Capitolo 4

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 "Sanem, tesoro, la colazione è pronta! Sbrigati o farai tardi al lavoro"

La voce di suo padre la svegliò di soprassalto e con uno scatto si mise a sedere nel letto scostando le coperte. Guardò la sveglia, posta sul comodino lì accanto: segnava le 7.55. Dannazione ancora una volta non aveva suonato e lei era nuovamente in ritardo.

Si alzò e si vestì velocemente, senza prestare molta attenzione a quello che indossava. Non che di solito lo facesse; non le era mai importato molto di seguire la moda e quando acquistava un abito più che la bellezza ne valutava la comodità. Era convinta che le persone andassero giudicate e apprezzate per quello che avevano dentro non per quello che le ricopriva da capo a piedi.

Raccolse i lunghi capelli castani in un'alta morbida coda e prima di uscire si diede una veloce occhiata allo specchio, giusto per accertarsi di non aver dimenticato nulla. Sapeva di non essere attraente, una di quelle ragazze che se incontri per strada ti giri a guardare una seconda volta, ma la cosa non la turbava. Lei aveva imparato ad accettarsi così com'era. Aveva un fisico minuto ma ben proporzionato, un corpo tonico ed elastico frutto delle tante ore dedicate alla danza e alla palestra, ma una sorte di pudore le impediva di esibirlo e glielo faceva nascondere sotto ad un abbigliamento di una taglia più grande della sua. L'unico punto di forza, secondo il suo giudizio, erano gli occhi: occhi scuri da cerbiatta, grandi ed espressivi con ciglia lunghe e folte, che non avevano bisogno di trucco per essere valorizzati. Erano occhi attenti, profondi ma sempre velati di tristezza.

"Ok Sanem" disse alla propria immagine riflessa "andiamo a conoscere questo noioso Can Divit".

Afferrò il suo inseparabile zainetto, si precipitò fuori dalla camera e si diresse in cucina dove il padre Nihat la stava aspettando.

"Mi dispiace davvero tanto papà, ma devo scappare...Oggi in azienda arriva il nuovo revisore...ricordi? Te ne avevo parlato...e non posso assolutamente fare tardi. Ci vediamo questa sera!" concluse baciandolo sulla guancia e scappando via senza dargli il tempo di replicare.

Com'era prevedibile arrivò leggermente in ritardo, parcheggiò il motorino vicino all'ingresso e si precipitò in sala riunioni, dove quel lunedì mattina tutti erano stati convocati.

Quando varcò la soglia sentì una profonda voce maschile pronunciare il suo nome: "Sanem Aydin?!...qualcuno sa dirmi come mai la signorina Aydin non ci abbia ancora raggiunti?"

"Eccomi sono qui" annunciò avvicinandosi ai colleghi riuniti in cerchio intorno alla fonte di quella voce, che lei non riusciva a scorgere. Quando questi si scansarono, per farla passare, lei si trovò di fronte ad un uomo che definire bello era riduttivo. Alto, muscoloso, ma senza esagerare, barba e capelli scuri e occhi neri come la pece, che la scrutarono dalla testa ai piedi in modo severo per poi soffermarsi nei suoi quel tanto che bastò a metterla in soggezione e farle abbassare lo sguardo imbarazzata.

 "Mi mi dispiace" balbettò,  arrossendo fino alla radice dei capelli "non ha suonato la sveglia" cercò di giustificarsi. L'uomo alzò un sopracciglio contrariato " Non mi pare sia una valida scusa sig.na Aydin anche perché da quanto ho appreso capita abbastanza spesso. Comunque avremo modo di parlarne più tardi perché, come ho già detto, ho deciso che sarà lei la mia assistente, dal momento che è l'unica, qui, a non avere un ruolo preciso..."

"Ma...."

"Ha qualche obiezione?"

Sanem scosse la testa rassegnata

"Bene...a proposito io sono Can Divit, ma preferirei che mi chiamasse solo Can e adesso, prima di iniziare, gradirei un tè."

Mai nella sua vita Sanem si era sentita tanto umiliata come in quel momento, ma non poteva fare altro che ubbidire, così tornò sui suoi passi e andò nella piccola cucina dell'azienda a preparare il tè.

Quando tornò il suo "nuovo capo" stava spiegando ai presenti come pensava di procedere "è importante che io conosca l'azienda non solo dai documenti contabili ma anche visitando personalmente i vari reparti e parlando con ognuno di voi. Voglio che sia chiaro che il mio obiettivo non è giudicarvi, ma aiutarvi a migliorare, per cui chiedo la vostra massima disponibilità e lealtà. Siamo tutti sulla stessa barca per cui è interesse comune non farla affondare!"

Sanem lo lasciò finire e poi intervenne: "Sig. Divit...Can... sig. Can...ecco il suo tè" disse porgendogli il vassoio con il bicchiere.

"Grazie Sanem, puoi appoggiarlo qui sul tavolo, lo berrò dopo" le rispose senza neppure guardarla.

LA MAGIA DELL'IMPERFEZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora