"CHE CAVOLO ERA QUELLO?!" aveva gridato Katniss Everdeen prima di spingermi su un vaso decorativo appena fuori dalla sala dell'intervista. Evidentemente non aveva gradito che dichiarassi all'intera Panem i miei sentimenti per lei. "Mi ha fatta apparire debole!", aveva detto. Ma Haymitch ha continuato a difendermi, nonostante io mi sentissi un perfetto idiota. Ora sto qui a rimuginare rigirandomi distrattamente tra le mani un pezzetto di mollica dal panino che ho ordinato assieme alla mia ultima cena decente. O forse alla mia ultima cena e basta. Chi lo sa?
Per la prima volta da qiando sono qui penso un po' da egoista. Non penso alla mia famiglia, né a Katniss e nemmeno alla sua sorellina dai capelli biondi o a nessun altro. Solo a me stesso. Mi rendo conto di aver bisogno d'aria, per cui mi avvio verso la porta che dà sul tetto e mi accomodo.
Non ho idea di quanto tempo sia passato quando sento dei passi alle mie spalle. Mi volto cauto, pensando di vedere un senza-voce pronto ad accudirmi, come sempre, senza un apparente motivo.
E invece lei é lì. I capelli le ricadono in una massa ondulata sulle spalle, e mi fissa.
"Non riesci a dormire?" parlo per primo
"Non ci ho neppure provato. Riesco solo a pensare a domani. E tu?" La sua voce si incrina leggermente nonappena accenna alla giornata di domani.
"Stessa cosa. Siediti qui."
Lei si poggia al muro e guarda fuori, verso la festa organizzata interamente per noi tributi (che stiamo per morire per il loro divertimento. Non ha senso.)
Dopo qualche discorsetto freddo su quanto a Capitol City tutto sia esagerato, finalmente Katniss si scusa con me per avermi ferito... beh, in tutti i sensi.
Poi la domanda: "Cosa pensi di fare domani, quando suonerà il gong?"
Non posso rivelarglielo, no. Sarebbe terribile a questo punto esordire con "Mi coalizzeró con i Favoriti, ma non ti preoccupare: lo faccio per te!".
Ma c'è altro che sento di poterle rivelare. Mi fido di lei più di ogni altra persona al mondo.
"Katniss.. se c'é una cosa che proprio non posso sopportare é.. ecco.. non essere più me stesso. Non voglio essere solo una pedina dei loro giochi."
Sto in silenzio mentre lei mi guarda in modo strano.
"Non voglio che mi cambino. Anche se dovessi morire, continueró ad essere me stesso."
"Dunque... non ucciderai nessuno?"
"No. Certo, come ogni altro uccideró. Al momento giusto. Solo, non voglio che mi trasformino in un mostro che non sono."
"Non capisco..." ribatte Katniss con curiosità, poi cambia idea e scuote la testa
"Senza offesa, Peeta, ma chi se ne importa?" Conclude.
Me lo aspettavo... questo non é certo il tipo di discorso da fare a una cacciatrice esperta corrosa dall'ansia per domani.
"Beh, non importa. Allora.. a domani." Dico mentre mi alzo.Mi rivolge un flebile sorriso triste e mormora una buonanotte.
Torno dentro e non mi volto più verso di lei.
STAI LEGGENDO
Peeta's Games.
FanfictionI Giochi dal punto di vista di Peeta Mellark, tributo maschio del distretto 12.