Capitolo Otto

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Dire che passai le due settimane successive a quella festa ad evitare per l'ennesima volta Elijah, ora mi fa sentire una bambina, ma l'essere così in difficoltà con lui mi metteva in crisi e io non volevo crisi. Anzi volevo tutto l'opposto, e da sola lo avevo. 

Ero in un momento della mia vita in cui finalmente sentivo di stare bene anche da sola. Lavoravo, studiavo, mi allenavo, uscivo con degli amici, e si ho detto amici al plurale, perché Nate si rivelò una gran bella persona. Non pensavo a lui in modo romantico, di sicuro non come pensavo ad Elijah, ma sapevo che nel momento in cui avessi leggermente ceduto al suo corteggiamento d'altri tempi fatto di libri imprestati, caffè e complimenti molto strategicamente piazzati nelle nostre conversazioni mattutine, lui mi avrebbe trattate bene, oppure semplicemente nel modo giusto. 

Vedevo comunque tanta differenza tra di noi: lui era uno di quei ragazzi d'oro, quelli che sono bravi, frequentano college importanti, passano le estati negli Hamptons indossando camice di lino bianco eteree. Io l'unico motivo per cui arrivai negli Hamptons fu quando a diciott'anni accompagnai una mia amica che voleva trovarsi un fidanzato tra quei scapoli d'oro. La lasciai lì e me ne andai, ma lei dopo una settimana aveva già una bella fila di pretendenti. Buon per lei, mi ricordo di aver pensato, ma io quelle persone non le vedevo simili a me e non riuscivo ad simpatizzare con loro e le loro vite da cartolina.

Nate non sembrava però un golden boy puro. Doveva essere successo qualcosa di grave se frequentava un college statale, come noi comuni mortali. La curiosità e la voglia di curiosare nella sua vita era tanta, ma da persona riservata sapevo quanto potesse dare fastidio quando qualcuno che conosci da poco ficca il naso nelle tue cose.

"A cosa stai lavorando?" mi chiese proprio Nate mentre stavamo in un angolo del campus un po' isolato, che però era molto carino perché aveva una sorta di gazebo ricoperto di una sorta di pianta rampicante, con al centro un tavolino. Mi aveva portato un caffè ed era rimasto un po' a parlare, anche se io stavo pensando a cosa scrivere per i miei famosi punti. Non fu facile, ero proprio bloccata su quei punti, perché erano quelli che andavano a penetrare più a fondo nel passato, nelle emozioni, nelle crisi adolescenziali ed i traumi. Non sapevo come parlare di mia madre: una donna forte, che ha lasciato che l'amore l'accecasse rimanendo vicino ad un uomo violento? Oppure una che rimase per amore della sua famiglia. Molte potrebbero essere le versioni, ed io non sapevo cosa scrivere, perché non l'ho mai capita. Non capivo come lei avesse potuto resistere a quella sofferenza e come avesse potuto lasciare che noi assistessimo a tutto ciò. Penso ci sia tanto di irrisolto tra me e lei e fu anche questo uno dei motivi per cui c'è un grosso burrone tra noi due.

"Sono bloccata su questi punti. Non so dove andare a sbattere la testa." Gli risposi continuando a scarabocchiare su un tovagliolo. Lui si spostò da davanti a me a vicino a me per vedere i punti di cui stavo parlando.

"Famiglia, rabbia e amore. Potrebbe essere un romanzo classico. Cosa ti blocca?" mi chiese e rimasi in silenzio perché proprio non sapevo. C'era qualcosa che non ero in grado di ammettere, neanche a me stessa. Qualcosa che se sapevo che avrei ammesso, mi avrebbe fatto sentire davvero male.

"Casa mia non era un posto tranquillo. Soprattutto dopo le otto di sera e nei weekend, quando eravamo tutti a casa. Mio padre è stato nell'esercito quando era più giovane, e poi quando è tornato non era più lui. Era sempre arrabbiato, beveva e diventava cattivo. Non con me o con mio fratello. Io era la sua piccola fragolina e mio fratello ero il futuro soldato. Ci trattava con i guanti, ma con nostra madre i guanti li toglieva." In quel momento il cuore iniziò a battere più veloce ed io iniziai a giocare nervosamente con le mani.

In quel momento mi sentii una cretina: stavo parlando di cose troppo personali con un ragazzo che conoscevo a malapena. Perciò i piccoli muratori dentro di me ricevettero l'ordina di tirare su il muro di nuovo.

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