costruito in lui una figura maschile con il carattere dei miei sogni, buono, dolce, non come quell'arrogante che ieri mi mandava i messaggi.

Infondo, è più che impossibile che io possa conoscere il ragazzo del negozio di peluche, insomma, innanzitutto io sono la ragazza più timida (e delle volte anche scontrosa) al mondo, e a quanto ho visto neanche lui è tanto abituato a parlare quindi...la mia vita finirà e io non avrò avuto ancora il coraggio di parlargli, di dirgli anche un solo "ciao".

Ma io sono comunque convinta di trovare presto l'amore, e che malgrado il mio carattere "un po' asociale" , ci pensi il destino.

Beh...almeno spero.

Oltrepasso la strada sulla collina ed eccomi arrivata a scuola.
La scuola. Che strano nome... SCUOLA. Mi sa di una cosa astratta, ma è tutt'altro che astratto, qui. Perfino l'umore di alcune persone non è astratto.

LA SCUOLA, quell'enorme eficio pieno di adolescenti i cui genitori vogliono dimenticarsi dei figli e delle loro lamentele per almeno cinque ore.

Ma per me è un sollievo trovarmici, perché a casa mia non sono mai la benvenuta.

Dato che non ho amici, affondo nei libri, mi immedesimo nei protagonisti in modo da sentire le loro stesse emozioni, e in più, in realtà, un'amica ce l'ho: la professoressa di musica.

Eh già, strano dirlo, ma è così.

È giovane, ha i capelli neri ed è magra. È molto simpatica, e dato che io sono sempre da sola viene sempre vicino a me, e parliamo dei nostri libri preferiti (abbiamo molte cose in comune) e di operette classiche a cui, a volte, mi appassiono.

Solo una volta mi ha chiesto:

-Che ne dici di avere un ragazzo?-

A quella domanda sorrisi e diventai tutta rossa, poi però ritornai seria dicendo:-Pare che al giorno d'oggi il vero amore non esista, e i miei genitori ne sono la prova-

**Il ragazzo del negozio di peluche**Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora