Capitolo 16

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 Era dalla sera del bacio che Can e Sanem si evitavano.

L'incontro con Melis aveva reso Can insicuro e confuso, spingendolo a fare un passo indietro, mentre Sanem provava un grande imbarazzo e non sapeva proprio come comportarsi.

Quel tipo di emozioni e sensazioni erano nuove per lei.

Non aveva mai avuto un ragazzo prima. Le sue priorità erano state altre. La danza, la malattia e la morte di sua madre, il recupero fisico dopo l'incidente non le avevano permesso di vivere con spensieratezza i primi anni della giovinezza, quando dovremmo concentrarci nella scoperta di noi stessi ed essere totalmente assorbiti in quel processo di metamorfosi, che ci fa diventare uomini e donne adulti.

A Sanem tutto questo era mancato ed ora si trovava ad affrontare una situazione completamente nuova per lei, che la destabilizzava, perché non riusciva a dare un nome a quel tremore alle gambe, a quel senso di vuoto allo stomaco che provava quando lui si avvicinava, oppure a quel leggero rossore che le saliva alle guance quando la guardava o, ancora, a quell'incapacità a pensare lucidamente quando le rivolgeva la parola.

Si sentiva persa, non sapeva più in che direzione andare e, in cuor suo, sperava fosse lui ad indicargliela.

"Sanem puoi venire un attimo nel mio ufficio?" la chiamò quello stesso giorno, subito dopo che il sig. Yilmaz se ne era andato.

"Certo, arrivo subito" rispose cominciando già ad agitarsi.

Quando entrò lui era seduto alla scrivania. Lei si aspettava che si alzasse, ma non lo fece.

"Sanem...riguardo all'altra sera...ecco vedi...io....io proprio non so cosa mi sia preso e perché mi sia comportato in quel modo...non vorrei che tu avessi frainteso..."

Sanem lo guardò stranita e sentì sopraggiungere quella sensazione, ormai così familiare, che aveva provato quando le annunciarono che sua madre era morta o quando le dissero che rischiava la paralisi alla gambe: la stanza attorno a sé cominciò a girare, un brivido freddo le salì lungo la schiena ed un leggero formicolio si impossessò delle sue labbra. Si afferrò al bordo della scrivania e chiuse gli occhi pregando Allah di non farla svenire.

Can si accorse che qualcosa non andava e si precipitò verso di lei per sorreggerla.

"Sanem!" la chiamò allungando le braccia, ma lei si scansò "NON MI TOCCHI" sibilò a denti stretti. "Non osi toccarmi MAI più...stia lontano da me" ripeté, scandendo le parole una ad una, mentre lentamente riapriva gli occhi e li puntava sul suo viso. Quello che Can vi lesse gli gelò il sangue: non era odio, lo avrebbe preferito, era disprezzo, repulsione e questa volta fu lui che si sentì mancare.

In quel momento, senza neppure annunciarsi, entrò Leyla: "Buongiorno Can... mi ha fatto chiamare?" cinguettò entusiasta per poi assumere un tono preoccupato appena li vide. Era chiaro come il sole che qualcosa era accaduto. "Cosa è successo? Sanem stai bene? Sei pallida come un lenzuolo..."

"E' tutto a posto Leyla, grazie...solo un piccolo capogiro, ma adesso sto meglio.." ripose e poi, ricacciando indietro le lacrime, raddrizzò le spalle e senza aggiungere altro se ne andò.

Non poteva certo essere peggio del dolore per la perdita di sua madre o di quello provato durante la riabilitazione. Se era riuscita a superare tutta quella sofferenza, che le aveva squarciato l'anima, avrebbe superato anche quel rifiuto, si disse mentre tornava alla sua postazione con quell'andatura zoppicante, che per la prima volta non cercò di nascondere, anzi ne andò quasi fiera. Lei era così, lei era quello: era giunto il momento che gli altri lo accettassero. Era stanca di sentirsi inadeguata perché non era "un bello spettacolo." Non era colpa sua e, per quanto gli altri volessero farglielo credere, non era lei il problema.

LA MAGIA DELL'IMPERFEZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora