3 cap. "L'isola degli stolti"

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Cammino di furia e fretta per i corridoi della scuola per non fare ritardo, rischiando di inciampare sui miei stessi lacci delle scarpe: non ho mai imparato ad allacciarmele, ho sempre e solo fatto tanti piccoli nodi.
Spalanco la porta dell'aula di lettere con talmente tanta forza che mi cadono i libri dalle mani, finendo sul pavimento, mentre tutti cominciarono a ridere e a fare smorfie come i bambini di 5 anni.
"Stolti" sussurro in modo che nessuno mi possa sentire.
"Amanda vai al tuo posto e basta con i ritardi, fai perdere tempo prezioso alla classe" mi incalza il prof mentre mi dirigo verso il mio banco.
Sbatto con forza e rabbia i libri sul banco ma nessuno mi presta attenzione.
Ero irritata dal fatto che i miei compagni di classe mi deridessero da oramai 3 anni solo perché non studiavo ed ero stronza con tutti e di tanto in tanto facevano anche battutine sulla mia famiglia. Che bastardi.
Provo a prestare attenzione ad una leggenda che ci sta leggendo, ma il tempo passa lento mentre il sonno si fa sentire: non ho dormito molto stanotte, ero soprappensiero e avrò dormito circa un paio d'ore.
Sento le palpebre chiudersi lentamente e poi il buio.

"Stai bene con quei pantaloni"  mi dice con tono di voce soave mentre mi squadra dalla testa ai piedi.
"Wow d-davvero? Beh...g-grazie" dico balbettando per l'imbarazzo mentre arrossisco violentemente e sfoggio uno dei miei sorrisi migliori, anche se so che per la mascherina non potrà vederlo.
"Ehi ma questa non era la tua fermata?" Mi domanda il ragazzo riccio con gli occhiali mentre mi indica fuori dal finestrino la fermata orami già sorpassata, "Nah posso anche scendere a quella dopo" gli faccio l'occhiolino e mi dondolo sulle punte dei piedi, come quando i bambini più piccoli desiderano un qualcosa...

"...Si dice che un giorno la ragazza di nome Amanda si sveglierà dal suo sonno eterno..." mi urla nelle orecchie il professore chinandosi verso di me e mentre rialzo la testa dallo schienale della sedia.
Apro gli occhi di punto in bianco confusa mentre tutta la classe mi guarda stranita e sghignazzando.
"Wow allora la leggenda era vera! Non è vero, signorina Amanda?" Il professore sembra abbastanza infuriato e mi guarda dritta negli occhi, cercando di incutermi timore.
Il suo intento era riuscito: Ero intimorita ed imbarazzata ma cercavo di non far trasudare le mie emozioni.
Avevo imparato da papà e dalla mia migliore amica ad essere menefreghista e a non mostrare agli altri le proprie paure e insicurezze.
Non avevo scuse e il prof mi caccia fuori dalla classe, indicandomi l'uscita con l'indice e il braccio teso, "Fuori!".
Prendo la mia roba e mi dirigo fuori dalla classe con indifferenza.
Mi chiudo la porta alle spalle e cammino avanti e indietro per i corridoi a riflettere sul sogno che ho fatto.
"Ma che vuol dire?! Neanche lo conosco" "E se lo conoscessi ma non lo ho riconosciuto?" "Adesso non potrò neanche più andare in bus se ci sarà lui, mi sale l'ansia" erano le domande che continuavano a frullarmi in testa, anche se non aveva senso: Lo ho solo incontrato solo una volta in bus! Non posso farmi anche ste paranoie senza senso!

Suona la campanella che mi riporta alla realtà, strappandomi alla mia subdola  immaginazione.
Solo il prof esce dalla classe, lasciando la porta spalancata, ma non mi ha neanche in nota e non mi degna di uno sguardo mentre si dirige di fretta verso le scale.
Guardo l'ora sul mio telefono: 10:02 a.m. Sarà una lunga giornata...

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