17. Celyaphin

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Le stelle erano spente. L'azzurro era ridotto a un circolo esterno. Il grigio aveva occupato l'intera pupilla.

Quelli erano gli occhi di Nyx quando lei aveva posto quelle tre domande. Tre domande a cui non era sicura di volere la risposta, ma doveva saperlo.

Le aveva chiesto cosa aveva provato al lago. Lei aveva rigirato la domanda. Lui aveva detto che non poteva dirglielo.

Ma lei non era fragile. Lei non si sarebbe spezzata per quello. Lei si stava spezzando perché lui era sparito, l'aveva lasciata sola quando aveva promesso che non l'avrebbe fatto.

L'aveva lasciata sola ed era tornato diverso. Il suo odore era diverso.

<<Celya...>> Lui non voleva rispondere.

<<Nyx. Rispondimi.>> Sapeva di non avere la voce ferma, ma parlò ugualmente. Non le importava più a quel punto.

Lui sospirò e poi rispose. <<Sono andato in una locanda e ho bevuto. Ho dormito alla Casa del Vento.>> Fece una pausa. <<Ho passato la notte con una femmina di cui non conosco il nome, ne ricordo il volto.>>

La guardò, la studiò. <<Volevo solo... Ho fatto una cazzata, Celya. Ti ho spaventata e sono andato via perché non avrei dovuto spaventarti a quel modo. E ho fatto una cazzata.>>

A quel punto fu lei a studiarlo. Solo che non riusciva a vederlo. Non ci riusciva perché l'unica cosa che vedeva era quello che aveva fatto.

L'aveva lasciata sola e aveva passato tutta la notte a fare quello che fanno i maschi. Aveva fatto sesso. Con una sconosciuta. Come qualsiasi altro maschio.

Lui era come tutti i maschi. E io che credevo fosse diverso. Si era illusa. Aveva pensato fosse differente. Quello che aveva provato... Non aveva più importanza. Perché lui era come tutti gli altri. Era un maschio.

Lei si alzò. Posò la tazza sul tavolo e sentì le gambe tremare, ma ressero. <<Ho bisogno di stare da sola. Ho bisogno di spazio. Non ti avvicinare a me. Non venire in camera mia.>> Non l'aveva detto con odio. Non poteva odiarlo.

Era come gli altri, ma non poteva biasimarlo. Non era colpa di Nyx, ma sua. Lei si era fidata. Era lei la stupida. Era lei l'ingenua.

<<Celya...>>

<<No. Ho fatto una cazzata. E ora rimedio.>> Lo interruppe. E poi fuggì dalla cucina. Si perse nei corridoi - ancora non conosceva la casa - ma poi trovò la sua stanza.

Si chiuse dentro. Si lasciò scivolare a terra, le ali a terra come lo era lei.

Non voleva piangere. Non sarebbe servito a cambiare le cose. Guardò fuori dalla finestra.

Quel giorno il cielo era nuvoloso. Il sole non si vedeva, nascosto dalle nuvole. La luce era poca, ma si capiva che era giorno.

Chiuse gli occhi a quella vista, ma li riaprì quando sentì il ticchettio dell'acqua sui vetri.

Piove. Aveva visto la pioggia solo nelle visioni di Rhys. Ora era reale. Ed era bello.

L'acqua batteva sul vetro come se volesse romperlo. Celya provava la stessa cosa: il suo cuore batteva forte come se volesse rompersi. Forse era già rotto.

Ma la pioggia era bella perché stava pulendo il vetro. Lavava via le macchie. Batteva sul vetro e poi gocciolava, pulendone la superficie.

Sperò potesse succedere anche a lei. E il suo cuore rallentò, il ritmo di nuovo regolare.

A quel punto si alzò e si sdraiò sul letto, gli occhi fissi sulla pioggia.

Desiderò non aver conosciuto Nyx. Desiderò l'abbraccio di Rhysand, la stretta della mano di Feyre. Le mancavano.

A Court Of Light And Darkness {ACOLAD 1}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora