Capitolo 1 - Denis

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«Denis

Il diretto interessato sobbalzò e si tirò a sedere di scatto, sbattendo ripetutamente le palpebre.

Non appena ebbe recuperato un minimo delle consuete facoltà mentali, immaginò di non dover offrire un’eccellente immagine di sé, a chiunque avesse appena fatto irruzione nella sua tenda: i boccoli castani gli ricadevano disordinatamente sulla fronte e indossava ancora gli abiti di scena dello spettacolo della sera precedente, ormai irrimediabilmente spiegazzati. Si sfregò gli occhi, tentando di mettere a fuoco la figura del nuovo arrivato: una sagoma incredibilmente imponente occupava il suo intero campo visivo, precludendogli la vista dell’ingresso dietro le sue spalle poderose. Heinrich.

«Che cosa…?» fu la frase più articolata che le sue labbra furono in grado di formulare, la voce ancora arrochita dal sonno.

«E’ scappata! E’ scappato… Insomma, hai capito!»

Heinrich sembrava davvero fuori di sé, nonostante già in condizioni normali fosse di temperamento tutt’altro che pacato. E il fatto che fosse incapace di spiegarsi in modo anche soltanto vagamente comprensibile ne era la prova. Denis lo guardò senza capire, il capo appena inclinato sulla spalla destra.

«Heinrich.» Lo chiamò, modulando la voce affinché assumesse la morbidezza del velluto: sapeva dimostrarsi alquanto convincente, quando la situazione lo richiedeva. Puntò le iridi scure in quelle glaciali dell’interlocutore. «Chi è scomparso?»

L’altro inspirò prima di replicare: un sibilo irregolare, spezzato, mentre tentava di radunare le idee in modo da esporle quanto più coerentemente possibile, sebbene Denis nutrisse forti dubbi riguardo l’esito di quello sforzo. Restò comunque ad attendere pazientemente una risposta, l’espressione del volto che si augurava non lasciasse trapelare nulla dell’agitazione che gli ribolliva in petto: ardeva dal desiderio di conoscere il motivo per cui l’amico fosse sconvolto a tal punto. Inoltre, detestava la mera consapevolezza di non sapere: gli suscitava un involontario quanto irrazionale senso di ansia, quasi qualcosa di totalmente inaspettato dovesse capitargli fra capo e collo, cogliendolo del tutto alla sprovvista e incapace di reagire. 

Le labbra sottili del tedesco accennarono finalmente a schiudersi; Denis si protese involontariamente verso di lui, quasi assecondando la spinta della curiosità che diveniva sempre più prepotente, i grandi occhi che esploravano impazienti il viso pallido dell’altro.

«Andy.»

Il silenzio che seguì quell’unica, apparentemente innocua parola gravò per una manciata di secondi sull’interno della tenda al pari di una cappa di piombo. Denis percepì il respiro mozzarsi in gola per un istante. Scosse lentamente il capo, la fronte corrugata in un’espressione che non lasciava dubbi riguardo la confusione che regnava nella sua mente; un unico, elementare interrogativo si era imposto su tutti gli altri, soppiantandoli con la schiacciante ovvietà di cui era pregno: perché?

«Impossibile. Non ne avrebbe avuto motivo, no?» E credeva fermamente nelle parole appena uscite dalla sua bocca, Denis.

«Era ciò che pensavo. Che pensavamo tutti.»
A Denis fu sufficiente un'occhiata fugace al volto dell'amico per scorgere una profonda afflizione in fondo alle iridi di ghiaccio; afflizione e un'ancor più accentuata, terribile delusione. Era in quei rari attimi in cui le sue emozioni si manifestavano liberamente che dimostrava la sua età: diciassette anni appena, benché la stazza mastodontica e i duri lineamenti del viso gli conferissero un aspetto incredibilmente più adulto.
«Non importa, probabilmente si tratta di una misura temporanea e tornerà indietro a breve.» Denis si sforzò di sfoderare almeno l'ombra di un sorrisetto forzato. «Andiamo dagli altri, dai. Potremmo ricavarne qualche informazione in più.»
L'altro annuì, palesemente poco convinto; ma non obiettò, limitandosi ad attendere l'amico sulla soglia dell'alloggio.
Denis si guardò intorno per un attimo, alla ricerca di indumenti puliti; infine, tuttavia, optò per non perdere ulteriore tempo: si lisciò frettolosamente le grinze del morbido tessuto scarlatto della tuta integrale che costituiva il suo costume di scena, si ravviò qualche boccolo ribelle e si affrettò verso l'esterno, seguito a ruota da Heinrich.
Il vento gelido del mattino gli frustò impietoso il volto. Un brivido gli risalì lungo la spina dorsale, e fu costretto a stringersi il busto con le braccia per arginare il tremore che aveva iniziato a scuotergli le membra. I primi, verdi fili d'erba scricchiolarono sotto i passi suoi e quelli, decisamente più pesanti, di Heinrich.
Individuarono il resto dei membri della compagnia sotto il padiglione destinato al consumo dei pasti.
«Nessuno avrebbe potuto prevederlo» stava dicendo Viktoriya in un italiano infarcito del suo aspro accento russo. «E’ semplicemente… semplicemente…» gesticolò freneticamente, alla ricerca della parola giusta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 22, 2015 ⏰

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