XIX

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<È sospetto! >disse Amir dando voce ai dubbi che frullavano nella mente di Nicolas già da un pò.
Michael poco più avanti sembrava agitato e molto a disagio. Sfregava le mani di continuo e sbraitava contro i suoi affinché accelerassero il proprio lavoro.
Il suo comportamento era nettamente in contrasto con il suo solito essere estroverso e spesso logorroico.
Li aveva accolti con un frettoloso saluto allontanandosi immediatamente.
<Scommetto che c'entra quel coglione di Ferro. >Intervenne Massimiliano osservando anche lui Michael e stringendo i pugni per la rabbia.
Tutti e tre gli uomini pensarono la medesima cosa, dando quella come unica spiegazione plausibile.
Nicolas gettò il mozzicone di sigaretta sull'asfalto scuro e si aggiustó il colletto del cappotto.
Aveva piovuto per tutta la notte e tutto il giorno e anche se aveva smesso da qualche ora la temperatura si era decisamente abbassata.
Si avvicinò a Michael che, impegnato in una telefonata, non si era accorto della sua presenza.
Solo quando mise fine alla chiamata notò Nicolas al suo fianco e strabuzzó gli occhi per qualche istante.
<Trani.. >Disse quasi perplesso <Mancano solo pochi pezzi e abbiamo finito. >Lo informò abbozzando un sorriso di circostanza.
Nicolas lo guardò alzando un sopracciglio e con tutta calma si appoggiò alla ringhiera<Qualcosa non va? >Gli chiese con un tono derisorio. Micheal si prese qualche secondo per riflettere sulla risposta migliore da dare<Tutto come sempre>Formulò la frase sperando di apparire il più naturale possibile.
Nicolas stizzito inspiró con il naso e si voltò appoggiando i gomiti sulla ringhiera. Osservò il mare scuro e impetuoso davanti a sé e con tono quasi incolore disse<Un solo passo falso e andrai a fare compagnia ai pesci. >
Michael sentì brividi freddi lungo la schiena, ma non ebbe il tempo di rispondere perché Nicolas mettendo le mani nelle tasche si avvicinò ancora a lui e lo avvertì duro<Se Ferro ti ha promesso il paradiso sarò io a farti conoscere l'inferno . > e senza aggiungere altro camminó in direzione di Amir e Massimiliano <Tenete d'occhio sia lui che Ferro. Io ora devo andare. >
Con un cenno del capo salutó i suoi uomini e si allontanò da loro.
Quando entrò in auto l'orologio segnava le ventidue e venti e lui era decisamente in ritardo per il suo appuntamento.
Lungo la strada ripensó a Michael e di conseguenza allo stesso Ferro.
Erano passate ormai più di ventiquattro ore dall'incendio del suo magazzino e lui non aveva ancora fatto alcuna mossa.
Si aspettava una sua immediata vendetta e invece si era sbagliato. Forse Ferro era più previdente di quel che pensava e stava prendendosi del tempo per organizzare qualcosa di grosso, il che significava dover essere pronto a contrastarlo in qualsiasi momento.

In pochi minuti Nicolas arrivò al luogo del suo appuntamento e si guardó intorno nell'ampio parcheggio quasi completamente vuoto.
Posteggió l'auto sotto l'unico lampione ancora funzionante e scese.
Il locale era fatiscente, l'insegna ormai illeggibile si accendeva e spegneva ad intermittenza.
Immerso nel nulla più assoluto sembrava più un rifugio abbandonato che un pub.
Nicolas osservò nuovamente il suo orologio e si chiese se L'ispettore lo avesse aspettato nonostante il suo ritardo.
Spinse la grande porta che produsse un fastidioso rumore ed entrò nel piccolo locale quasi totalmente immerso nell'oscurità.
Incroció lo sguardo di un cliente seduto ad un tavolino e del proprietario. Un uomo alto, con i baffi bianchi che asciugando un bicchiere lo squadró da testa a piedi.
Nell'angolo più lontano del bancone c'era L'ispettore che con le spalle curve e i gomiti appoggiati al legno scuro non si era accorto di lui.
Nicolas prese posto sullo sgabello accanto al suo facendo cenno al barista di portare anche a lui qualcosa da bere. L'ispettore con sguardo assente vuotó il bicchiere in un solo sorso, sbattendolo poi con rabbia sulla superficie marrone.
Sembrava che in una sola giornata fosse invecchiato di mezzo secolo.
Il viso scavato e una ruga marcata davano prova che l'ispettore stava lavorando giorno e notte.
<Dovrebbe andarci piano. >Esclamó Nicolas sorseggiando il suo liquore.
<Avevamo una pista. Eravamo finalmente ad una svolta e... >
Si fermò per osservare il barista che riempiva nuovamente il suo bicchiere e fece roteare il liquido ambrato bel bicchiere fissandolo con aria grave. <La Polizia Postale aveva avuto delle  segnalazioni di foto ritraenti alcuni dei bambini scomparsi. Era riuscita ad agganciare il segnale, ma quando siamo arrivati lì ci siamo ritrovati in mezzo ad alberi e fiori di campo. >Mandò giù il liquore e fece una smorfia di disgusto<Chi c'è dietro sa quello che sta facendo e non sarà facile prenderlo. >
Scosse il capo incredulo<Eravamo così vicini... Così vicini.. Capisci? >
A Nicolas non parve neanche lo stesso uomo che aveva fatto arrestare molti criminali infischiandosene delle loro minacce. Gli parve un uomo allo stremo che non si preoccupava di nascondere le sue fragilità.
Strinse il vetro freddo tra le mani cercando di trattenere la sua di rabbia. Se continuavano a fare quello che volevano nonostante il lavoro delle forze dell'ordine, allora  il colpevole doveva essere qualcuno di potente che sapeva muoversi e che aveva le giuste conoscenze.
L'ispettore appoggiò il capo  che piano piano diventava più leggero grazie all'alcol, sulla mano chiudendo gli occhi. Aveva bisogno di liberare la sua mente  per qualche ora perché quel caso lo stava logorando.
Erano settimane che si ritrovava a fissare la grande lavagna appesa al muro del suo ufficio ragionando su ogni particolare. Lì vi aveva affisso ogni nome, persona, prova, parola che potesse aiutare a trovare una pista, ma dopo mille congetture e interminabili ragionamenti era esattamente al punto di partenza.
Le foto di quei ragazzi lo seguivano anche nei sogni per accusarlo di non averli ancora salvati.
La verità era che lui ci stava provando, stava tentando con tutte le sue forze, ma non era riuscito a trovare alcun nesso tra i rapimenti.
Nulla che facesse presupporre ad un qualche collegamento.
Né scuola, né palestra né squadra di calcio. Quei bambini molto probabilmente non si erano neanche mai conosciuti .
Quindi se non avevano nulla in comune in base a cosa venivano scelti? Con quale netto di giudizio veniva stabilito quale fosse la vittima sacrificale?
Che venisse lasciato tutto al caso sembrava assurdo, non solo a Nicolas ma anche all'ispettore perché dietro quei rapimenti doveva esserci una motivazione e mentre i giorni passavano velocemente la situazione diventava più ampia e confusa.
Nicolas bevve il suo liquore e guardó la sua immagine riflessa nello specchio datato e impolverato dietro al bancone.
<Ormai la cosa è stata resa pubblica e la polizia non sta facendo una bella figura. >Si riferiva al fatto che solo qualche ora prima tutti i social e le televisioni venute a conoscenza dei rapimentilo avevano fatto sapere la mondo intero.
L'ispettore si fermò con il bicchiere a mezz'aria e alzó un angolo della bocca. Guardò Nicolas con aria di sfida perché se il suo scopo era quello di istigarlo era proprio cascato male.
Nicolas si voltò e dalle occhiate che l'ispettore gli stava regalando capì che aveva travisato le sue parole. <Approfittiamo del fatto che qualcuno l'abbia fatta uscire allo scoperto e facciamo trapelare notizie false. > Gli spiegò con calma.
L'ispettore però era sempre più confuso  forse le troppe ore di sonno perse stavano iniziando a farsi sentire, ma proprio non era in grado di seguire il suo ragionamento.
<La polizia deve semplicemente dire che finalmente qualcuno si è fatto avanti,qualcuno che ha assistito ad uno dei rapimenti e che dopo mille dubbi ha deciso di parlare. Così metterete sotto pressione i colpevoli il che potrebbe portarli a fare qualche mossa falsa e sarà allora che noi ci muoveremo. >
L'ispettore osservò l'uomo al suo fianco e si complimentó con se stesso per avergli chiesto aiuto nonostante le remore iniziali.
Nel momento di stasi in cui si trovavano ogni nuova proposta era da tener conto e quella piaceva anche a lui.

Nadia sospirò annoiata e spense la luce sul comodino. Le giornate diventavano sempre più lunghe e tediose. Anche quella sera era nuovamente sola. Per fortuna Massimiliano e Carlotta riuscivano a passare del tempo insieme e lei che ormai si era abituata alla sua presenza iniziava a temere la solitudine.
Si raggomitoló tra le lenzuola quando il silenzio nella stanza fu interrotto dal rumore della porta che sbatté contro il muro.
Nadia sentì il cuore arrivarle in gola e rimbombarle nelle orecchie.
Si ritrovò pietrificata dalla paura, ma dopo qualche istante accese la luce e guardò davanti a sé.
<Nicolas? >Chiese meravigliata osservando l'uomo che appoggiato allo stipite della porta non sembrava neanche lui.
Nicolas accennò ad un sorriso malizioso e con due falcate salì sul letto e si posizionó a cavalcioni su di lei.
Nadia sentì il forte odore di alcol e ne fu disgustata, cercó di divincolarsi e scendere dal letto ,ma Nicolas le afferrò entrambe le braccia portandole sul cuscino sopra alla sua testa tenendole ben ferme con la sua mano.
<Nicolas >Nadia tentò di richiamare la sua attenzione, ma gli occhi dell'uomo erano fissi sul suo seno coperto solo dal sottile tessuto del pigiama. <Nicolas. >Ritentó con voce stridula.
L'uomo con la mano libera abbassò la maglietta liberando i suoi seni sodi.
<Nicolas fermati.>Gli ordinó contrariata. Per quanto lo desiderasse con tutta se stessa non era quello il modo in cui voleva appartenergli.
Nicolas però non la ascoltò neanche quella volta e con la lingua iniziò a stuzzicare il capezzolo destro mentre con la mano pizzicava quello sinistro.
Nadia si agitava sotto di lui e quando sentì la sua presa farsi meno salda ne approfittó per liberarsi.
Prese tra le mani la sua testa costringendolo a guardarla negli occhi <Nicolas... >Si trovó a supplicarlo di fermarsi e lui lo fece.
La fissò per qualche istante poi appoggiò la sua fronte a quella di lei.
Nadia in quel momento avrebbe voluto chiedergli cosa lo avesse portato a ridursi in quello stato , ma sarebbe stato tutto inutile.
Nicolas si appoggiò sul materasso portando un braccio a coprirsi gli occhi.
Non ci volle molto prima che il suo respiro si facesse più pesante e Nadia tirò un sospiro di sollievo.
Lo guardò con tenerezza e con un dito tracció il suo profilo perfetto e sorrise.
Forse non era giusto, ma era felice di averlo lì vicino a sé.
Le sembrò così indifeso in quel momento e per quanto potesse odiarlo per le sue azioni il suo cuore continuava a volerlo.
Sino ad allora non aveva mai provato sentimenti tanto forti e tanto irrazionali. Non era in grado di spiegare neanche a se stessa cosa fosse quella forza che la spingeva continuamente verso di lui. Si sentiva confusa e allo stesso tempo spaventata perché provava il crescente desiderio di percepire il suo calore,come se dopo averne assaggiato piccoli frammenti la sua anima non riuscisse più a farne a meno.
Lo sapeva...
Sapeva bene che lui non avrebbe mai potuto darle quello che da sempre cercava. Sapeva bene che le loro realtà per quanto simili avrebbero preso direzioni differenti.
Sapeva perfettamente che quei sentimenti sarebbero stati la sua rovina, decise però che per una notte avrebbe spento i suoi pensieri godendosi il momento.

Ad un tratto nel silenzio della casa riecheggiarono dei passi e d'istinto Nadia spense la luce .
<Nadia. >Massimiliano la chiamò a voce bassa<Nadia tutto bene? >
<Si. >Rispose stando attenta a  non svegliare l'uomo che dormiva al suo fianco.
<Avevo sentito dei rumori e volevo accertarmi fosse tutto apposto. >
<Si scusami è stata colpa mia. Non ho acceso la luce e sono andata a sbattere contro il mobile. Puoi tornare alla tua notte di fuoco. >Lo prese in giro sperando andasse via al più presto,
Massimiliano rise e dopo averle augurato la buona notte tornó nella sua stanza
Nadia si lasciò cadere sul letto sollevata. Se avesse permesso a qualcuno di vederlo in quelle condizioni lui non glielo avrebbe mai perdonato.
Si accoccoló delicatamente vicino a lui e accompagnata dal suono delicato del suo respiro si addormentò.
 

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