110. Portafogli

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(Vic's pov)

Maggio 2018

Era una calda notte di maggio, fin troppo calda, anche se l'estate era ormai alle porte. La luna era alta e luminosa nel cielo.

Sgattaiolai fuori dalla mia stanza, cercando di non fare rumore.

Era stata una giornata pesante, estenuante e stressante, quella appena trascorsa, chiusi per ore ed ore in sala prove, tutti bloccati, senza idee.

Era stato Damiano il primo ad uscire da lì, esasperato. Era andato in cucina, aveva cucinato gli spaghetti per tutti, per poi lasciare la pentola sul fornello, così che potessimo servirci.

Io avevo cenato in camera con Thomas, anche se ci eravamo scambiati appena due parole e lui era completamente perso nel suo mondo. Avevo incontrato Ethan nel corridoio, anche lui con il piatto sporco in mano, e si era offerto di riportarlo di sotto e caricare la lavastoviglie.

Damiano non si era fatto più vedere.

A mezzanotte non ce la facevo più. Avevo bisogno d'aria. Misi un giubbotto di jeans sopra la camicetta da notte e uscii in giardino.

«Vic», chiamò una voce alle mie spalle.

Era Damiano, naturalmente, con i capelli scompigliati dal vento leggero, un paio di jeans neri e una camicia abbottonata storta.

«Non sopportavo più di stare là dentro.»

Sembrava infinitamente stanco.

«Così ho deciso di venire qui fuori a rimuginare sui miei problemi.»

Sorrise.

«Che problemi?»

«Mi mancavi.»

Si lasciò cadere sull'erba fresca e io mi sedetti al suo fianco.

«Faccio parte dei tuoi problemi, quindi?»

Non rispose, sembrava assorto nei suoi pensieri. Alla luce della luna era così dannatamente bello. Avevo dovuto lottare contro tutti i sentimenti che mi suscitava la vista della sua immagine.

Allungò una mano, quasi involontariamente, per prendere una ciocca dei miei capelli e arrotolarsela tra le dita.

«E adesso? Che facciamo?», domandò guardandomi intensamente negli occhi.

«Non dovresti chiedermelo. Anzi, non dovresti proprio pensarci.»

«Ma ho bisogno di saperlo», disse. «Va bene se ti bacio?»

Non riuscii a parlare e mi limitai ad annuire.

Portò la ciocca di capelli vicino al naso e inspirò il profumo.

«Ti voglio.»

E allora fallo. Baciami. Fammi quel che vuoi.

Il suo viso si avvicinò ed io diedi voce ai miei pensieri, sussurrando sulle sue labbra.

«Baciami, Dam.»

Cademmo all'indietro sull'erba, avvinghiati, con le sue mani tra i miei capelli. La sua bocca era calda e la delicatezza lasciò presto il posto alla passione.

Percorsi il suo corpo con le mani, toccandogli i capelli, la curva della schiena, la sporgenza delle scapole. Poi mi infilai sotto la camicia, sentendo la sua pelle liscia e bollente, e lui trattenne il fiato.

«Du er smuk», sussurrò, e io scoppiai a ridere.

«E questo dove l'hai imparato?»

«L'ho cercato», rispose sfiorandomi la guancia con le labbra. «Sei bellissima, Victoria De Angelis.»

«Anche tu non sei niente male, Damiano David», mormorai. «Anche se hai una pronuncia terribile. E la camicia abbottonata storta.»

«Rimedio subito», disse lui.

Se la sfilò.

Guardai con meraviglia la sua pelle nuda. Avevamo smesso di ridacchiare. Passai i palmi sul suo petto, poi più giù, vicino alla cintura dei jeans. Lui iniziò a sfilarmi le spalline della camicetta, finché non mi ritrovai sdraiata con indosso solo il reggiseno e le mutandine.

Non mi sarei mai abituata ai suoi occhi felini che mi scrutavano. Damiano mi guardava come se fossi la sua preda, l'unica fonte di cibo rimasta in tutta la savana.

Si chinò lentamente su di me, baciandomi le labbra, ed io misi le gambe attorno ai suoi fianchi. Il vento della notte accarezzava la nostra pelle nuda.

Mi baciò la gola, la pancia, il seno, i fianchi. Quando risalì alla bocca stavo tremando.

«Dobbiamo fermarci, o... non riuscirò a trattenermi», disse scostandomi e mettendosi seduto, ansimante. «Non vorrei che...»

«È solo sesso», dissi.

«Mi sono già preso la tua prima volta e non avrei dovuto farlo. Te l'ho rovinata.»

«Non è vero, Dam. È stato bello.»

«Ma noi...»

«Sesso. Niente di più», ripetei. «Siamo solo due amici che fanno sesso quando ne hanno voglia, e adesso io ce l'ho.»

«Anch'io», disse lui sorridendo. «Hai un preservativo?»

Il preservativo.

«No», risposi.

«Neanch'io. Ho lasciato il portafogli in camera.»

Stava per mettersi a ridere davanti alla mia espressione evidentemente delusa.

Tornai a sdraiarmi sull'erba, offesa, ma lui mi prese tra le braccia e mi tenne stretta a sé per minuti interminabili.

Decidemmo di tornare dentro quando l'alba iniziò a colorare il cielo. Entrammo tenendoci per mano, lasciandoci solo una volta arrivati davanti alla porta delle nostre camere.

Damiano aprì la sua ed entrò per primo, e solo a quel punto me ne accorsi.

«Ce l'avevi il preservativo.»

Lui batté le palpebre.

«Cosa?»

«Hai il portafogli nella tasca dei jeans.»

«Vic...»

Avevo già distolto lo sguardo, avviandomi in camera mia.

Sentivo Damiano chiamarmi sottovoce, ma non mi voltai.

Perché mi aveva mentito?

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora