Mi guardo allo specchio e mi odio.
Si mi odio.
Guardo le mie cosce “Che schifo! Cellulite” il mio subconscio parla per me. Guardo quelle orrende pieghe sulla mia pancia e mi chiedo perché esisto e mi abbiano creato così. Osservo i miei comportamenti “Cazzo sei proprio stupida!” un’altra volta è la parte interiore di me che esprime tutto ciò che penso.
Basta. Sono le 17.45 e dovrei essere pronta per uscire, invece sono qui buttata in terra a piangere.
Sono completamente senza forze fisiche, non trovo la voglia di affrontare nulla. Per oggi forse è meglio stare a casa.
Si fanno le 20.30, è ormai ora di cena e dovrò affrontare la mia famiglia. Apro con poca voglia la porta della mia stanza e mi dirigo verso il bagno per sciacquarmi il viso, continuo a guardare quella figura riflessa nello specchio e rimango quasi scioccata nel notare che non sono più io quello schifo. Non mi riconosco, ma mi detesto anche così.
Raggiungo la cucina sperando che nessuno noti lo strazio interiore che emanano i miei occhi.
Mi siedo al mio solito posto e decido di non fare caso agli argomenti che stanno trattando mia madre e mia sorella, sono decisamente troppo stanca mentalmente. Mi butto sul cibo, so che è l’unica cosa che può rincuorarmi.
Ormai abbiamo finito di cenare. Grazie a Dio non hanno fatto caso a me.
“Stai parlando troppo presto imbecille!” di nuovo il mio io interiore.
Non ha tutti i torti perché inizio a sentirmi osservata, mi sto facendo forza e con molta lentezza e con uno sguardo di circospezione sollevo la testa dal piatto.
<Oh! Ma ci sei?> ok mia sorella ha appena tirato l’urlo più forte di tutta la sua vita e purtroppo per me la mia testa dolorante dal pianto l’ha appena fatto riecheggiare all’infinito.
<S-si!> ho faticato a tirar fuori un semplice monosillabo, <Ci spieghi cos’hai? Non parli, arrivi mangi e vai via come se non ci fossimo> eccolo il solito discorso che non voglio sentire.
<Non ho voglia! Lasciatemi in pace!> ho appena urlato come una pazza prendendo tutto e tornando nella mia stanza e iniziando a piangere ininterrottamente.
Non voglio davvero più saperne nulla. Voglio stare sola nella mia tristezza.
Si fanno le 22.30 io sono sdraiata nel mio letto, la musica alta che mi sta perforando il cervello e le lacrime che non smettono di scendere.
Qualcuno mi sta accarezzando i capelli, quelle mani le ho riconosciute subito. È mio padre. Mi giro e tento di asciugarmi le lacrime per guardarlo. Lui mi bacia delicatamente la fronte e mi dà la buonanotte andando via.
Io amo la mia famiglia, ma ormai da troppo tempo non riesco più a dimostrarlo, sto davvero troppo male per farlo.
Quel bacio mi ha cullato e finalmente riesco ad addormentarmi, ancora con la musica nelle orecchie e abbracciando il cuscino.
Mi sento sola. Sono sola.
“Si, lo sei! Ti odiano tutti” è l’ultimo messaggio che il mio io interiore ha deciso di lasciarmi oggi prima di crollare in un sonno profondo ma non molto sereno.
7.30 un rumore assordante mi ha appena svegliato. È la mia sveglia che cerca di ricordarmi che devo alzarmi per andare a scuola.
<No, la scuola no> pronuncio queste parole senza quasi accorgermene e quasi come fossero una preghiera.
“E invece si, ci devi andare. Ti odiano tutti anche lì!” il mio io interiore mi ha appena dato il buongiorno…
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Questa è la prima parte della storia. Spero davvero che qualcuno si ci possa rispecchiare.
Grazie a tutte quelle persone che mi hanno sostenuta in questo progetto e che continuano a farlo.
Aggiorno presto🤍
G.
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Amati
Short StoryAmati Amarci è la parte più complicata della nostra esistenza. Come si ama ogni parte di noi stessi? Come e quando smetteremo di giudicarci e puntarci da soli il dito contro? Quella parte di te che odi, che guardi e sbuffi, che toglieresti senza nes...